RICERCANDO ALL'ESTERO

Proteine bioniche per materiali biomimetici

Grazie a modelli al computer è possibile individuare un set di elementi fondamentali per riprodurre il comportamento di molecole biologiche complesse e studiarne l’interazione con materiali sintetici.

Il protein design è una strategia che consiste nel progettare al computer nuove sequenze proteiche in grado di ripiegarsi in una determinata maniera e svolgere una determinata funzione, anche inesistente in natura. Le potenziali applicazioni di queste nuove proteine sono tantissime, dalla creazione di dispositivi biocompatibili, alle terapie anticancro, alla medicina rigenerativa.

Ivan Coluzza è al CIC biomaGUNE di San Sebastián (Spagna) per studiare i princìpi fondamentali che modulano l’attività delle proteine in natura e quali sono le regole che permettono a soli venti amminoacidi di convertire l’informazione genetica del DNA nelle funzioni biologiche complesse alla base della vita. L’obiettivo finale è riuscire a imitare la natura e creare sistemi artificiali e materiali sintetici con specifiche funzioni, utili in campo diagnostico e terapeutico.


Nome: Ivan Coluzza
Età: 41 anni
Nato a: Roma
Vivo a: San Sebastián (Spagna)
Dottorato in: fisica (Amsterdam, Paesi Bassi)
Ricerca: Biofisica computazionale di proteine e materiali biomimetici
Istituto: IkerBasque e Computational Biophysics Group, Centro de Investigación Cooperativa en Biomateriales (CIC biomaGUNE, San Sebastián, Spagna),
Interessi: stare nella natura, il mare (nuotare, fare immersioni, andare in barca), arte, cucina
Di San Sebastián mi piace: ha tante attrattive, dopo il lavoro posso andare al mare, è molto accogliente
Di San Sebastián non mi piace: è un po’ piccola
Pensiero: Come mothers and fathers throughout the land. And don’t criticize what you can’t understand (The times they are a-changin’. Bob Dylan)


Quali sono gli elementi chiave per il protein design?

Si tratta di progettare una proteina per ottenere una specifica funzione: per esempio, sapendo che una certa molecola è tipica della superficie delle cellule tumorali, potrei cercare di disegnare una proteina in grado di legarsi specificamente a quella molecola e riuscire così a identificare o distruggere tutte le cellule tumorali.

Per fare ciò, la prima cosa è capire come è possibile tradurre il codice dei venti amminoacidi che formano tutte le proteine di tutti gli organismi in una funzione. È una questione piuttosto complessa perché anche la proteina più semplice presente in natura è regolata da tantissimi parametri.
Nella mia ricerca uso modelli matematici e simulazioni al computer per costruire un archetipo di sistema proteico che sia il più semplice possibile pur mantenendo la sua funzione fondamentale.

Da dove si parte per la progettazione?

Nella mia ricerca, iniziata qualche anno fa all’Università di Vienna, sono partito dalla struttura finale di una proteina di interesse per poi cercare di capire a ritroso qual è la sequenza di amminoacidi che spontaneamente, in soluzione, assume quella determinata forma e struttura. Fare una ricerca casuale richiederebbe un tempo infinito.

Ovviamente ci sono delle regole matematiche per cercare di limitare l’enorme spazio di combinazioni tra tutte le lettere possibili e ottenere una simulazione realistica in tempi ragionevoli. Che poi è quello che è successo nell’evoluzione della vita, è partita da un set limitato di soluzioni ed è arrivata alla complessità che conosciamo oggi; se avesse preso in considerazione tutte le possibili combinazioni non sarebbe riuscita a “trovare” le proteine di cui siamo formati.

Una volta individuati gli elementi chiave e sviluppato un metodo in grado di produrre una proteina con le caratteristiche desiderate, abbiamo pensato che queste regole di base potessero essere valide per un qualunque altro sistema, anche non proteico, come le catene polimeriche alla base delle plastiche o altri materiali. Qui è nato il concetto di proteine bioniche.

Cosa intendi per proteine bioniche?

Stiamo cercando di costruire polimeri artificiali che abbiano comportamenti simili alle proteine ma che siano molto più semplici da controllare e sintetizzare.

La prima cosa è capire come trasferire una proprietà proteica in sistemi completamente sintetici, che devono resistere alle condizioni di temperatura, pressione, solvente tipiche delle applicazioni industriali e quindi molto diverse dal quelle della natura.
Per il momento ci stiamo concentrando sul trovare gli elementi fondamentali, un sistema iniziale semplice su cui testare le nostre idee.

Quali nuove funzioni volete ottenere con il protein design?

Per esempio proteine in grado di legarsi ai recettori tumorali, oppure proteine che cambiano forma (si aprono o si chiudono) in risposta a un segnale esterno. Questo meccanismo potrebbe essere alla base dello sviluppo di sensori molecolari, cioè oggetti che danno un segnale misurabile in presenza di una certa sostanza chimica.
Un altro progetto mira a combinare proteine e materiali sintetici (come il grafene), creando così un ponte tra mondo biologico e mondo sintetico.

Quali sono le prospettive future del tuo lavoro?

Per il protein design, vorremmo inserire nel modello tutti quei dettagli che avevamo trascurato inizialmente e raggiungere quella capacità di predizione che ci permette di produrre proteine vere in laboratorio.

Per le sequenze artificiali generate al computer, stiamo sviluppando uno strumento di reverse engineering per identificare gli amminoacidi cruciali nella stabilizzazione della struttura. L’idea è di confrontare pezzi di sequenze con quelli presenti in natura, partendo dal presupposto che se certi gruppi di amminoacidi sono stati preservati durante l’evoluzione allora la loro funzione è importante per qualcosa.
Questo strumento ci permetterà di capire e analizzare l’enorme quantità di dati che quotidianamente ci arriva dalle nuove proteine scoperte di cui ancora si ignora la funzione.
Vogliamo usare lo stesso strumento anche per capire come modificare proteine già esistenti al fine di cambiarne la funzione. In particolare, ci stiamo concentrando sui recettori del virus dell’epatite C per capire come bloccare l’infezione.

Infine, stiamo cercando di ingegnerizzare proteine esistenti per creare un layer in grado di proteggere le superfici dalle sostanze biologiche. È un problema molto frequente in medicina, dove strumenti e materiali sono continuamente esposti a fluidi biologici e corporei, ma anche in natura, dove le colonie batteriche si attaccando ovunque e possono causare una serie di problemi.


Leggi anche: Anestesia e cervello nelle simulazioni di dinamica molecolare

Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Condividi su
Luisa Alessio
Biotecnologa di formazione, ho lasciato la ricerca quando mi sono innamorata della comunicazione e divulgazione scientifica. Ho un master in comunicazione della scienza e sono convinta che la conoscenza passi attraverso la sperimentazione in prima persona. Scrivo articoli, intervisto ricercatori, mi occupo della dissemination di progetti europei, metto a punto attività hands-on, faccio formazione nelle scuole. E adoro perdermi nei musei scientifici.