Vivere con un’epilessia farmaco-resistente
La storia del piccolo Leonardo, che da cinque anni combatte per stare meglio. Ma nel frattempo riesce a vivere una vita piena, grazie alla forza dei suoi genitori e a una dottoressa speciale.
VITE PAZIENTI – Leonardo ha tre anni quando arriva la prima crisi. È in Francia con i suoi genitori, in vacanza, e la prima diagnosi medica all’indomani del suo ricovero è di non preoccuparsi, perché probabilmente si è trattato di un’insolazione. Ma non è così. rientrato a Milano e dopo altri episodi di crisi, arriva la diagnosi: epilessia focale, che nel caso di Leonardo si manifesta da subito in forma molto grave, con più di dieci crisi al giorno.
La storia di Leonardo
“Parliamo anche di scosse ogni pochi minuti per tutto il giorno e la notte” mi racconta il suo papà, Maurizio Piacenza, che da cinque anni a questa parte vive con la moglie una vita molto diversa da quella che aveva immaginato, fatta di notti in bianco e di un monitoraggio continuo del bambino, che ancora oggi può cadere da un momento all’altro. Gli chiedo come sia possibile vivere anni e anni dormendo a notti alterne con la moglie, per controllare che Leonardo non abbia crisi pericolose nel sonno. Ogni notte senza mai una tregua. Mi risponde che forse dall’esterno i genitori di bambini speciali sembrano dei supereroi, ma che quando un’esperienza così ti tocca nella tua intimità, fai cose che mai avresti pensato di poter fare. Basta sentire la storia davvero pazzesca di suo figlio per capire che è così. Specie quando – come per loro – non c’è una rete familiare in grado di supportare l’assistenza, né esistono alternative.
L’epilessia di Leonardo è da subito complicatissima da gestire e molto grave, prima di tutto perché è resistente ai farmaci. In altre parole non si può mai, oggi così come all’esordio, trovare il farmaco risolutore. Ogni sostanza funziona per un certo periodo e poi è necessario cambiare la terapia.
“Il problema è che ogni cambio della terapia è un’incognita per noi, perché non sappiamo come reagirà Leonardo” racconta Maurizio. “Ci sono stati farmaci che hanno acuito le crisi, sia come entità che come frequenza. Anche per terapie che statisticamente funzionano bene per la maggioranza, noi ci siamo sempre trovati a far parte di quella minoranza che viveva solo le conseguenze peggiori”. È calmo Maurizio mentre mi dice questa frase che porta in sé il peso enorme della fatica di affrontare ogni giorno nuove sfide. E io penso che anche ai genitori serva una tempra non comune. Sempre, quando un figlio soffre, ma ancora di più quando non sai se quello che hai scelto di provare gli farà anche del bene o solo del male.
I primi anni con l’epilessia focale
Già nell’autunno del 2013, dopo un paio di mesi dalla prima crisi, la malattia di Leonardo è grave. Il bambino usa sempre meno il braccio sinistro. Viene ricoverato in ospedale e lì ha un loop di crisi, una ogni cinque minuti, e si decide per il coma farmacologico in terapia intensiva, che induce gli specialisti a dirottarlo verso l’Ospedale Niguarda, dove c’è il più grande centro italiano per la chirurgia per l’epilessia, il Centro Claudio Munari.
Essendo l’epilessia di Leonardo focale, ovvero con origine in una sola sede del cervello, è possibile operarlo per rimuovere la parte di corteccia cerebrale da cui partono le crisi. L’operazione riesce, ma nel frattempo a causa del lungo ricovero in terapia intensiva prima dell’operazione, Leonardo ha un’infezione, che lo porterà una volta svegliato a non parlare e non camminare. Ci vorranno settimane perché tutto torni come prima, ma a quel punto l’amara scoperta. L’infezione ha lasciato una traccia indelebile su Leonardo, la cosiddetta camminata equina, che si ha quando la deambulazione avviene non appoggiando prima il tacco e poi la punta del piede, ma viceversa.
In sostanza si cammina in punta di piedi e anche qui non ci sono soluzioni risolutive. “Leonardo è stato seguito a lungo da fisioterapisti, ancora oggi ci va una volta alla settimana, e se si concentra cammina correttamente. Ma non si guarisce da questo problema, basta che sia più stanco e non riesce a concentrarsi e camminare nel modo giusto.”
Nonostante l’operazione al cervello sia andata bene, a poche settimane dall’intervento le crisi riprendono e non serve dire che per Maurizio e sua moglie Barbara è una botta enorme. È la prova che la parte prelevata di corteccia cerebrale non era quella da cui originava nel complesso l’epilessia. In una zona contigua è risultato poi esserci un ulteriore focolaio epilettico, non evidente né evidenziabile con ulteriori indagini al tempo, dal momento che Leonardo all’operazione ci era arrivato già in coma.
Nuove analisi, nuovo intervento?
Si ricomincia: nuove analisi, un’operazione di impianto elettrodi intracerebrali e si riesce a individuare con precisione, finalmente, il punto preciso, ma il costo di un secondo intervento è molto alto. Da una parte l’operazione riesce in quattro casi su cinque, ma dall’altra si ha la certezza che rimuovendo quella parte Leonardo rimarrebbe paralizzato nella parte sinistra del corpo.
“C’è il 20% di rischio che il nostro piccolo si ritrovi senza aver risolto nulla della sua epilessia e a poter usare solo la gamba destra, che però non è solida a causa del piede equino. Non ce la siamo sentita, e continuiamo a non sentircela – mi confida Maurizio – ma non escludiamo che con nuove evidenze, nuove sicurezze in più potremmo cambiare idea.”
Nonostante le difficoltà Leonardo ha la sua vita. “Stiamo riuscendo a dargli questo. Frequenta la terza elementare e non ha perso un anno. Certo, ha un’insegnante di sostegno perché rispetto agli altri gli ci vuol più tempo per fare le cose, ma è bravo. L’altro giorno su cinque operazioni da fare nella verifica, le stesse degli altri, ne ha fatte quattro perché avrebbe avuto bisogno di più tempo, ma erano tutte giuste” e mentre me lo dice sento il giusto orgoglio di Maurizio.
Quando gli chiedo meglio della scuola, Maurizio mi dice che è stata una ‘battaglia’ riferendosi all’essere riuscito a fare in modo che Leonardo avesse un insegnante di sostegno sin dal primo giorno. Purtroppo, a causa delle lungaggini burocratiche di routine, spesso le scuole il primo mese non riescono a garantire la totale copertura. “Per noi è una questione di sicurezza. Se Leonardo sta per avere una crisi deve esserci qualcuno in gradi di afferrarlo al volo. È stata una battaglia ma alla fine ce l’abbiamo fatta. Ormai siamo abituati a battagliare per i diritti di nostro figlio” mi dice sorridendo.
La forza dei genitori, una dottoressa speciale
A questo punto non posso non chiedere a Maurizio in che modo loro affrontino come genitori questa situazione impegnativa, se è previsto qualche supporto psicologico o assistenziale anche per le famiglie. Mi risponde di sì: all’Ospedale Don Gnocchi dove Leonardo è seguito viene offerta anche ai genitori la possibilità di parlare con uno specialista, così come al bambino.
“Noi ci siamo andati per un periodo, ma sai, quando hai a che fare a lungo con una malattia come questa, dopo una prima fase di shock, di assestamento, dove parlarne è importante, poi diventa tutto parte della tua routine. Sai che devi avere pazienza, che non hai altre opzioni, e cerchi di ritrovare un tuo equilibrio personale e familiare in questa complessa dimensione”.
“Per quanto riguarda Leonardo, inizialmente non abbiamo voluto farlo seguire per non medicalizzare ancora di più la sua vita già così piena di camici. Quando era piccolo era così concentrato nei giochi che quasi non si accorgeva di aver avuto la crisi. Era un piccolo impedimento che bypassava subito. Crescendo invece abbiamo visto che iniziava ad arrabbiarsi, perché si vedeva impedito nelle sue attività. Crescendo ovviamente le cose cambiano perché si acquista in consapevolezza del problema e quindi stiamo valutando come supportare Leonardo al meglio anche sotto questo aspetto”.
Dal punto di vista della gestione sanitaria, per la famiglia di Leonardo è stato fondamentale aver trovato una neurologa, la dottoressa Laura Tassi del Munari, che possono chiamare giorno e notte. “Lei risponde sempre, a qualsiasi ora. Se non avessimo trovato una persona così non saremmo mai stati in grado di essere così autonomi nella gestione della malattia. Leonardo è stato seguito molto qui in casa, nel suo mondo, che per lui è importantissimo. Pensi che all’indomani dell’operazione non riusciva nemmeno a parlare e ci eravamo spaventati, ma poi una volta tornato a casa sua la situazione si è sbloccata e ora chi lo ferma più”.
Mentre mi racconta la loro storia penso che quelle di Maurizio, di Barbara e di Leonardo sono decisamente delle “vite pazienti”, dove manca la certezza di trovare un trattamento risolutivo, così come la certezza che questo trattamento non vi sia. Vite in cui si impara davvero a convivere con un’ incertezza a 360 gradi.
Nel 2016 Maurizio e Barbara hanno deciso di lanciare una campagna di informazione e di raccolta fondi per il Centro di chirurgia per l’epilessia Claudio Munari del Niguarda. La campagna si intitola “Epilessia? Diamoci un taglio! “Anche se per Leonardo la chirurgia non ha potuto essere ad oggi risolutiva la 100%, l’operazione gli ha comunque salvato la vita. Senza l’intervento Leonardo non sarebbe più con noi ma, soprattutto, l’intervento chirurgico può, in tutti i casi nei quali è eseguibile, portare a nuova vita i pazienti. E, questo il nostro pensiero e il motivo della campagna, non è accettabile che spesso venga proposto solo in ultima istanza, quando non c’è più null’altro da fare”.
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