COSTUME E SOCIETÀ

Meno snack alle casse per ridurre il consumo di cibo spazzatura

Rimuovere dolci e patatine dagli scaffali vicini alle casse dei supermercati potrebbe farci consumare molto meno junk food. E se li sostituissimo con opzioni salutari?

Uno studio pubblicato su PLOS Medicine voleva rispondere a una domanda: mangeremmo meno cibo spazzatura se, vicino alle casse del supermercato, non trovassimo snack e dolciumi? Sì, rispondono i ricercatori: se non li troviamo vicino alla cassa, compriamo meno snack da mangiare a casa. Nel caso di alimenti consumati sul momento, il risultato è stato ancora più radicale. L’indagine, guidata da un gruppo di ricercatori dell’Università di Cambridge, si è svolta nel Regno Unito tra il 2013 e il 2017 e ha riguardato nove grandi catene di supermercati, tra i quali Tesco, Sainsbury’s, Lidl e Waitrose.

È noto che alcune pratiche come la disposizione della merce, le promozioni e i prezzi possono influenzare le scelte di acquisto dei consumatori. Quella vicina alle casse, in particolare, è una posizione privilegiata per incoraggiare le vendite, poiché i clienti devono passarci necessariamente e devono trascorrerci del tempo mentre sono in fila. Eppure la maggior parte del tipo di cibo disposto in questa parte dei supermercati può essere considerato cibo spazzatura. Nel Regno Unito, in seguito a campagne e richieste da parte della società civile e del governo, negli ultimi anni molte catene hanno deciso di rimuovere o limitare questo genere di snack dalle casse (o di fornire opzioni più salutari).

Togliere gli snack o proporre opzioni salutari

Katrine Ejlerskov e colleghi del Centre for Diet and Activity Research dell’Università di Cambridge hanno quindi deciso di calcolare l’impatto di questa politica sulle scelte dei consumatori. Sei dei nove supermercati considerati nello studio avevano adottato politiche “salutiste”, mentre gli altri tre sono serviti come confronto. I ricercatori hanno utilizzato i dati ricavati dal Kantar Worldpanel’s Consumer panel, relativi all’acquisito di piccoli snack consumati a casa.

I dati si riferivano a 30.000 famiglie britanniche ed erano stati raccolti da 12 mesi prima dell’adozione della nuova strategia fino a 12 mesi dopo. Nel periodo successivo alla nuova policy, l’effetto immediato è stato una riduzione del 17% nei consumi di snack. Anche dopo un anno, però, i clienti hanno continuato ad acquistarne il 15% in meno.

In una seconda fase dello studio, 7.500 clienti sono stati intervistati sulle quantità di snack consumati subito dopo l’acquisto. Questo tipo di spesa è spesso impulsivo e molte volte deriva dalle richieste insistenti fatte dai bambini. L’indagine ha evidenziato come nei supermercati che avevano rimosso dolciumi e patatine dalle casse, i clienti hanno comprato il 76% in meno di questi prodotti.

Quindi… funziona?

I ricercatori specificano che lo studio non è un trial clinico randomizzato, e quindi non è possibile affermare che il cambiamento osservato sia dovuto alle nuove politiche. I sei supermercati che hanno scelto questa linea potrebbero essere diversi anche per altri motivi. Oppure i clienti potrebbero aver deciso di acquistare confezioni più grandi da un altro reparto dello stesso supermercato o prodotti simili in altri negozi.

Secondo Ejlerskov, però, la ricerca suggerisce che questa operazione potrebbe avere un’influenza positiva sulla salute pubblica. Si tratterebbe, infatti, di una strategia abbastanza semplice da applicare per incoraggiare un’alimentazione più sana. L’osservazione sembra ovvia – spiega Jean Adams, a capo dello studio – ma rappresenta un’evidenza importante per orientare gli interventi di governo che promuovono comportamenti salutari.

Uno di questi interventi potrebbe consistere nell’introduzione di standard nutrizionali per i cibi che sono vicini alle casse, come suggerito nel Childhood Obesity Plan.

Segui Francesca Camilli e Giulia Rocco su Twitter

Leggi anche: I neuroni che decidono cosa mangiamo

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Condividi su
Francesca Camilli
Comunicatrice della scienza e giornalista pubblicista. Ho una laurea in biotecnologie mediche e un master in giornalismo scientifico.