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Interdisciplinarità: un traguardo raggiunto?

Ricerca e formazione non possono più attendere. Per comprendere le grandi questioni della contemporaneità, come globalizzazione e cambiamenti climatici, serve uno sguardo interdisciplinare. Dalla scuola all’università, l’Italia ancora arranca.

“Sono state eliminate le materie scolastiche!”: così molti giornali titolarono la notizia del 2015 riguardante le modifiche al sistema scolastico finlandese. L’obiettivo del governo, in verità, era promuovere un’istruzione pubblica, a tutti i suoi livelli, che fosse in grado di fornire agli studenti gli strumenti innovativi per far fronte alle sfide della contemporaneità. Per comprendere le grandi questioni come la globalizzazione, la sostenibilità ambientale, l’interculturalità è anacronistico utilizzare un sistema settoriale, verticale e rigido; al contrario, dev’essere interdisciplinare, trasversale e liquido. Questi obiettivi deve porsi il sistema scolastico del terzo millennio. Così infatti è stato, in Finlandia.

L’Italia e quel ritardo intollerabile

In Italia viviamo ancora il retaggio di un neoidealismo che non solo distingueva le discipline, ma contrapponeva e inferiorizzava persino, gli scienziati agli umanisti. Questa concezione dicotomica delle “due culture”, per dirla con Charles P. Snow, ha plasmato i modelli di insegnamento sia a livello scolastico che accademico, ostacolando da un lato lo sviluppo di una genuina cultura scientifica e dall’altro inibendo lo stimolo necessario a implementare approcci interdisciplinari. La formazione “a compartimenti stagni“ pervade, dove più dove meno, tutto il nostro sistema educativo, dalla scuola primaria fino all’università. Su quest’ultima si è concentrato in modo particolare uno studio internazionale pubblicato su Science and Public Policy, dal quale emergono forti perplessità circa il possibile sviluppo di approcci interdisciplinari all’interno dell’attuale stato di fatto del sistema universitario italiano, estremamente settorializzato e vittima di contraddizioni tra, ad esempio, le indicazioni ministeriali e linee guida dell’ANVUR.

La gestione della formazione dottorale, ad esempio, per quanto promuova in teoria l’interdisciplinarità, nella pratica delle regole di accreditamento richiede l’impegno in “un ampio campo disciplinare coerente e chiaramente definito – invitando a – “fare attenzione all’armonia metodologica e disciplinare del programma”. Gli autori dello studio menzionano, quali esempi virtuosi, alcune università degli Stati Uniti, nelle quali un comitato interdipartimentale recluta i dottorandi sulla base di un problema di ricerca. Una volta selezionato lo studente, è responsabilità della commissione assegnarlo alla struttura accademica più adatta per garantire gli obiettivi del progetto in questione. Sempre negli Stati Uniti, ma anche in Germania e nei Paesi Bassi, sono state costruite unità di ricerca che si focalizzano su specifiche questioni, le quali richiedono necessariamente competenze interdisciplinari.

Un obiettivo a tutto tondo

Ha poco senso discutere di interdisciplinarità in un quadro, a sua volta, settoriale. Promuoverla a un determinato livello di istruzione, come quello universitario ma poi sopprimerla a un altro, ad esempio nella scuola primaria o nei licei, è un procedimento insensato. Se non si procede attraverso un profondo e omogeneo cambiamento del sistema educativo sin dal primo accesso all’istruzione, nel momento in cui le menti sono estremamente ricettive e reattive, grazie alla notevole plasticità cerebrale che caratterizza quelle età, l’obiettivo diventa estremamente più complesso da raggiungere. Non è sufficiente, dunque, fare ricerca scientifica attraverso criteri interdisciplinari, bisogna invece garantire ai giovani studenti l’acquisizione di strumenti concettuali che si fondino sull’interdisciplinarità. Solo in tal modo sarà possibile progredire teoricamente ed empiricamente in misura soddisfacente.

Evoluzionismo: emblema di interdisciplinarità

Il paradigma scientifico che più degli altri manifesta questa necessità, da un lato di promuovere la ricerca interdisciplinare e dall’altro di risorse umane la cui forma mentis di interdisciplinarità si nutra, è l’evoluzionismo. Lo sperimentiamo oggi più che mai. Il livello di evoluzione culturale raggiunto da Homo sapiens ha raggiunto traguardi tali da ostacolare in misura mai sperimentata prima il corso dell’evoluzione biologica naturale. E i risultati non sono solo positivi, anzi. Cambiamenti ambientali, climatici, perdita di biodiversità e, ovviamente, pandemie, non sono altro che il frutto di questo sorpasso a folle velocità dei meccanismi evolutivi culturali, e dunque antropogenici, su quelli naturali.

All’analisi di tali interazioni contribuiscono scienze e discipline talmente numerose ed eterogenee che un loro elenco potrebbe rappresentare, esso stesso, un obiettivo di ricerca. Se decliniamo tutte queste considerazioni nel panorama italiano, scopriamo che è in particolar modo la scuola a non essere al “passo con i tempi”. L’apparato accademico, finalmente, sta sperimentando un’importante metamorfosi, seppur in fieri e decisamente in ritardo rispetto al resto d’Europa e del mondo anglosassone.

A livello scolastico, le indicazioni ministeriali riguardanti l’evoluzionismo sembrano invece insistere ancora sulla verticalità delle competenze e sulla settorialità. Prendendo come esempio il testo dedicato all’istruzione liceale, l’insegnamento della teoria dell’evoluzione viene appena accennato, in una riga dedicata all’insegnamento della biologia. Di Darwin, e della rivoluzione scientifica che ha innescato la sua teoria, con i suoi innumerevoli risvolti, non v’è poi più traccia. Nessun accenno all’impatto che l’evoluzionismo ha avuto in campo filosofico e nessuna considerazione del ponte interdisciplinare che ha costruito tra scienze naturali e scienze umane, ponte di cui la ricerca scientifica contemporanea sta sempre di più usufruendo. Un esempio è dato dall’approccio integrato dell’evo-devo (evolutionary developmental) biology, che unisce la biologia evoluzionistica alla biologia dello sviluppo e che è stata applicata recentemente anche alla psicologia: evo-devo psychology.

Insistere sulla necessità di implementare approcci interdisciplinari e di sviluppare una vera e propria cultura dell’interdisciplinarità è necessario al fine di comprendere i fenomeni contemporanei, sempre più globali, sempre più interconnessi, sempre più ibridi. A tal punto che c’è chi oggi si spinge ancora oltre: serve transdisciplinarità. Non è sufficiente il dialogo e la reciproca influenza tra le discipline, è necessario superare le frontiere stesse, convenzionali e desuete, che le separano. Assenza di confini, in sostanza.
Un simile traguardo è ben lungi dall’essere raggiunto nel nostro Paese; possiamo però non considerare più il “primo step” come una mission impossible?


Leggi anche: Gli effetti a lungo termine dell’istruzione prescolare

Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Immagine: Pixabay

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Simone Chiusoli
Sono laureato in scienze cognitive e mi affascina tutto ciò che ha l'essere umano come oggetto di studio scientifico. Grazie al MCS della SISSA ho scoperto il potenziale incredibile della comunicazione scientifica e quanto essa si riveli indispensabile oggigiorno. Attualmente mi sto dedicando alla comunicazione dell'evoluzione attraverso una prospettiva interdisciplinare, che faccia dialogare biologia e scienze umane.