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Da metano ad anidride carbonica per limitare i cambiamenti climatici

Su Nature una proposta che appare contro-intuitiva: convertire un gas serra in un altro per tamponare il riscaldamento del pianeta.

È indubbio che contrastare i cambiamenti climatici richieda misure per ridurre l’emissione in atmosfera di gas climalteranti e, laddove possibile, lo sviluppo di sistemi che permettano la riduzione di quelli già presenti, con un aumento di vegetazione o tramite tecniche di geoingegneria. Appare quindi contro-intuitivo lo studio di un gruppo di ricercatori della Stanford University, in collaborazione con la CSIRO Oceans and Atmosphere australiana: gli scienziati propongono un metodo per convertire un gas serra in un altro come approccio complementare per limitare l’aumento delle temperature globali.

I dati del loro lavoro, recentemente pubblicato sulla rivista Nature Sustainability, suggeriscono che trasformare il metano in anidride carbonica potrebbe essere di beneficio nell’ottica di riportare le concentrazioni del gas serra ai livelli pre-industriali. Ciò potrebbe essere particolarmente importante per il metano, che ha una capacità di trattenere il calore molto superiore all’anidride carbonica; inoltre, eliminare le principali fonti da cui deriva è un processo difficile e costoso.

Immagine: Stan Coffman

Metano, maggior effetto serra e minori concentrazioni dell’anidride carbonica

Il 60% circa del metano presente nell’atmosfera è generato dall’attività umana, soprattutto dall’allevamento (a causa della fermentazione che avviene durante il processo digestivo dei ruminanti) e dalla coltivazione del riso, oltre che dalle discariche. Nel 2018 le concentrazioni atmosferiche di questo gas sono aumentate fino a diventare due volte e mezzo quelle dei livelli pre-industriali, da circa 750 parti per miliardo a 1.860 parti per miliardo. Sebbene il metano permanga nell’atmosfera per tempi più brevi rispetto all’anidride carbonica, la sua influenza sul clima è, nel breve periodo, molto superiore.

Anche rimuovere, nel corso degli anni, centinaia di miliardi di tonnellate di anidride carbonica, secondo molte previsioni non basterebbe per tornare ai livelli pre-industriali; per quanto riguarda il metano, sarebbe sufficiente la rimozione di 3,2 miliardi di tonnellate (convertite nell’equivalente di pochi mesi di emissioni industriali di anidride carbonica) per tornare alle concentrazioni pre-industriali.

Tuttavia, il metano è molto più difficile da catturare rispetto all’anidride carbonica, proprio perché meno concentrato nell’atmosfera. La strategia suggerita dagli autori dell’articolo, guidati da Rob Jackson, professore del dipartimento di Earth System Science della Stanford University, vede l’impiego delle zeoliti per raggiungere lo scopo.

Zeoliti per catturare il metano

Le zeoliti sono materiali cristallini costituiti principalmente da alluminio, silicio e ossigeno e che trovano impiego in vari ambiti, dall’edilizia all’agricoltura, con una grande capacità di assorbire molecole e ioni. Tanto che, ad esempio, sono stati usati dopo il disastro di Fukushima per catturare il materiale radioattivo. Secondo i ricercatori, questa capacità assorbente potrebbe essere sfruttata anche per rimuovere il metano dall’atmosfera.

«La struttura molecolare porosa, l’area superficiale relativamente ampia e la capacità di trattenere rame e ferro delle zeoliti le rende promettenti catalizzatori per la cattura del metano e di altri gas serra», spiega in un comunicato Ed Solomon, co-autore dello studio e professore presso il dipartimento di chimica della Stanford University.

All’interno delle zeoliti, il metano andrebbe incontro a ossidazione, in un processo che dovrebbe prevedere una grossa apparecchiatura che spinge l’aria attraverso le camere o con reattori riempiti di zeoliti e altri catalizzatori. Il riscaldamento e l’ossidazione del metano lo porterebbero a trasformarsi in anidride carbonica.

Uno sguardo al futuro

Anche se la sola rimozione del metano dall’atmosfera non sarebbe sufficiente a rispettare i termini dell’Accordo di Parigi a COP21 e limitare il riscaldamento del pianeta a meno di due gradi rispetto ai livelli pre-industriali, gli autori dell’articolo evidenziano il potenziale di questa strategia per agire in ogni modo possibile contro il riscaldamento globale, lavorando su un gas che ha gravi effetti nel breve periodo. Chiedono anche venga lanciato un programma dedicato per studiarla e approfondirne le possibilità, anche perché lo stesso principio potrebbe essere applicato ad altri gas serra.

Al momento, la tecnica non è applicabile e sarà anche necessario capire quali sono i suoi costi. Il processo di conversione del metano in anidride carbonica potrebbe tuttavia diventare vantaggioso se, come previsto dai principali modelli di valutazione, i prezzi per la compensazione delle emissioni di carbonio saliranno a 500 o più dollari per tonnellata nel corso di questo secolo.


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Anna Romano
Biologa molecolare e comunicatrice della scienza, amo scrivere (ma anche parlare) di tutto ciò che riguarda il mondo della ricerca.