Teruko Ishizaka, l’immunologa che ha svelato il meccanismo delle allergie
La scienziata giapponese è nota per aver scoperto, nel 1966, le immunoglobuline E (IgE), anticorpi che hanno un ruolo fondamentale nelle reazioni allergiche
Prurito, occhi rossi, starnuti, naso che cola. Sono alcuni tra i sintomi più comuni delle allergie. A causare l’ipersensibilità del nostro sistema immunitario alle sostanze presenti nell’ambiente è un meccanismo che coinvolge un particolare tipo di anticorpi, le immunoglobuline E (IgE). Legandosi agli allergeni e ai recettori presenti sui mastociti, cellule del tessuto connettivo, le IgE provocano il rilascio di sostanze chimiche infiammatorie come l’istamina.
A scoprire le IgE è stata una scienziata giapponese, Teruko Ishizaka. Immunologa di talento, conosciuta per la sua generosità e il suo grande spirito collaborativo, Teruko “Terry” Ishizaka ha condotto le sue ricerche sulle immunoglobuline negli anni Sessanta del secolo scorso, assieme al marito Kimishige Ishizaka. La scoperta delle IgE, pietra miliare nella storia dell’immunologia, ha consentito alla medicina di progredire nella prevenzione, nel trattamento e nel monitoraggio di allergie alimentari, febbre da fieno, asma, dermatiti e riniti.
Dal Giappone agli Stati Uniti
Teruko Matsuura nasce a Yamagata, in Giappone, nel 1926. Figlia di un avvocato e una casalinga, sin da bambina è incoraggiata dalla madre a cercare la sua strada e a smarcarsi dai vincoli e dalle costrizioni di una società in cui le ragazze hanno come unica prospettiva quella di diventare “angeli del focolare”. Teruko, che sogna di fare la ricercatrice, ha la fortuna di avere appena vent’anni quando, nel 1946, le università giapponesi aprono le porte alle donne. Studia medicina presso la Scuola medica femminile di Tokyo, dove si laurea nel 1949. Lo stesso anno sposa un suo compagno di corso, Kimishige Ishizaka; i due formeranno una coppia nella vita e sul lavoro per oltre sessant’anni, compiendo insieme quasi tutte le ricerche e scrivendo oltre cento articoli scientifici.
Nel 1955, Teruko Ishizaka consegue un dottorato di ricerca in immunologia presso l’Università di Tokyo e fino al 1957 lavora nel laboratorio di Keizo Nakamura, immunologo a capo della Società Giapponese di Allergologia, dove studia i meccanismi dell’anafilassi. Tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta fa la spola tra il Giappone e gli Stati Uniti, perfezionando le proprie conoscenze sul sistema immunitario. Nel 1957 si unisce al laboratorio di immunologia di Dan Hampton Campbell presso il California Institute of Technology, dove approfondisce i suoi studi sui complessi anticorpali. Due anni dopo torna in Giappone per lavorare all’Istituto di salute pubblica giapponese. Nel 1962 viene reclutata, assieme al marito, presso il Children’s Asthma Research Institute and Hospital di Denver. La coppia resterà negli Stati Uniti fino al 1996.
La scoperta delle immunoglobuline E
Nel 1966, analizzando il siero dei malati di febbre da fieno esposti al polline di ambrosia, Teruko e Kimishige Ishizaka isolano e identificano una nuova classe di anticorpi, che chiamano immunoglobuline E (IgE), decifrandone il ruolo nelle reazioni allergiche. Gli anticorpi IgE si attaccano normalmente ai mastociti, cellule che secernono l’istamina per causare starnuti, consentendo quindi l’espulsione del polline o di altri allergeni; nelle persone allergiche, l’eccesso di IgE stimola un rilascio sproporzionato di istamina, causando una reazione infiammatoria. Grazie alla scoperta degli Ishizaka, che segna un punto di svolta per l’immunologia, i medici sono in grado di diagnosticare le allergie in modo molto più rapido e preciso, semplicemente misurando la quantità di IgE nel sangue di un individuo.
Teruko Ishizaka e suo marito lasciano il centro di Denver nel 1970 per accettare un nuovo incarico alla Johns Hopkins University di Baltimora. Kimishige è nominato professore di medicina e microbiologia alla scuola medica dell’università, mentre Teruko deve aspettare il 1979 per ottenere un incarico come professoressa. Negli anni Settanta i due ottengono numerosi premi, tra cui il Passano Foundation Award nel 1972, il Gairdner Foundation International Award nel 1973 e il Borden Award nel 1979.
“Trovare la serendipità”
Negli anni Ottanta, l’immunologo Stephen J. Galli, dopo aver descritto l’origine da cellule staminali emopoietiche dei mastociti presenti nei topi, contatta Teruko Ishizaka per chiederle una consulenza sul legame tra IgE e mastociti. La donna, anziché limitarsi a rispondere alla sua richiesta, lo invita a Baltimora, proponendogli di collaborare a una serie di progetti. “È stata molto accogliente con me”, afferma Galli in un articolo pubblicato su Lancet in memoria della scienziata, “era una collaboratrice esemplare, discuteva liberamente dei dati pubblicati e di quelli non pubblicati ed era molto generosa con i contribuiti degli altri”.
La collaborazione tra Galli e Ishizaka si rivela molto fruttuosa: nel 1989 l’immunologa dimostra che anche i mastociti umani si sviluppano da cellule staminali emopoietiche. Quello stesso anno i coniugi Ishizaka lasciano Baltimora e si uniscono al nuovo La Jolla Institute for Immunology di San Diego; Kimishige in qualità di primo direttore scientifico, Teruko a capo della divisione di allergologia. Grazie a loro l’istituto diviene in breve tempo un centro di eccellenza per la ricerca allergologica e immunologica, noto non solo per gli elevati standard scientifici, ma anche per il forte spirito di collaborazione e condivisione tra ricercatori.
Nel 1990, Teruko Ishizaka riceve il Behring-Kitasato prize, uno dei premi più importanti in ambito immunologico, per il suo lavoro sui mastociti e per aver chiarito i meccanismi alla base delle allergie. È la prima donna in assoluto a ottenere questo riconoscimento.
Nel 1996, dopo il pensionamento, gli Ishizaka decidono di tornare in Giappone. Teruko muore un anno dopo il marito, nel giugno del 2019, all’età di 92 anni. Hirohisa Saito, suo allievo alla Johns Hopkins University, la ricorda così: “Quando le sue ipotesi non erano confermate, non si arrendeva. Era una persona molto positiva, davvero brava nel trovare la serendipità, dote piuttosto rara”.
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Immagine: Johns Hopkins Medicine