CERVELLI ARTIFICIALI

La partita per l’innovazione si gioca (anche) nella provincia italiana

In Toscana e Calabria si stanno costruendo due ecosistemi che puntano sull’intelligenza artificiale inserita nel territorio. L’obiettivo principe è non far scappare i cervelli e diventare poli attrattivi per le eccellenze.

Il 4 novembre 2019 è stato il primo giorno di lavoro di Caterina, l’assistente virtuale del Comune di Siena che funziona grazie all’intelligenza artificiale. Primo esperimento di questo tipo in Italia, il software interagisce con l’utente in formato testo, audio e addirittura con un avatar.

“Siena già all’epoca aveva un livello di informatizzazione abbastanza maturo per adottare una soluzione di questo tipo – spiega a OggiScienza Ernesto Di Iorio, fondatore e Ceo di Questit, un’azienda specializzata in tecnologie proprietarie di Ai – Oggi in realtà la maggior parte della Pubblica amministrazione ha i livelli minimi di informatizzazione. Quello che manca, semmai, è l’aggiornamento costante e la voglia di sperimentare”. Nata nel 2007 come spin off dell’Università di Siena, Questit ha chiuso il 2020 con un importante aumento di capitale sociale, passato da 10.000 a 510.000 euro.

“Siamo convinti che la prossima interfaccia, dopo quella grafica, touch screen e vocale, sarà quella relazionale – afferma il Ceo dell’azienda senese – Si passerà cioè dall’interazione alla relazione uomo-macchina, con quest’ultima che non si limiterà più a fornire informazioni, ma sarà in grado di capire il nostro stato emotivo e comportarsi di conseguenza”.

Uno scenario futuribile che secondo l’esperto potrebbe iniziare a entrare nella nostra quotidianità nei prossimi 3-5 anni. “I nostri nipoti non sapranno cosa sono i chatbot, ma conosceranno bene l’artificial human, cioè un’intelligenza artificiale che ci somiglia e ci comprende”.

Il team di Questit, fotografia di Michele Tittarelli

Un’anteprima di quello che potremo vivere arriva dal film di fantascienza Her, dove il protagonista si innamora della sua segretaria virtuale, che non possiede un corpo, ma una voce non metallica e un’empatia che non abbiamo ancora visto nelle macchine. “Io non credo che assisteremo a situazioni di questo tipo – chiarisce Di Iorio – Più che implicazioni etiche, vedo problemi sociali: i nativi digitali non si innamorano di Siri o di Alexa. Semmai, il nodo è riuscire a ricollocare le persone che perderanno il lavoro perché sostituite da una macchina. Si tratta di pensare fin d’ora a un percorso formativo in cui inserirle affinché domani posseggano le competenze necessarie per riposizionarsi nel mercato del lavoro”.

Aprire le scatole nere

“Siamo nati due anni fa e fin da subito la nostra missione è stata quella di applicare le tecniche di intelligenza artificiale per migliorare la vita delle persone e l’efficienza delle aziende”. Salvatore Iiritano è fondatore e Ceo di Revelis, start up calabrese focalizzata su machine learning, reti neurali e ragionamento automatico.

L’azienda fa parte della rosa di 53 start up selezionate per partecipare al Ces 2021 (Consumer Electronic Show), una delle più importanti fiere di tecnologia al mondo che si tiene a Las Vegas e che quest’anno si è svolta in modalità virtuale.

In quell’occasione è stato presentato Ai Guard, un software che verifica che sia rispettato il distanziamento e l’obbligo di indossare la mascherina in azienda o in un ufficio pubblico. “Durante il primo lockdown abbiamo addestrato le reti neurali a riconoscere volti con e senza mascherina – spiega il fondatore di Revelis –, poi abbiamo implementato un algoritmo per misurare le distanze. Quando la macchina vede una violazione, invia un warning e si può intervenire. Per motivi di privacy le immagini non vengono registrate, ma ci si limita a segnalare l’irregolarità”.

La maggior parte delle attività della start up calabrese sono pensate per uso industriale, con un occhio di riguardo per l’explanation: “Spesso i modelli di intelligenza artificiale sono black box, scatole nere che non spiegano come sono arrivate a un determinato risultato. Questo rappresenta un problema per chi deve basarsi su quei dati”. Pensiamo per esempio a un algoritmo di manutenzione predittiva: non basta sapere che ci sarà un problema in un determinato settore, ma è utile conoscere quali sono i parametri sui quali la macchina si è basata per restituire un determinato output. In questo modo sarà più semplice capire come intervenire per ridurre i guasti in futuro.

“Proprio per garantire una migliore interazione, noi forniamo sempre una spiegazione del modello di intelligenza artificiale”.

Negli uffici di Revelis, in Calabria. Fotografia: Revelis

Il legame con il territorio

Questit e Revelis sono solo due esempi che dimostrano come le aziende innovative, per avere successo in Italia, non debbano per forza essere a Milano. In entrambi i casi, le start up hanno un forte legame con l’università e più in generale il territorio in cui sono inserite.

“Quest’estate è nato SaiHub, un progetto che coinvolge 24 imprese, il Comune di Siena, Confindustria e alcune Fondazioni – ricorda Di Iorio – L’obiettivo è mettere al centro del territorio l’innovazione in ambito Ai applicata alle biotecnologie, vista la tradizione senese in quest’ambito. È una rete che vuole mantenere i talenti sul territorio e attirarne da fuori. Crediamo infatti che le menti siano la risorsa più importante di cui disponiamo e siamo convinti che qui ci sia un ecosistema che, seppure ancora in crescita, è estremamente favorevole. Nessuno dei fondatori di Questit è senese: ci siamo incontrati all’università e abbiamo deciso di rimanere qui”.

Revelis ha invece sede a Rende, una cittadina di 35.000 abitanti in provincia di Cosenza. Anche qui, lo spirito è lo stesso: “Abbiamo la fortuna di trovarci in un’isola felice dal punto di vista informatico, grazie alla presenza dell’Università della Calabria e di vari istituti di ricerca che permettono un trasferimento tecnologico reale”. Anche qui le risorse umane sono fondamentali: “In questo modo riusciamo anche a intercettare studenti che vengono da noi per gli stage e che, se meritevoli, restano in azienda anche dopo la laurea”.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

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Michela Perrone
Appassionata di montagna e di tecnologia, scrivo soprattutto di medicina e salute. Curiosa dalla nascita, giornalista dal 2010, amo raccontare la realtà che mi circonda con articoli, video e foto. Freelance dentro e fuori, ho una laurea in Comunicazione e un master in Comunicazione della Scienza.