Con i suoi 5.500.000 chilometri quadrati, è la foresta pluviale più grande al mondo, un luogo di ricchezza biologica senza eguali, e, come ricorda l’organizzazione no-profit Amazon Watch, rappresenta una delle migliori difese contro i cambiamenti climatici. Ma in questo periodo la foresta amazzonica è colpita da numerosi incendi, tali da portare l’Amazonas, lo Stato più grande del Brasile e coperto in gran parte dalla foresta, a dichiarare una decina di giorni fa lo stato di emergenza nel sud del Paese e nella capitale Manaus.
L’aumento degli incendi in Brasile registrato dall’INPE
L’Istituto Nacional de Pesquitas Espaciais (INPE), il centro di ricerche spaziali brasiliano, fornisce alcuni dati sugli incendi in Brasile (di tutta la nazione, non solo dello Stato federale dell’Amazonas e di quelli coperti dalla foresta pluviale) di quest’anno. Secondo i dati del satellite AQUA riportati dall’istituto, vi sono stati oltre 74.000 incendi in Brasile da gennaio a oggi, con un aumento dell’84 per cento tra il 2018 e il 2019, oltre metà dei quali si sono sviluppati nell’ambiente della foresta pluviale. I satelliti consentono anche di valutare le emissioni di anidride carbonica che, secondo i dati del sistema europeo di osservazione della Terra Copernicus, sono le più alte per l’Amazzonia dal 2010, e per lo Stato dell’Amazonas dal 2003. Le emissioni totali non sono ancora quantificabili.
L’Amazzonia è caratterizzata da un clima equatoriale, la cui umidità rende molto improbabile lo sviluppo di incendi spontanei. Durante la stagione più secca, che inizia nei mesi di luglio e agosto e raggiunge il picco a settembre, però, lo sviluppo d’incendi causati dagli umani è più frequente: gli agricoltori bruciano la foresta per fare spazio a terra da coltivare o da usare per l’allevamento e come tecnica di disboscamento illegale. Come riporta Euronews, il fuoco è anche una tecnica di “pulizia” per gli agricoltori, sebbene sia illegale in questo periodo dell’anno proprio a causa del maggior rischio di diffusione del fuoco.
Non è quindi inusuale lo sviluppo d’incendi in Amazzonia in questo periodo dell’anno. Quelli che colpiscono la regione in questi giorni, tuttavia, seguono un picco di deforestazione cui ha dato il via libera il presidente Jair Bolsonaro, che ha recentemente licenziato il direttore dell’INPE Ricardo Galvão, accusandolo di mentire sui dati riguardanti il disboscamento, che l’istituto acquisisce dai satelliti. La posizione del presidente ha spinto, pochi giorni fa, sia la Germania che la Norvegia a interrompere almeno parzialmente i finanziamenti erogati per contrastare la deforestazione.
Incendi con cause umane
La durata e l’estensione degli incendi che hanno colpito, sempre in questi mesi, l’Alaska, la Siberia, il Canada e in minor misura la Groenlandia sono state messe in relazione alle temperature eccezionalmente alte, come OggiScienza ha spiegato qui. Nel caso dell’Amazzonia, invece, le temperature non hanno registrato picchi anomali. Come spiega all’agenzia di stampa Reuters lo scienziato dell’INPE Alberto Setzer, «Non vi è stato nulla di anomalo nel clima o nelle precipitazioni di quest’anno nella regione dell’Amazzonia, che sono appena sotto la media».
È quindi una causa antropica ad aver provocato un così grave danno ambientale. Se la perdita di una foresta è infatti sempre un brutto colpo per il benessere dell’ambiente, i roghi della foresta amazzonica sono particolarmente gravi quando si considera l’ambiente straordinario che questa rappresenta.
Già messa sotto pressione dall’attività umana, la deforestazione di quest’area del nostro pianeta ha conseguenze gravissime in termini di perdita di biodiversità, assorbimento di anidride carbonica dall’atmosfera e rilascio di ossigeno, alterazione del ciclo dell’acqua (il vapore rilasciato dalla foresta con la traspirazione delle piante contribuisce alla formazione delle nuvole), ma anche sociali, soprattutto per le popolazioni indigene del territorio. Gli incendi di quest’anno sono un ulteriore, duro colpo al polmone verde del pianeta.
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