La vita sul nostro pianeta. Come sarà il futuro?
Senza biodiversità non c’è futuro. Nel suo nuovo libro, pubblicato in Italia da Piemme, David Attenborough propone un piano per invertire subito la rotta.
«È questa la vera tragedia del nostro tempo: l’inesorabile perdita di biodiversità del nostro pianeta. Perché la vita sulla Terra possa prosperare, deve esserci un’immensa biodiversità. Solo quando miliardi di organismi diversi approfittano di ogni risorsa e opportunità che incontrano, e le vite di milioni di specie si intrecciano tra di loro così da sostenersi a vicenda, il pianeta può funzionare in maniera efficiente.»
Il nocciolo dell’ultimo libro di David Attenborough La vita sul nostro pianeta. Come sarà il futuro? (Piemme, 2020) è proprio questo: non ci sarà un futuro per noi esseri umani se non riusciremo a invertire la rotta che sta decimando la biodiversità del nostro pianeta. È un messaggio forte, questo, che rischia di perdersi in quello che lo scrittore e attivista ambientale Andri Snær Magnason chiama «rumore bianco». Secondo Magnason i cambiamenti che dobbiamo affrontare come genere umano nei prossimi anni sono talmente grandi e complessi che la nostra mente non riesce a figurarseli. Un po’ come avviene quando si tenta di registrare i suoni prodotti da un’eruzione vulcanica: oltre una certa soglia, si percepisce solo un indistinto ronzio, un rumore bianco di sottofondo, destinato a essere ignorato.
La capacità di David Attenborough, pioniere del documentario naturalistico e tra i più rinomati divulgatori scientifici al mondo, nello scrivere questo libro è quella di non far sparire il messaggio in un oblio di allarmismo ma di legarlo strettamente alla nostra più intima natura di esseri umani. Seguendo quel filone narrativo che mette le storie in primo piano, David Attenborough racconta e si racconta, unendo dati scientifici e fatti accaduti ad aneddoti tratti dalla sua lunga carriera. L’obiettivo è condividere con chi legge un piano alternativo in grado di fermare la perdita della biodiversità e porre rimedio a quello che nel libro viene definito il nostro più grande errore.
Una vita legata a doppio filo con la natura
Si inizia con il racconto di com’è oggi Pripyat, la città disabitata alle porte di Chernobyl, definita dall’autore «un luogo di pura disperazione». Il 26 aprile 1986 il reattore 4 della vicina centrale nucleare Vladimir Ilyich Lenin esplose. La causa fu semplice: una serie di errori umani. Gli abitanti di Pripyat dovettero lasciare per sempre quello che fino a quel momento era stato per loro un piccolo giardino nell’Eden della comodità. Prima dell’incidente rinunciarvi era impossibile: troppi i vantaggi di una vita più agiata, anche se a pochi passi da una centrale nucleare. Noi esseri umani del 2021 siamo come gli abitanti di questa città ucraina: viviamo esistenze comode appese a un imminente disastro. Ma a differenza di chi ha vissuto a Pripyat possiamo ancora spegnere quel reattore evitandone l’esplosione.
La prima parte del libro narra in dieci capitoli la vita e la carriera di David Attenborough. Il racconto è anche la testimonianza di come il capitale naturale del nostro pianeta si sia via via deteriorato. Si va dal 1937, quando l’autore aveva undici anni e andava alla ricerca di fossili vicino a Leicester, al 2020, quando a novantaquattro anni continua la sua instancabile missione di divulgatore scientifico.
Ogni capitolo è introdotto da tre dati: popolazione mondiale, carbonio nell’atmosfera, zone selvagge rimaste. Nel 1937 la popolazione mondiale era di 2,3 miliardi di persone; il carbonio nell’atmosfera era pari a 280 parti per milione; le zone selvagge rimaste erano 66 per cento. Nel 2020 la popolazione mondiale ha raggiungo i 7,8 miliardi di persone; il carbonio nell’atmosfera le 415 parti per milione; le zone selvagge rimaste sono solo il 35 per cento. Questi dati da soli ci fanno capire che il mondo è drasticamente cambiato in pochissimo tempo, nell’arco della vita di un solo essere umano.
Restituiamo il mondo alla natura
La seconda parte del libro inizia con il racconto di quello che ci aspetta se ci spingiamo oltre i nove limiti planetari, ovvero nove fattori individuati da Johan Rockström e Will Steffen che influenzano la stabilità del sistema Terra. Questi sono: perdita di biodiversità, cambiamento climatico, inquinamento chimico, riduzione dell’ozono, inquinamento atmosferico, acidificazione degli oceani, impiego di fertilizzanti, consumo di acqua dolce e conversione dei terreni (dallo spazio selvaggio ai campi, o alle piantagioni). Il libro prosegue con un piano per rimediare ai nostri errori. Si tratta del rewilding, ovvero restituire il mondo alla natura.
I passi sono definiti. Si deve andare oltre la crescita, smettendo di usare il PIL come misura principale del successo economico di un paese. Un esempio è la Nuova Zelanda che nel 2019 ha preso questa coraggiosa decisione e ha sostituito il PIL con un indice basato sulle tre P (profitto, persone e pianeta).
È necessario, poi, passare all’energia pulita come fonte energetica primaria. Il Marocco è un caso esemplare: oggi provvede da solo al 40 per cento del suo fabbisogno energetico sfruttando una rete di centrali elettriche rinnovabili. Inoltre, sta sperimentando un sistema di stoccaggio energetico nuovo: la tecnologia del sale fuso, in grado di trattenne il calore del sole per diverse ore, in modo da utilizzare l’energia accumulata anche di notte. E ancora: è essenziale ripopolare i mari, ridurre lo spazio occupato dagli esseri umani sulla terra e ritornare alla natura selvaggia, sia in termini di fauna che di flora.
Abbiamo bisogno di una casa stabile
Queste sono tutte azioni che portano a una riduzione dell’impronta ecologia della specie umana, ma da sole non bastano. Un passo obbligatorio è stabilizzare il tasso di crescita della popolazione, per dare a tutti le stesse possibilità e una vita migliore. Una delle chiavi per ottenere questo risultato è l’emancipazione femminile che dà alle donne la libertà di scegliere cosa fare nella loro vita.
In sintesi, agli esseri umani serve creare un’esistenza più equilibrata, basata sulla collaborazione con la natura e non sul suo sfruttamento. David Attenborough ci ricorda che abbiamo bisogno di una casa stabile e che è possibile iniziare adesso a realizzarla, senza più indugi.
David Attenborough è anche protagonista di un film documentario che segue la stessa traccia del libro e si conclude con un potente messaggio di speranza per le generazioni future.
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