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Kathy Sullivan: dallo spazio alle profondità oceaniche

Già nota per essere stata, nel 1984, la prima donna americana a effettuare un’attività extraveicolare nello spazio, nel giugno del 2020 Kathy Sullivan ha raggiunto l’abisso Challenger, il punto più profondo della superficie terrestre

Poche persone, nella storia del genere umano, hanno oltrepassato i confini dell’atmosfera terrestre. Pochissime hanno raggiunto gli abissi oceanici. Una sola è riuscita a fare entrambe le cose.

Già nota per essere stata, nel 1984, la prima donna americana a effettuare un’attività extraveicolare nello spazio, nel giugno del 2020 l’oceanografa e astronauta Kathy Sullivan ha raggiunto l’abisso Challenger, il punto più profondo della superficie terrestre, oltre 10.900 metri al di sotto del livello del mare.

Non è un caso che sia stata proprio lei a compiere quest’impresa. Desiderio di conoscere, fascinazione per l’ignoto e amore per l’avventura accompagnano Sullivan, oggi sessantottenne, sin dalla più tenera età. Da bambina amava trascorrere il tempo immaginando di raggiungere i luoghi segnati sulle cartine geografiche. Sognava di diventare un’esploratrice. Oggi, dopo aver passeggiato nello spazio e guardato con i suoi occhi il luogo più inaccessibile del nostro pianeta, può dire di avere oltrepassato tutti i confini tracciati sulle mappe della sua infanzia.

Una geologa alla NASA

Kathryn Sullivan nasce nel 1951 a Paterson, in New Jersey, ma all’età di sei anni si trasferisce con la famiglia in California. Quando il tenente della marina statunitense Don Walsh e l’oceanografo svizzero Jacques Piccard raggiungono per la prima volta l’abisso Challenger, il 23 gennaio 1960, Kathy ha poco più di 8 anni. È appena più grande il giorno in cui, nel 1961, il cosmonauta Jurij Gagarin diventa il primo essere umano a volare nello spazio. Spronata dai genitori a non porre limiti alle sue ambizioni, Kathy cresce con il mito dei grandi esploratori.

Dopo il diploma decide di iscriversi alla facoltà di Scienze della Terra dell’Università della California a Santa Cruz, dove si laurea nel 1973. In questo periodo si appassiona allo studio dei fondali marini e prende parte alle prime spedizioni per studiare i processi vulcanici che portano alla formazione delle fosse oceaniche. Nel 1978 consegue un dottorato di ricerca in geologia e oceanografia alla Dalhousie University di Halifax, in Canada.

Quello stesso anno la NASA apre alle donne le selezioni per gli astronauti che prenderanno parte ai lanci del Programma Space Shuttle. C’è una possibilità, per quanto remota, di andare nello spazio. Kathy Sullivan non può lasciarsi sfuggire un’occasione del genere. Alla fine del processo di selezione è una delle sei donne, su oltre 1.000 candidate, scelte dall’ente spaziale americano.

La prima passeggiata nello spazio

La prima astronauta a volare nello spazio è Sally Ride, nel 1983. Sullivan prende parte alla missione successiva, chiamata STS-41-G, nel 1984. Il lancio dello Space Shuttle Challenger avviene il 5 ottobre; sei giorni dopo, l’11 ottobre, Kathy lascia l’astronave per compiere una “passeggiata spaziale” col collega David Leestma. Durante l’attività extraveicolare, della durata di tre ore e mezzo, i due effettuano una dimostrazione sulla possibilità di rifornire di carburante un satellite in orbita. Kathy Sullivan è la prima donna americana a passeggiare nello spazio, a oltre 350 km dalla superficie terrestre, e la seconda in assoluto, pochi mesi dopo la cosmonauta sovietica Svetlana Savickaja.

Nell’aprile del 1990, a bordo dello Space Shuttle Discovery, Sullivan partecipa alla missione STS-31; in quell’occasione viene effettuato il lancio e il posizionamento negli strati esterni dell’atmosfera terrestre del Telescopio spaziale Hubble. Dopo aver partecipato a una terza missione a bordo dello Space Shuttle Atlantis, nel 1992, Kathy Sullivan lascia la NASA con all’attivo 532 ore nello spazio.

Negli anni successivi ricopre il ruolo di scienziata responsabile della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) e ottiene l’incarico di presidente e amministratrice del Center of Science and Industry di Columbus, in Ohio. Nel 2004 ha l’onore di essere inserita nella Astronaut Hall of Fame all’interno del Kennedy Space Center. Nel 2011 viene nominata da Obama vicedirettrice del NOAA.

Viaggio nell’abisso

Quasi trentasei anni dopo la passeggiata spaziale fuori dal Challenger, Kathy ha compiuto un viaggio altrettanto eccezionale. Non verso l’alto, oltre i confini dell’atmosfera terrestre, ma verso il basso, nelle profondità dell’Oceano Pacifico. Sia la navetta della NASA che l’abisso Challenger prendono il nome dall’HMS Challenger, la corvetta della Royal Navy che nel 1875 – durante una delle più importanti spedizioni oceanografiche della storia – individuò per la prima volta il punto più profondo della fossa delle Marianne.

A dare a Kathy Sullivan la possibilità di partecipare alla spedizione verso l’abisso Challenger è stato Victor Vescovo. Ex ufficiale di marina e imprenditore, ha speso milioni di dollari per mettere a punto la tecnologia in grado di condurre esseri umani nelle profondità marine. Mosso dal desiderio di far crescere la conoscenza degli oceani, ha organizzato numerose spedizioni e tra il 2018 e il 2019 è diventato l’essere umano a raggiungere il punto più profondo di tutti gli oceani a bordo di Limiting Factor, un DSV (deep-submergence vehicle, veicolo a immersione profonda) ipertecnologico per due persone, lanciato da navi dedicate, in grado di sopportare la terribile pressione degli abissi oceanici, circa 1000 volte superiore a quella presente in superficie.

Il 7 giugno 2020 Sullivan e Vescovo si sono recati nel punto più meridionale della fossa delle Marianne, circa 300 chilometri a sud-ovest dell’isola di Guam, sono entrati all’interno di Limiting Factor e hanno iniziato il loro viaggio nelle profondità dell’Oceano Pacifico; Vescovo in qualità di pilota, Sullivan di copilota. Per percorrere i chilometri necessari a raggiungere l’abisso Challenger sono state necessarie quattro ore. Una volta giunti alla meta, i due hanno trascorso un’ora e mezza alla massima profondità, 10914 metri sotto il livello del mare.

Sullivan è diventata così l’ottava persona nella storia e la prima donna in assoluto a raggiungere il punto più profondo dell’oceano. La spedizione fa parte del progetto “Ring of Fire” della Caladan Oceanic, la società di Vescovo. Nel corso delle otto immersioni nell’abisso Challenger effettuate nel giugno del 2020, il team della Caladan Oceanic ha, tra le altre cose, condotto una ricerca sugli ecosistemi abissali e realizzato una serie di rilievi topografici dei fondali.

Dopo l’emersione, grazie a EYOS Expeditions, la società che si è occupata degli aspetti logistici della spedizione, Vescovo e Sullivan hanno avuto la possibilità di chiamare gli astronauti a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS).

“È stata una giornata straordinaria, una di quelle che capitano una sola volta nella vita”, ha dichiarato Kathy Sullivan, probabilmente la persona ad aver vissuto più giornate “che capitano una sola volta nella vita” nella storia dell’umanità.


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Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Immagine: Enrique Alvarez / EYOS Expeditions

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Simone Petralia
Giornalista freelance. Amo attraversare generi, discipline e ambiti del pensiero – dalla scienza alla fantascienza, dalla paleontologia ai gender studies, dalla cartografia all’ermeneutica – alla ricerca di punti di contatto e contaminazioni. Ho scritto e scrivo per Vice Italia, Scienza in Rete, Micron e altre testate. Per OggiScienza curo Ipazia, rubrica in cui affronto il tema dell'uguaglianza di genere in ambito scientifico attraverso le storie di scienziate del passato e del presente.