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Cosa sta succedendo in Amazzonia? Un po’ di numeri

C’è davvero un record di incendi?

Il Brasile ha dichiarato lo stato di emergenza, alcuni vip hanno fatto generose offerte di denaro per lo spegnimento dei fuochi, i presidenti Emmanuel Macron e Jair Bolsonaro si sono scontrati sulla questione, oltre al fatto che organizzazioni no-profit come Amazon Watch hanno lanciato campagne di raccolta fondi diventate molto popolari sui social. Ne abbiamo già parlato qui, ma vediamo alcuni numeri che possono aiutare a capire le proporzioni e l’effettiva portata degli incendi in Amazzonia, la foresta pluviale più grande del mondo.

Gli incendi in Brasile

Questa foresta pluviale si trova nel Bacino Amazzonico, un’area di circa 7 milioni di chilometri quadrati di cui 5,5 solo di area boschiva. Il 60% si trova in territorio brasiliano. Nel Bacino non è collocata solo la foresta pluviale, ma si trovano anche foreste decidue, savane e il fiume Rio delle Amazzoni, che contribuiscono a creare ecosistemi con una straordinaria biodiversità. In Brasile diversi stati federali sorgono nel territorio della foresta pluviale: fra questi, Amazonas, Acre, Amapá, Pará, Roraima, Rondônia, Santa Catarina, Maranhão e Mato Grosso. 

Questa regione è purtroppo molto interessata da fenomeni come gli incendi. I dati forniti dall’INPE (Instituto Nacional de Pesquitas Espaciais, ovvero l’istituto di ricerca spaziale) elaborati da rilevazioni satellitari su base nazionale, mostrano come per il Brasile agosto 2019 non sia un mese record. 

Come si può notare da questa tabella elaborata da INPE e riferita all’intero stato del Brasile, il mese in cui dal 1998 a oggi si è verificato il maggior numero di incendi è stato settembre 2007, con ben 141.220 incendi rilevati, seguito da agosto dello stesso anno, con 91.185. Eppure, questo agosto 2019 che ha “solo” 46392 incendi rilevati (dato aggiornato al 28 agosto 2019) è anomalo. Se osserviamo il numero di incendi nello stesso mese nei 3 anni precedenti a quello attuale, vedremo che nel 2018 erano 22774, quindi quasi la metà, nel 2017 erano 37380 e nel 2016 erano 39088. 

Il periodo dell’anno più secco (luglio-ottobre) favorisce l’aumento di incendi. Tuttavia, diverse fonti riportano un 2019 non particolarmente secco, non come il 2007 interessato da El Niño, e comunque non così secco da giustificare i numeri in aumento rispetto all’ultimo triennio. Inoltre, la foresta pluviale è meno soggetta a incendi causati da fenomeni naturali come i fulmini, come accade soprattutto in Alaska e Siberia. Sotto accusa è in particolare la pratica di “pulizia” da parte dei coltivatori. Questa pratica produce deforestazione attraverso gli incendi al fine di ottenere campi coltivabili o aree di sfruttamento industriale. 

Guardando alla sola macroregione amazzonica del Brasile, notiamo come, con i suoi più di 28 mila incendi rilevati da INPE, questo agosto 2019 sia già oltre la media agostana calcolata tra 1998 e 2019. Non è solo il mese di agosto a preoccupare. Sempre secondo INPE, gli incendi totali del 2019 sono stati, da gennaio a oggi, 84957: 32031 in più dello stesso periodo gennaio-agosto dello scorso anno, quando si erano verificati 52926 incendi.
Un trend confermato anche dalla European State Agency, che cita i numeri forniti dal satellite Copernicus-Sentinel 3. Secondo ESA quest’anno ci sono quattro volte gli incendi dello stesso periodo dell’anno scorso, che coinvolgono, oltre al Brasile, anche il Perù, Bolivia, Paraguay e Argentina.

Le ragioni della deforestazione

In primavera Global Forest Watch ha pubblicato un report dove vengono analizzate le cause generali della perdita di foresta a livello mondiale. In Sud America la causa fondamentale della deforestazione è la produzione agricola e industriale. Jair Bolsonaro è in carica come presidente del Brasile dal 1 gennaio di quest’anno. Oltre ad aver licenziato il direttore dell’INPE, dopo averlo accusato di falsificare i dati relativi alla perdita di foresta, ha addirittura dichiarato che sono le ONG a lui contrarie ad appiccare gli incendi, ribaltando le accuse a lui rivolte a causa delle sue politiche, mirate a ridurre le sanzioni per la deforestazione dell’area che ora è soggetta agli incendi. Il presidente del Brasile è noto per le sue posizioni anti-ambientaliste e poco attente alla salvaguardia delle popolazioni native. Egli avrebbe in un primo momento anche rifiutato gli aiuti di circa 20 milioni di euro offerti dai paesi del G7 destinati a far fronte all’emergenza, salvo poi fare marcia indietro pochi giorni dopo. 

Il gran numero di fuochi che stanno bruciando l’area sono dovuti a cause soprattutto di natura antropica. Al momento la foresta si trova nella stagione secca, periodo in cui sarebbe vietato appiccare incendi per pulire la terra e prepararla alle nuove coltivazioni, abitudine come detto molto diffusa. I motivi per cui gli esseri umani incendiano la foresta pluviale sono diversi: innanzitutto il disboscamento, che serve ai piccoli e grandi agricoltori per ottenere rapidamente terra coltivabile e fertilizzata anche dalla cenere prodotta. L’incendio viene utilizzato anche in modo illegale per allontanare gli indigeni dalle zone che gli imprenditori vogliono utilizzare per campi o industria. 

La foresta pluviale amazzonica

Perché la foresta amazzonica è così importante? Innanzitutto la sua distruzione significa la perdita di vite indigene, di specie animali e vegetali e di territorio dedicato ad essi. La biodiversità presente in questi territori è un patrimonio inestimabile, superiore anche a quella presente nelle altre foreste pluviali. Si è letto spesso che la foresta amazzonica produce circa il 20% di ossigeno del pianeta, motivo per cui spesso è definita “polmone verde della terra”. In realtà questa definizione e questa percentuale non sarebbero corrette. Alcune stime calcolano che l’ossigeno prodotto sia meno del 10%, e nella maggior parte esso sarebbe assorbito dagli organismi che vi vivono. Il motivo per cui l’allarme è così diffuso, oltre alla drammatica perdita di biodiversità, è legato a un gas: il biossido di carbonio. Non solo perché le piante aiutano a consumare CO2. Mandare a fuoco queste foreste libera nell’atmosfera tutta la CO2 contenutnelle piante e che, soprattutto nelle piante della foresta vergine, è presente in modo massiccio. Secondo la European Space Agency, gli incendi di quest’anno hanno rilasciato 228 milioni di tonnellate di CO2 nell’atmosfera.

Non sta bruciando solo l’Amazzonia

L’interesse mediatico per l’Amazzonia è particolarmente alto in queste settimane, ma il Brasile non è il solo paese colpito dagli incendi e diverse fonti internazionali stanno allargando lo sguardo altrove. Se osserviamo questa mappa della NASA

incendi amazzonia
Clicca sull’immagine per accedere alla mappa interattva della NASA

si vede a colpo d’occhio un’altra zona estremamente “rossa”: la zona sud occidentale dell’Africa subsahariana, compresa dagli stati di Angola e Repubblica Democratica del Congo. Sempre secondo la NASA, anche in questo caso si tratta di incendi di natura antropica, appiccati per lo stesso motivo per cui sono appiccati in Brasile: la pulizia del terreno a scopo di coltivazione.

Le regioni africane sono drammaticamente interessate dal fenomeno della deforestazione: come riportato da Global Forest Watch, nel 2018 paesi come Ghana, Costa d’Avorio, Angola, Liberia e Congo sono stati tra i paesi che hanno visto un maggiore aumento di perdita di foresta primaria. Il record spetta proprio al Ghana, che tra 2017 e 2018 ha visto un incremento di perdita di foresta primaria del 60%.


di Francesca Zanni e Enrico Bergianti

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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

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Francesca Zanni
Ho frequentato un corso di Giornalismo Culturale e tre corsi di scrittura creativa dopo una laurea in Storia Culture e Civiltà Orientali e una in Cooperazione Internazionale. Ho avuto esperienze di lavoro differenti nella ricerca sociale e nella progettazione europea e attualmente mi occupo di editoria. Gattara, lettrice accanita e bingewatcher di serie TV.