Libertà di volare: il benessere dei pappagalli in casa
Volare è per loro fondamentale, eppure sono ancora diffuse pratiche come taglio delle remiganti e uso della catenella, con conseguenze gravi come lesioni, traumi e problemi comportamentali.
Qualche tempo fa abbiamo parlato di pappagalli, evidenziando come, tra le moltissime e diverse specie commercializzate come pet, si possano riconoscere due necessità di base comune: una è quella di socializzare, con conspecifici e con i membri della famiglia umana; l’altra è la necessità di volare. Quasi scontata, forse, parlando di volatili. Eppure, sono ancora diffuse pratiche volte proprio a limitare la possibilità del volo nei pappagalli tenuti come pet; pratiche che possono avere importanti conseguenze su questi animali, sia dal punto di vista fisico sia dal punto di vista comportamentale. E sulle quali, dunque, vale forse la pena spendere ancora qualche parola.
L’uso delle catenelle
In generale, impedire al pappagallo di volare in modo adeguato significa privarlo della sua principale strategia di difesa, la fuga. Dal punto di vista comportamentale, questo significa causargli un notevole stress: sapendo di non poter scappare, il pappagallo svilupperà facilmente fobie e comportamenti aggressivi. Ma non mancano i rischi dal punto di vista fisico. Il caso più evidente è quello che si riscontra con l’uso della catenella che, assicurata a una o entrambe le zampe dell’animale, gli impedisce di allontanarsi dal posatoio.
Come avviene per i cani, anche l’uso della catena sui pappagalli è normato non da una precisa legge statale ma da regolamentazioni regionali o comunali, che possono differire tra loro. Al di là degli aspetti normativi, comunque, la catenella è un tipo di costrizione fisica piuttosto pericoloso. «Mi capita tuttora di vedere pappagalli che sono tenuti a catena… perché di solito arrivano in ambulatorio con traumi cranici o arti rotti», spiega a OggiScienza Marzia Possenti, medico veterinario esperta in comportamento e in animali non convenzionali.
«La ragione è che quando il pappagallo legato prova a spiccare il volo, la catena lo trattiene e può avere un effetto rebound, ossia lo trascina bruscamente indietro, rischiando di farlo cadere con violenza. Inoltre, le zampe dei pappagalli sono fragili, e la catenella può facilmente causare lussazioni o fratture». Purtroppo, spiega la veterinaria, anche le pettorine possono causare danni simili: «Sebbene non tocchino le zampe, l’effetto rebound può essere causato anche dalla pettorina e, di nuovo, il pappagallo può cadere provocandosi fratture o altri traumi».
C’è un’altra strategia che alcuni proprietari scelgono per impedire al pappagallo di scappare in volo. Si tratta del taglio delle penne remiganti, quelle che costituiscono la parte portante dell’ala degli uccelli. Un taglio alla loro estremità, ripetuto man mano che la penna ricresce, limita la superficie a contatto con l’aria e, di conseguenza, la portanza delle ali. In questo modo, il pappagallo potrà compiere solo brevi voli planati. Niente costrizione fisica, dunque, ma anche in questo caso i rischi sono molti.
Taglio delle penne, le conseguenze
«Parlando in termini strettamente anatomici, il taglio delle penne non comporta rischi nel momento in cui viene compiuto. Ma pensiamo a un animale che non sa volare, e che magari lo poteva fare fino a un attimo prima: cercherà di alzarsi in volo se percepisce un pericolo, si troverà incapace di farlo e cadrà, rischiando di farsi male», spiega Possenti. «Chi richiede il taglio delle ali lo fa spesso perché ha paura che l’animale scappi e finisca nella bocca di un predatore. In realtà, è più facile che avvenga l’esatto contrario: l’animale con le ali tagliate non è più in grado di fuggire, e proprio per questo è più facilmente vittima di un predatore».
Si potrebbe allora pensare che il taglio sia meno rischioso se effettuato fin da quando il pappagallo è un pulcino, seguendo un ragionamento del tipo “non potrà mancargli ciò che non ha mai conosciuto”. Ragionamento che però non è affatto valido: i pappagalli – come altri uccelli, ovviamente – sono fatti per volare, e la mancanza della tappa di sviluppo nella quale imparano a volare ha importanti ripercussioni dal punto di vista dello sviluppo, anche cognitivo. L’impossibilità di volare determina la progressiva atrofizzazione dei muscoli pettorali (significativa già dopo 40 giorni di assenza di volo) ed è correlata a problemi cardiovascolari.
«Inoltre, il volo è strettamente correlato con lo sviluppo dell’apparato respiratorio e un’adeguata espansione di sacchi aerei. Ad esempio, mi è capitato di avere in cura un pappagallo cui da piccolo erano state tagliate le ali: fargli l’anestesia ha richiesto moltissimo tempo, perché gli scambi gassosi erano fortemente ridotti», spiega Possenti. «Lo stesso paziente, dopo la ricrescita delle penne e un graduale training al volo, supportato dalla famiglia di adozione, rispondeva molto più rapidamente all’anestesia (effettuata periodicamente a causa di un problema cronico al becco), sia in induzione che in risveglio: si addormentava e svegliava prima, dimostrando in modo empirico che il volo è essenziale anche per mantenere adeguato il funzionamento dell’apparato respiratorio».
E, come ricorda il sito Parrot Volancy, tagliare le ali al pulcino fa sì che venga persa quella finestra di sviluppo mentale e cognitivo nella quale il giovane pappagallo apprende capacità motorie complesse delle quali fanno parte l’evitare gli ostacoli, l’atterraggio, il planare eccetera. Più in generale, un pappagallo con le penne tagliate avrà un minor controllo dei propri movimenti e questo, ancora una volta, lo pone a maggior rischio di traumi.
Attività con i pappagalli
Come possiamo assicurare ai pappagalli “di casa” il benessere fisico e mentale che il volo può loro dare? Abbiamo già scritto quanto sia importante garantire spazi idonei, ma, in casa, esiste anche un’altra possibilità: trasformare balconi e verande in voliere nelle quali possa volare liberamente, consentendo comunque loro di godere dell’aria aperta. Bisogna infatti anche ricordare un altro aspetto degli uccelli che rende la loro vita in casa molto lontana da quella che condurrebbero in natura: vedono i raggi ultravioletti, schermati dalle nostre finestre. «Quindi tenerli esclusivamente in spazi chiusi significa privarli di alcune informazioni visive che possono essere importanti per il loro sviluppo cerebrale», spiega Possenti.
«Inoltre, per lavorare anche sull’aspetto della socialità, in passato abbiamo organizzato laboratori nei quali si facevano incontrare diversi pappagalli con i loro proprietari: questo dava loro modo d’interagire con altri individui, consimili o umani», aggiunge la veterinaria. Per noi umani, ancorati a terra, la possibilità degli uccelli di muoversi nella terza dimensione può dare grande insicurezza, facendoci temere fughe che li renderanno facilmente irraggiungibili. «Ma in realtà, recuperare un cane o un gatto fuggitivo non è necessariamente più facile!», commenta Possenti.
Assicurare la possibilità di volare liberamente è, come detto, essenziale per il benessere psicofisico dei pappagalli. E, per evitare le fughe, il trucco non è tanto limitarne i movimenti con costrizioni fisiche o rendendo loro impossibile un vero volo, ma lavorare sulla relazione attraverso il training del proprietario, che deve imparare a conoscere il pappagallo e a comunicare con lui. In questo modo, il pappagallo sa che se è spaventato, il proprietario se ne accorgerà e gli darà ad esempio modo di rifugiarsi da lui o nascondersi.
«L’incapacità di leggere i segnali comunicativi degli uccelli è alla base di molti problemi comportamentali, ad esempio legati all’aggressione. L’unico segnale che tutti capiscono senza particolare formazione, infatti, è la beccata; e se non impariamo a leggere e a rispondere alle esigenze del pappagallo, questo sarà anche l’unico che impiegherà», conclude Possenti.
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