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Cambroraster, dal Canada una nuova specie del Cambriano

Lungo all'incirca 30 centimetri, per l'epoca era un gigante. Deve il suo nome, C. falcatus, alla somiglianza con l'iconica astronave di Han Solo: il Millennium Falcon.

La ricostruzione di un Cambroraster falcatus a cura di Lars Fields © Royal Ontario Museum

I fossili provenienti dall’argillite di Burgess non hanno certo finito di raccontare la loro storia. Uno studio appena pubblicato su Proceedings of the Royal Society B descrive una nuova specie, i cui resti si sono conservati nelle rocce del Kootenay National Park, nella Columbia Britannica. Più grande della maggioranza degli altri animali che popolavano il pianeta all’epoca del Cambriano, il Cambroraster falcatus era caratterizzato dalla presenza di “chele”, o appendici frontali la cui forma ricorda un rastrello e che presumibilmente gli consentivano di setacciare i fondali in cerca di prede.

La nuova specie dall’argillite di Burgess

Scoperti all’inizio del Novecento, i fossili rinvenuti nell’argillite di Burgess sono una delle più importanti testimonianze della cosiddetta “esplosione del Cambriano” avvenuta circa 541 milioni di anni fa. In tempi relativamente ristretti, (secondo un recente studio, circa 20 milioni di anni) l’esplosione del Cambriano segnò la comparsa degli animali complessi, con tutte le tipologie di organizzazione corporea che si ritrovano nei phyla attuali.

L’argillite di Burgess, datata circa 506 milioni di anni fa, ne conserva le tracce. Il sito dei primi ritrovamenti si trova nello Yoho National Park canadese; a una quarantina di chilometri di distanza, più in particolare nell’area del Marble Canyon all’interno del Kootenay National Park, è stato rinvenuto un secondo affioramento di fossili. Tra questi, quelli descritti nello studio appena pubblicato: i ricercatori hanno cominciato a raccoglierli nel 2012 e rinvenuto gli ultimi appena quest’estate.

Lungo fino a trenta centimetri, il Cambroraster falcatus era un gigante per l’epoca. «La sua dimensione doveva risultare ancora più impressionante quand’era in vita, dal momento che nel periodo Cambriano la maggior parte degli organismi non era più grande di un dito mignolo», commenta in un comunicato Joe Moysiuk, dottorando dell’Università di Toronto che lavora al Royal Ontario Museum e primo autore dello studio. Cambroraster è un lontano cugino dell’Anomalocaris, un predatore apicale marino iconico dell’epoca e ancora più grande, perché raggiungeva la lunghezza di un metro.

Fotografia: Jean-Bernard Caron © Royal Ontario Museum

Un po’ rastrello, un po’ astronave

Entrambi questi animali appartenevano al clade dei radiodonti, oggi estinti e considerati gli antenati più antichi degli artropodi. Molti aspetti morfologici ed ecologici di questi animali sono ancora poco chiari, a causa della natura frammentaria dei fossili rinvenuti. Cambroraster era dotato di appendici frontali da cui si prolungava una serie di piccole propaggini rivolte in avanti, simili ai denti di un rastrello e distanti tra loro meno di un millimetro.

«Pensiamo che potesse usare queste “chele” per setacciare il sedimento sul fondale marino; le prede restavano intrappolate in una sorta di rete formata dalle propaggini», spiega Jean-Bernard Caron, supervisore di Moysiuk e co-autore dello studio. Il poco spazio tra i “denti del rastrello” avrebbe consentito a Cambroraster di predare organismi molto piccoli, anche se è possibile che ogni tanto potessero essere catturate anche prede di dimensioni maggiori.

Il nome del genere di questo animale appena scoperto richiama proprio la forma peculiare delle sue appendici frontali (raster, in latino, indica il rastrello). Il nome della specie è legata invece alla forma del suo ampio carapace, che ricorda l’astronave Millennium Falcon della saga di Star Wars. Il carapace copriva la testa dell’animale, e presentava dei profondi fori in corrispondenza degli occhi, rivolti verso l’alto come avviene in alcuni degli abitanti dei fondali che conosciamo oggi, quali i limuli. «Questo rappresenta un notevole caso di convergenza evolutiva», spiega Moysiuk; tale convergenza può riflettere la similitudine tra gli ambienti abitati e lo stile di vita di questi animali.

A rallegrare gli scienziati non è solo la scoperta di questo nuovo (e insieme antichissimo) animale, ma anche la straordinaria abbondanza di resti ritrovati. Sono oltre un centinaio di fossili ben conservati ad aver consentito di ricostruire i dettagli del Cambroraster falcatus, evidenziandone caratteristiche che non sono presenti in altre specie. A questi se ne aggiungono molti altri, in condizioni meno buone. «La pura e semplice abbondanza di questo animale è straordinaria», commenta Caron. «Abbiamo rinvenuto centinaia di esemplari nel corso delle scorse estati, e a volte decine d’individui si trovavano sullo stesso pezzo di roccia. Di solito, i resti fossili di radiodonti sono scarsi e ne recuperiamo solo frammenti. Il gran numero di resti e fossili interi trovati per Cambroraster sono davvero un colpo fortunato, che ci consentiranno di capire meglio come fosse fatto questo animale e come viveva».


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

 

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Anna Romano
Biologa molecolare e comunicatrice della scienza, amo scrivere (ma anche parlare) di tutto ciò che riguarda il mondo della ricerca.