Durante l’Eocene, la collisione tra la placca eurasiatica e il subcontinente indiano portarono alla creazione di quello straordinario sistema montuoso che è l’Himalaya. Di quest’ultimo, oggi, guardiamo con preoccupazione alla perdita dei ghiacciai. Ma per quanto riguarda la sua storia più antica, un’ipotesi mai confermata suggerisce che l’Himalaya sia stato associato al periodo di raffreddamento del nostro pianeta nel tardo Neogene. Da tempo, infatti, gli scienziati ritengono che l’erosione, dovuta all’azione degli agenti atmosferici, delle rocce “fresche” del sistema montuoso, portate in superficie dalla collisione tra le placche, avrebbe determinato una diminuzione di anidride carbonica dell’atmosfera che a sua volta avrebbe portato a una diminuzione delle temperature. Uno studio recentemente pubblicato su Nature Geoscience suggerisce però che potrebbe non essere stato l’Himalaya il responsabile di questo periodo di raffreddamento.
Dall’atmosfera alle profondità oceaniche
L’anidride carbonica presente nell’atmosfera si solubilizza nell’acqua piovana, formando acido carbonico. Quest’ultimo reagisce con i minerali delle rocce, formando ioni che, nel corso degli anni, sono trasportati dai fiumi fino al mare. Qui, gli organismi marini li utilizzano per formare i propri gusci e scheletri, in un processo detto “fissazione dei carbonati”. Alla loro morte, il guscio rimane sul fondale con il suo contenuto di carbonio, che dall’atmosfera resta bloccato nelle profondità marine in forma di carbonato di calcio.
Questi resti possono quindi fornire una sorta di fotografia del passato: se l’erosione delle rocce (e quindi il sequestro di anidride carbonica dall’atmosfera) fosse aumentata, sarebbe più alto anche il contenuto di carbonio dei campioni marini. Gli autori dello studio, gli scienziati Weimin Si e Yair Rosenthal, hanno potuto analizzare un gran numero di questi campioni, scoprendo che il realtà il loro contenuto in termini di carbonato di calcio era andato notevolmente diminuendo nel corso degli ultimi 15 milioni di anni, dal tardo Miocene al tardo Pleistocene. Questo risultato suggerisce che non sia stata l’erosione delle rocce himalayane la ragione del raffreddamento globale durante il Neogene.
Più domande che risposte
L’analisi dei resti marini ha permesso di osservare anche qualcos’altro di interessante. Tra i resti degli organismi presi in considerazione vi erano anche i coccoliti, microscopiche scaglie di carbonato di calcio prodotte da un particolare tipo di alghe unicellulari, i coccolitofori, per le quali costituiscono una sorta di guscio. Si e Rostehal hanno scoperto che i coccolitofori hanno ridotto la produzione dei loro gusci in risposta alla minor disponibilità di carbonio.
Ma qual è, allora, la ragione del progressivo abbassamento delle temperature che ha colpito il nostro pianeta circa 15 milioni di anni fa, portando alla glaciazione dei Poli e della Groenlandia? In effetti, non è ancora noto; come afferma lo stesso Rosenthal in un comunicato, «Se convalidati, i nostri risultati portano più domande che risposte. Se il raffreddamento non è dovuto a una maggior erosione delle rocce dell’Himalaya, allora qual è il processo che finora abbiamo sottostimato?». I ricercatori cercheranno di rispondere studiando più nel dettaglio l’evoluzione degli elementi nelle profondità oceaniche.
Leggi anche: Più mercurio nel pesce con il cambiamento climatico
Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.
Immagine: Maximiliano Isi/MIT