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Anche gli squali si orientano con il campo magnetico terrestre

Diverse specie di squali percorrono ogni anno distanze considerevoli, usando un'abilità cognitiva particolare per orientarsi: si basano sul campo magnetico della Terra, come fanno le tartarughe marine.

Sono moltissime le specie animali che migrano, spostandosi regolarmente a volte su distanze lunghissime, a volte solo di poco, inseguendo le condizioni alimentari o climatiche più idonee. Pensando alle migrazioni, è facile che a venirci in mente siano gli uccelli, o le tartarughe marine, o ancora alcune balene; difficilmente, invece, pensiamo agli squali, migratori meno famosi.

Eppure, sono diverse le specie di squalo che, ogni anno, percorrono distanze considerevoli. E un nuovo studio, recentemente pubblicato su Current Biology, mostra per la prima volta che ci riescono grazie a un’abilità condivisa con altri migratori: la capacità di orientarsi sul campo magnetico terrestre.

Verso casa, ma come?

Sono molti gli animali marini che si basano sul campo magnetico terrestre per orientare la propria navigazione: le più famose sono probabilmente le tartarughe Caretta caretta, ma come loro lo usano anche, per esempio, i salmoni e alcune specie di aragosta. Che gli squali e più in generale gli elasmobranchi (cioè il gruppo che comprende, oltre agli squali, razze e torpedini) siano in grado di percepire il campo magnetico terrestre e rispondervi è noto da tempo. Ma, si sono chiesti gli autori dello studio, sono in grado anche di usarlo per orientarsi? In altre parole, le indicazioni fornite dal campo magnetico possono rappresentare per loro una sorta di mappa di navigazione su cui basare la direzione del nuoto?

«La ragione per la quale questa domanda è rimasta a lungo senza risposta è che gli squali sono difficili da studiare», spiega in un comunicato Bryan Keller, ricercatore del Florida State University Coastal and Marine Laboratory e primo autore dello studio.

Quindi, i ricercatori si sono concentrati su una specie che avesse due caratteristiche chiave: l’essere abbastanza piccola da poter essere studiata in un set sperimentale e, naturalmente, l’essere in grado di tornare in un’area precisa. La scelta è dunque caduta sullo Sphyrna tiburo, una specie di squalo martello abbastanza piccola (arriva al massimo ai 150 centimetri di lunghezza), e nota per la sua curiosa caratteristica di nutrirsi anche di piante marine. Più che per l’alimentazione, però, ai fini della ricerca interessava un altro aspetto di S. tiburo: la specie, infatti, abita l’Oceano Atlantico, in prossimità dell’Equatore durante l’inverno e spostandosi più a nord nel Golfo del Messico, nei mesi più caldi. Soprattutto, è in grado di tornare in siti specifici, soprattutto estuari e baie: «Questo squalo martello torna agli stessi estuari ogni anno, e ciò dimostra che sa dov’è “casa” e può tornarvi anche da grandi distanze», commenta Keller.

L’esperimento che “falsifica” il campo magnetico

Per lo studio, dunque, i ricercatori hanno catturato 20 giovani squali martello al largo delle coste della Florida e li hanno trasportati in laboratorio. Qui, hanno condotto un esperimento detto magnetic displacement, spostamento magnetico: ciascun individuo è stato posto in una vasca dove veniva simulato un campo magnetico diverso da quello reale, rappresentate luoghi a centinaia di chilometri di distanza da quelli da cui provenivano gli squali. L’ipotesi era che, se lo squalo utilizza i campi magnetici per orientarsi, allora avrebbe cercato di “correggere la rotta” orientandosi verso nord se esposto a un campo magnetico meridionale, e viceversa si sarebbe orientato a sud se il campo magnetico corrispondeva a un sito più settentrionale. La condizione di controllo era rappresentata dagli individui esposti al “vero” campo magnetico, per i quali non si sarebbe dovuta osservare alcuna orientazione preferita.

I risultati dello studio hanno dimostrato esattamente questo. O quasi: in effetti, gli squali si orientano verso nord se il campo magnetico simula una località meridionale, ma non fanno il contrario. La ragione, spiegano i ricercatori, potrebbe essere nel fatto che di norma questa specie non va più a nord della Florida, dove sono stati catturati, ed è quindi possibile che non sappiano rispondere a questa specifica condizione; tanto più che il punto simulato dall’esperimento era “impossibile” per gli squali, perché corrispondeva alla terraferma.

Nel loro lavoro, i ricercatori hanno anche indagato quanto il basarsi sul campo geomagnetico influenzi la genetica delle popolazioni. Hanno quindi analizzato il DNA mitocondriale (quindi ereditato solo per via materna) di dieci diverse popolazioni di squalo martello in un’ampia area geografica e, scrivono, “le differenze nel campo magnetico spiegano le variazioni più che le differenze di temperatura o la distanza costiera” (non si può fare lo stesso discorso per le variazioni nel DNA nucleare). Questo, spiega Keller sullo Smithsonian Magazine, «suggerisce che le femmine potrebbero scegliere aree per far nascere i piccoli basandosi in parte su “firme” magnetiche».

Anche se lo studio è stato condotto su un’unica specie di squalo, è possibile che la strategia sia applicata anche da altre specie. Intanto, restano alcune domande cui rispondere: per esempio, non è noto come, esattamente, gli squali captino il campo geomagnetico, e sarà anche interessante capire quanto questa capacità di orientamento sia appresa o innata. Inoltre, conclude Keller, in futuro sarà importante indagare gli effetti che i campi magnetici derivanti da attività umane (come quelli generati dai cavi sottomarini) hanno sugli squali.


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Photo by David Clode on Unsplash

Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.

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Anna Romano
Biologa molecolare e comunicatrice della scienza, amo scrivere (ma anche parlare) di tutto ciò che riguarda il mondo della ricerca.