Cancro: come mangiare durante una terapia oncologica
L'importanza di idratarsi, mangiare sano e che cosa dice la scienza sulle diete mima digiuno. Ne parliamo con Filippo De Braud dell'Istituto Tumori di Milano
Che l’alimentazione aiuti ad affrontare nel modo migliore le terapie oncologiche è un fatto supportato da numerose evidenze. Tuttavia oggi, in un momento storico che pullula di food blogger e di autoproclamati Guru dell’alimentazione, il più delle volte fai da te, si tende a fare di tutta l’erba un fascio e di non distinguere le evidenze scientifiche dalle intuizioni non corroborate. “Speravo che questo sarebbe stato il secolo del sesso, e invece è solo il secolo del cibo” diceva il camaleontico Paolo Poli.
Abbiamo chiesto al Prof. Filippo De Braud, Professore ordinario presso l’Università degli Studi di Milano e Direttore del Dipartimento e della Divisione di Oncologia Medica dell’Istituto Nazionale dei Tumori, di aiutarci a fare ordine fra le evidenze scientifiche sul rapporto fra nutrizione e cancro, sia in termini di prevenzione dello stesso, che di aiuto nella gestione delle terapie.
Prof. De Braud, perché non è così semplice studiare questa correlazione?
Fare ricerca sul tema nutrizione e cancro è complicato perché isolare un unico fattore, e quindi studiare il suo ruolo, in un’eziologia così multifattoriale come quella di un tumore e della relativa terapia, è difficile. È complicato, una volta avuto un risultato (per esempio un certo tempo di sopravvivenza libero da progressione) capire che cosa davvero ha fatto la differenza in quello specifico tumore, di quello specifico paziente. La maggior parte degli studi scientifici riguarda pazienti con uno determinato tumore (come cancro al seno): le generalizzazioni sono difficili, e non bisogna trarre conclusioni affrettate.
Detto questo, mi par di capire che ci siano delle evidenze “universali”. Poche, ma che ci siano.
Iniziamo da alcuni aspetti generali su alimentazione e paziente oncologico. Se stiamo parlando di aiutare il corpo a stare bene durante i trattamenti, sono assodate due cose. Anzitutto che è fondamentale idratarsi tanto, per proteggere la funzionalità renale che è fondamentale per lo smaltimento dei farmaci e reintegrare i liquidi in caso di diarrea.
Il secondo aspetto importantissimo è tenere l’intestino in movimento, di modo che si svuoti spesso, così da ridurre il rischio di avere disturbi come la nausea e dolori addominali.
Ci sono degli alimenti che aiutano questo, come l’Aloe in forma di bibita che idrata, riduce la nausea, e fa andare bene di corpo. Ottimo è anche il finocchio crudo.
Ci sono anche alimenti che interferiscono con i farmaci assunti per via orale come gli agrumi, ma sono aspetti che qualsiasi oncologo conosce e che comunica al paziente in trattamento. Anche qui è meglio evitare il fai da te: è importantissimo che l’alimentazione sia equilibrata per sostenere al meglio l’organismo durante le terapie. In questo senso può essere utile contattare un nutrizionista e ce ne sono diversi con specializzazione in nutrizione per pazienti oncologici.
Ci sono degli studi, come quelli di Valter Longo, per citarne uno, che supportano l’importanza di una dieta mima-digiuno sia per prevenire i tumori che per aiutare i pazienti durante i trattamenti. Quali sono le evidenze cliniche di questo approccio?
Anzitutto premetto che mi capita oggi di collaborare con il team di Valter Longo, dopo aver studiato il suo approccio in maniera indipendente e aver osservato che effettivamente delle evidenze sulla validità di una dieta mima- digiuno ci sono, anche se oggi con il mio team stiamo elaborando una dieta mima-digiuno un po’ diversa da quella di Longo. Nei prossimi mesi pubblicheremo i risultati di questi trial che abbiamo condotto qui all’Istituto Tumori di Milano sulla tollerabilità di una dieta che impone una restrizione calorica a 4/500 Kcal die per 5 gg in corso di una terapia oncologica.
Attenzione: si tratta al momento di studi che hanno considerato campioni di pazienti con diversi tipi di cancro, ma è comunque un passo avanti rispetto alle ricerche di Longo, finora condotte su modelli animali e su persone non malate di cancro. Il nostro messaggio di fondo è che sia tollerabile affrontare una restrizione calorica così importante per periodi limitati in corso di terapia oncologica. Le conseguenze di questo sia sul comportamento della malattia che dell’organismo e sistema immunitario sono l’obbiettivo degli studi in corso.
Nel dettaglio quindi che cosa propone la sua dieta?
Abbiamo studiato una dieta mima digiuno con alimenti naturali da assumere in concomitanza con la chemioterapia, proponendo un apporto calorico di circa 1800 kcal in 5 giorni, solo a pazienti con BMI > 20. Chiaramente si perde del peso, che poi viene comunque recuperato nei periodi di pausa.
Al momento i nostri trial ci hanno permesso di osservare due aspetti: anzitutto – ed è la prima cosa che ci premeva capire – che fare questa dieta non fa male. Secondo, che il profilo immunitario dei pazienti che seguiva questa dieta durante la chemioterapia sembra mostrare un miglioramento della “performance”. Ovviamente il numero di pazienti relativamente piccolo (90) impone di cercare delle conferme.
Le ragioni alla base di questa proposta si fondano sull’evidenza che abbassare la glicemia e l’insulinemia durante il trattamento porti dei benefici. Che i valori di zuccheri siano correlati con la maggiore crescita del cancro sono risultati osservati da tempo, dal momento che gli zuccheri derivanti prevalentemente dai carboidrati forniscono l’energia alle cellule tumorali. Io faccio però anche un’altra considerazione: il tumore per crescere ha bisogno anche dei mattoni oltre che dell’energia, e questi mattoni sono gli amminoacidi, che derivano dalle proteine. Per questo con il nostro team ci stiamo concentrati su una dieta in cui la maggioranza delle calorie si ottiene dai grassi.
Ancora una volta, non dobbiamo incoraggiare alcun fai da te pericolosi: la cosa più importante è nutrirsi bene, senza dimenticare il buon senso. Si tratta di ricerche che stiamo conducendo, anche con il nostro team di nutrizionisti, e quindi è bene, se si è interessati a saperne di più, contattare il proprio medico oncologo o un esperto nutrizionista.
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