SCOPERTE

Come gli strumenti musicali raccontano l’evoluzione culturale in Sud America

Nel continente la ricchezza degli strumenti musicali è straordinaria e il loro studio sistematico aiuta a evidenziare le relazioni culturali tra le diverse società.

Per chi studia l’evoluzione culturale gli strumenti musicali assomigliano a reperti fossili. Entrambi sono l’impronta tangibile di un cambiamento nel tempo e nello spazio, e possono essere studiati con metodi simili. Esce ora un nuovo studio che, con queste premesse, ha mappato gli strumenti musicali delle società native americane nell’intero continente Sud Americano.

Suoni indigeni

Il lavoro è nato da un’idea del direttore del museo di paleontologia di Zurigo, Marcelo Sánchez-Villagra, ed è stato pubblicato dalla rivista Humanities and social science communications. Il gruppo di ricerca ha cominciato dal censimento degli strumenti noti, a livello archeologico o etnografico, e custoditi nelle collezioni museali. Gli strumenti sono stati suddivisi in tre delle quattro classi usate dall’organologia (la disciplina che studia gli strumenti musicali): aerofoni (ad aria), idiofoni (dove il suono viene unicamente dalla vibrazione del corpo dello strumento, come nel triangolo), e membranofoni (percussioni su una membrana). I cordofoni invece, cioè gli strumenti a corda, sono arrivati dopo, assieme agli europei.

Il Sud America, con 124 strumenti indigeni censiti, si conferma estremamente diverso anche dal punto di vista musicale, con una preponderanza di aerofoni, circa la metà. Gli strumenti aerofoni in Sud America rappresentano il 40% di tutti gli aerofoni censiti a livello globale: in altri continenti, idiofoni e membranofoni sono maggiormente rappresentati. Alcuni degli strumenti noti dall’archeologia non sono presenti nelle collezioni etnografiche. In un certo senso si tratta di “estinzioni”, che possono essere in parte collegate alla colonizzazione. Viceversa, ci sono strumenti noti solo dagli studi etnografici, che non si trovano negli scavi archeologici: potrebbero essere innovazioni recenti, ma è anche possibile che il record archeologico sia incompleto e si siano perse testimonianze più antiche, soprattutto se di materiali più deperibili e difficilmente fossilizzabili.

Alcuni esempi di aerofoni pre-coloniali. Immagine: Aguirre-Fernández et al., 2021

Dalla biologia alla cultura

Lo studio è proseguito mettendo in relazione gli strumenti con le società dove sono stati ritrovati. Seguendo i principi dell’evoluzione culturale, ci si aspetta infatti che la cultura materiale (come gli strumenti musicali) si trasmetta nel tempo e nello spazio, e che quindi serva a ricostruire le relazioni tra i gruppi sociali tra i quali è avvenuta questa trasmissione. È qui che vengono in aiuto quegli strumenti di analisi tipici della biologia evolutiva, ma che con qualche cautela possiamo applicare anche a oggetti diversi da specie, popolazioni, genomi.

A questo scopo i ricercatori hanno costruito una specie di albero evolutivo in base agli strumenti condivisi da 144 società. Gli autori e le autrici parlano di “distanza musicale”: più è corta, cioè più sono gli strumenti condivisi da due culture, più è probabile che ci sia una una relazione culturale, e non una trasmissione casuale. In molti casi queste relazioni sono state confermate attraverso un confronto culturale più ampio. Per esempio, notando che società “musicalmente affini” condividono anche una relazione linguistica. Ci sono però casi di set di strumenti identici o molto simili condivisi tra popolazioni molto distanti, anche geograficamente. È difficile capire se ciascuno strumento abbia viaggiato col commercio, se sia stato inventato indipendentemente, o se in passato le due società siano state più vicine di quanto non siano adesso.

Diverse culture hanno diversi flauti di Pan

Tra gli aerofoni il flauto di Pan è lo strumento più diffuso in tutto il continente. Ma le società che lo utilizzano usano diversi metodi di costruzione, quindi gli strumenti sono diversi tra loro. Gabriel Aguirre-Fernández, paleontologo all’università di Zurigo e primo autore dello studio, in un lavoro precedente aveva classificato i diversi flauti proprio in base alle loro caratteristiche. Per esempio la posizione della legatura delle canne, il materiale, ecc… Questo set di caratteri è stato ampliato e usato per costruire un altro albero evolutivo continentale, questa volta con l’aspetto di un network, che lega le società ai caratteri dei loro flauti. Dal network sono emersi dei gruppi (cluster) che sono in accordo con una generica divisione geografica e culturale del continente, con due macro aeree tropicali e una separazione tra la area andina nord e quella sud, confermando relazioni a larga scala già ben note agli studiosi.

Lavori in corso

Studiare l’evoluzione culturale dal punto di vista quantitativo è possibile, ma presenta anche delle sfide uniche. Per esempio la cultura si trasmette sia verticalmente (di generazione in generazione) che orizzontalmente (per contatto fra diversi gruppi sociali). Anche in biologia le informazioni si possono viaggiare orizzontalmente, come nel caso del trasferimento dei geni, tuttavia è più semplice evidenziare questi casi grazie all’enorme quantità di dati genomici disponibili. Studiando la cultura è molto più difficile.

È un lavoro preliminare, che apre la strada a studi sistematici di evoluzione culturale basati sulla nostra cultura materiale – spiega a Oggiscienza l’antropologa Chiara Barbieri dell’Università di Zurigo, che ha coordinato parte di questo studio. –  La diversità degli strumenti musicali ci racconta relazioni storiche e culturali tra le popolazioni, che devono poi essere confrontate con agli altri studi sul continente, dalla genetica alla linguistica.”

“È stato divertente, da antropologa, confrontarmi con il punto di vista dei paleontologi, abituati a classificare reperti valutando forme e funzioni, e degli etnomusicologi, interessati alla complessa relazione tra ciascuno strumento e la società che lo ha creato, e suonato” 

“Lo studio degli strumenti musicali in chiave evolutiva è un modo per accedere al repertorio musicale delle società antiche. La musica è un elemento fondamentale della cultura umana, e attraverso questi studi possiamo avvicinarci alla storia musicale prima dell’invenzione dei registratori” 

Una statuetta in ceramica appartenente alla cultura Moche mostra una figura che suona un flauto di Pan, Aguirre-Fernández/ Museum zu Allerheiligen, Sammlung Ebnöther

Leggi anche: Quando il computer diventa uno strumento musicale

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Stefano Dalla Casa
Giornalista e comunicatore scientifico, mi sono formato all’Università di Bologna e alla Sissa di Trieste. Scrivo abitualmente sull’Aula di Scienze Zanichelli, Wired.it, OggiScienza e collaboro con Pikaia, il portale italiano dell’evoluzione. Ho scritto col pilota di rover marziani Paolo Bellutta il libro di divulgazione "Autisti marziani" (Zanichelli, 2014). Su twitter sono @Radioprozac