SALUTE

Sopravvivenza dopo un tumore: come leggere i dati

Non tutti i pazienti dopo la medesima diagnosi hanno la stessa probabilità di sopravvivenza a 5 anni. Dipende dall'età e dal rischio di altre patologie concomitanti. Ecco i dati ARTIUM

In molti probabilmente dopo una diagnosi di tumore, o anche solo davanti alla possibilità di esserne colpiti si sono messi a cercare informazioni sul web sul tasso di sopravvivenza dei pazienti colpiti. Chi lo ha fatto avrà appreso che l’indicatore universale utilizzato è la percentuale di persone vive a 5 e a 10 anni dalla diagnosi. Si scopre quindi un una buona notizia: i trend temporali ci indicano che nel periodo 2003-2014 anche la mortalità continua a diminuire in maniera significativa in entrambi i sessi. Lo racconta l’ultimo rapporto annuale AIOM “I Numero del cancro in Italia”, che contiene i dati dei vari Registri Tumori a livello regionale. Apprendiamo che complessivamente le donne hanno una sopravvivenza a 5 anni del 63%, contro il 54% degli uomini. Un vantaggio in gran parte dovuto al fatto che il tumore della mammella, la neoplasia più frequente nelle donne, ha solitamente una buona prognosi.

Ma che cosa significa questo in pratica? Qual è la reale probabilità di morte per cancro per ognuno di noi? La risposta più onesta è “dipende”: dall’età, dal sesso, ma soprattutto dalla presenza di malattie croniche concomitanti.

Sopravvivenza a 5 anni: cosa vuol dire?

Anzitutto una premessa: la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è un indicatore ampiamente entrato nell’uso comune, ma non rappresenta un valore soglia trasversale per la guarigione. In alcuni casi si parla di guarigione anche dopo meno di 5 anni, come per il tumore del testicolo o della tiroide; in altri casi servono più di 5 anni, come per il tumore della mammella. Le differenze dipendono anche dal sesso e dell’età alla quale è stata fatta la diagnosi.

Anche i confronti internazionali vanno presi con le pinze. Guardando i dati si osserva in tutti i Paesi occidentali un aumento della sopravvivenza per tumore, come mostra lo studio più ampio in tal senso, il progetto europeo EUROCARE. Tuttavia, il tasso di sopravvivenza per tutti i tumori, pur essendo molto usato in sanità pubblica come indicatore complessivo della qualità di un sistema sanitario nazionale, ha importanti limiti. Anzitutto dipende profondamente da quali specifici tumori contribuiscono al totale (bisognerebbe controllare studio per studio e confrontare solo chi considera i medesimi tipi di cancro) anche perché la frequenza dei singoli tumori varia da paese a paese.

La probabilità reale di morte

Come si è detto, non tutti i pazienti colpiti dallo stesso tumore hanno la stessa probabilità di sopravvivere a 5 anni. I pazienti oncologici sono esposti al rischio di morire per questa malattia, ma anche per tutte le altre cause che interessano la popolazione non affetta da tumore: malattie cardiovascolari, incidenti, malattie infettive, altre patologie croniche. In questo senso il metodo utilizzato per valutare la sopravvivenza oncologica è la cosiddetta sopravvivenza netta, ovvero la sopravvivenza non imputabile ad altre cause diverse dal cancro. Stimare la sopravvivenza netta consiste nel ricondursi alla ipotetica (fittizia) situazione in cui la patologia in studio sia l’unica causa di morte.

Per la prima volta le monografie AIRTUM hanno introdotto la stima della probabilità reale di morte, quella che in inglese si chiama crude probability of death. Essa stima congiuntamente la probabilità di morte per la patologia in studio e la probabilità di morte per altre cause (che assieme danno la probabilità di morte osservata), compresa la probabilità di non morire. Dal momento che il principale determinante della mortalità generale è l’età, gli autori del rapporto hanno rappresentato la stima della probabilità reale di morte in funzione dell’età alla diagnosi.

Si scopre quindi che per un paziente di 75 anni alla diagnosi, la probabilità reale di morte per tumore è pari a 44%, mentre la probabilità reale di morte per altre cause è pari all’8% nei 5 anni successivi alla diagnosi. Nel caso del cancro alla prostata, un 60 enne diagnosticato ha più probabilità di morire entro 5 anni per altre cause piuttosto che per cancro. (Tutti i dati sulla Probabilità reale di morte per singola sede tumorale sono disponibili qui).

Fra i pazienti anziani bisogna considerare inoltre che il paziente neoplastico ha una probabilità non trascurabile di morire anche per altre cause, fatto che da un lato riduce la probabilità di decesso per il tumore, dall’altro deve far considerare che in questi pazienti l’exitus si verifica più spesso di quanto indicato dalla sola probabilità di morte per tumore. Infine, un ulteriore elemento di riflessione – concludono gli autori del rapporto – è la concomitanza negli anziani di più patologie legate a fattori di rischio comuni per tumori, come le patologie cardiovascolari, che condizionano pesantemente le scelte terapeutiche anticancro.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Immagine: Pixabay

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.