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Chimica, fisica e medicina: i Nobel 2021

Un'analisi dei premi Nobel assegnati quest'anno dall'Accademia svedese

Sono stati assegnati tutti i Nobel scientifici: lunedì 4 ottobre 2021 David Julius e Ardem Patapoutian hanno ricevuto il Nobel per la Medicina per le loro scoperte sui recettori per la temperatura e il tatto. Martedì 5 ottobre è stato il turno del Nobel per la Fisica, assegnato per metà a Syukuro Manabe e Klaus Hasselmann e per metà a Giorgio Parisi, “per il loro contributo fondamentale nel comprendere alcuni sistemi fisici complessi”. Un premio che è fortemente legato a tematiche ambientali e che i principali media mondiali hanno considerato una vera e propria certificazione delle responsabilità di Homo sapiens nei cambiamenti climatici. Quindi mercoledì 6 ottobre il Nobel per la Chimica è andato a Benjamin List e David W.C. MacMillan “per lo sviluppo dell’organocatalisi asimmetrica”, ovvero una tecnica che consente di produrre e selezionare molecole utili in molti ambiti (dalla farmacia ai materiali) in modo semplice e sostenibile, aiutando non poco a ridurre spese e costi e, di nuovo, anche gli impatti ambientali.

Un Nobel sui cambiamenti climatici

Il Premio Nobel per la Fisica 2021 è stato un premio politico, nel senso più nobile di questo termine. L’Accademia Reale delle Scienze ha infatti deciso di investire della sua autorevolezza lo studio scientifico dei cambiamenti climatici: il premio sottolinea la responsabilità antropica e inchioda Homo sapiens alle sue responsabilità sull’emergenza climatica. Scientificamente, è un premio sulla complessità dei sistemi: climatici (Manabe e Hasselmann) e fisici in senso ampio (Parisi).

Lo scienziato giapponese naturalizzato americano Syukuro Manabe si occupa da oltre quarant’anni di elaborare modelli predittivi sul clima: del 1975 è il suo primo modello tridimensionale. Man mano che la potenza di calcolo dell’informatica è aumentata, anche la capacità degli scienziati di prevedere andamenti climatici di lungo periodo è cresciuta con essa. La fisica del clima, che è un sistema complesso, è riuscita con sempre maggior precisione a rivelare i fattori che agiscono sui mutamenti del clima stesso. I modelli di Manabe seguono il pionieristico lavoro del chimico Svante Arrhenius (premio Nobel 1903) sul ruolo della CO2 come gas climalterante: grazie al lavoro di Manabe si è riusciti a dimostrare anche su un piano fisico-matematico che il biossido di carbonio è protagonista assoluto dei cambiamenti climatici.

Non meno rilevanti sono i contributi di Klaus Hasselmann e di Giorgio Parisi. Il fisico italiano ha studiato a fondo il comportamento dei sistemi complessi anche su scala atomica, riuscendo a fornire una descrizione ordinata e probabilistica di come i sistemi evolvono al modificarsi di alcune condizioni di partenza. Hasselmann dal canto suo ha saputo coniugare meteo – le variazioni a breve termine in atmosfera – e clima – ovvero le tendenze di lungo periodo: oggi sappiamo che le incertezze del meteo, che ci portano a sbagliare la singola previsione a distanza di pochi giorni, non sono per nulla incompatibili con previsioni climatiche estremamente affidabili a lunga scadenza.

Le motivazioni dell’Accedemia Reale certificano poi il peso politico del premio: la metà del premio andata a Manabe e Hasselmann è stata riconosciuta in quanto “hanno quantificato e predetto in maniera attendibile il riscaldamento globale”. Come dire: la scienza ai suoi massimi livelli stabilisce con certezza oltre ogni ragionevole dubbio che Homo sapiens ha una responsabilità diretta dei cambiamenti climatici. Questa responsabilità può essere anche quantificata. Dal 2021, la scienza che studia e quantifica gli effetti delle nostre azioni, come individui e come Stati, è una scienza da Nobel. Con buona pace di negazionismi e distinguo. Non c’è nessun alibi scientifico per non agire subito: questo è il messaggio, fortissimo, che arriva da Stoccolma. Anche se non è certo il primo che la Svezia ha recapitato al mondo.

Ragione e sentimento

Il Nobel per la Medicina a David Julius e Ardem Patapoutian è un premio che sottolinea l’importanza delle conoscenze sul nostro sistema sensoriale. Il lavoro di Julius e Patapoutian si inserisce in un filone teorico che ha anche caratterizzato la filosofia moderna sin dai tempi di René Descartes: Descartes non si limitò a collegare su un piano teorico l’esistenza con il pensiero (sua la celebre frase “penso, quindi sono”), ma indagò per quanto possibile anche la fisiologia del pensiero: se io esisto sarò da qualche parte, e quindi come riesco a pensare e a interagire con il mondo che mi circonda? Descartes propose una teoria basata su “filamenti” periferici del nostro corpo capaci di mandare segnali al cervello: una visione estremamente complessa, che ebbe bisogno di secoli di lavoro per essere compresa appieno. Come riporta anche il comunicato ufficiale sul sito ufficiale dei Nobel, se Descartes è idealmente la tappa di partenza di questa storia e il Nobel a Julius e Patapoutian quella conclusiva, in mezzo c’è il Nobel del 1944 a Joseph Erlanger e Herbert Gasser, che studiarono le fibre nervose. Julius e Patapoutian hanno fatto luce su meccanismi ancora più nascosti, ovvero le dinamiche molecolari sulle variazioni di temperatura e sugli stimoli meccanici percepiti dai nostri recettori.

Se il Nobel per la Medicina è dedicato ai sensi, quello per la Chimica è un tributo all’ingegno umano, a quella ragione celebrata dagli Illuministi come capace di guidarci nell’oscurità. L’organocatalisi di Benjamin List e David W.C. MacMillan è stata premiata proprio in quanto è “una soluzione talmente semplice che ci si chiede come mai non sia stata individuata prima”. Parola di Johan Åqvist, chair del comitato per l’assegnazione del Nobel per la Chimica. L’organocatalisi di List e MacMillan ha reso infatti possibile la produzione su grande scala di molecole fondamentali per la nostra esistenza, dall’industria farmaceutica ai materiali, abbattendo costi di produzione, conseguenti problemi di approvvigionamento e relativo impatto ambientale.

Fino alla fine del XX secolo si pensava che buoni catalizzatori – ovvero sostanze in grado di innescare una reazione chimica – fossero solamente metalli ed enzimi. List ebbe il merito di provare che basta un singolo amminoacido di una proteina per ottenere una reazione, e non l’intero enzima. Se List migliorò l’efficienza degli enzimi, MacMillan lavorò in parallelo riuscendo a far a meno dei metalli grazie allo sviluppo di molecole organiche (da qui organocatalisi) che consentivano di ottenere le reazioni desiderate. Oggi gli studiosi sanno che la soluzione era teoricamente “semplice”, come sottolineato da Åqvist, ma fu la capacità di pensare in modo originale di List e MacMillan che la rese possibile. L’Accademia di Svezia sottolinea anche gli impatti ambientali dell’innovazione di List e MacMillan: l’organocatalisi ha reso la produzione di molecole anche più sostenibile, consentendo di ridurre l’utilizzo di metalli pesanti, inquinanti sia per come si ottengono sia una volta usati.

It’s coming Rome!

Questo Nobel riporterà anche un fisico italiano all’Accademia di Svezia a ritirare il premio esattamente 19 anni dopo Riccardo Giacconi, fisico genovese, che nel 2002 fu premiato per i suoi studi sui raggi cosmici.

Giorgio Parisi è professore ordinario di Fisica Teorica all’Università La Sapienza di Roma. Il premio al suo lavoro consente anche di offrire un doveroso ricordo al suo maestro, ovvero Nicola Cabibbo, che fu il supervisore della tesi di laurea di Parisi nel 1970. Secondo il fisico e divulgatore Guido Tonelli, che sul Corriere ha proposto un corsivo sul Nobel a Parisi, questo premio è una sorta di riconoscimento postumo del grande lavoro di Cabibbo, scomparso nel 2010 senza avere l’onore di ricevere il Nobel.

Allargando lo sguardo a tutte le discipline, l’ultimo italiano premiato prima di Parisi fu il genetista Mario Capecchi. Italiano di nascita, poi naturalizzato statunitense, Capecchi fu insignito del premio Nobel per la Medicina nel 2007 per gli studi di ingegneria genetica sui topi.

Il professor Giorgio Parisi è quindi il ventunesimo italiano a vincere il Nobel, il sesto nella fisica dopo Guglielmo Marconi (1909), Enrico Fermi (1938), Emilio Segrè (1959), Carlo Rubbia (1984) e appunto Giacconi nel 2002. Sei sono anche i premiati nella Medicina e nella Letteratura, mentre gli altri tre ambiti, ovvero Pace, Economia e Chimica vedono un italiano vincitore a testa.

Per l’Università La Sapienza di Roma si tratta del secondo Nobel assegnato a un professore affiliato all’ateneo al momento dell’annuncio del Premio: il primo fu Enrico Fermi nel 1938, che subito dopo il Nobel lasciò l’Università e più in generale l’Italia per gli Stati Uniti.

Nessuna scienziata premiata nel 2021

I Nobel scientifici 2021 non hanno premiato nessuna donna: rimangono quindi 24 le scienziate capaci di vincere l’ambito riconoscimento, per un totale di 25 assegnazioni, visto che Marie Curie fu premiata due volte e in due materie diverse. Una disparità assoluta a favore dei colleghi uomini, che hanno vinto 608 volte un Nobel scientifico. Lo scorso anno furono tre le scienziate “laureate”: l’astronoma Andrea Ghetz e le biochimiche Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna.

Per quanto questioni di rappresentatività siamo ancora ben lontane dall’essere risolte – non solo sul piano di genere, ma anche etnico e dei paesi di provenienza dei vari vincitori, ancora esclusivamente appannaggio dell’Occidente, soprattutto in ambito scientifico – il 2020 aveva rappresentato una controtendenza che aveva fatto intuire una rinnovata sensibilità dell’Accademia Reale Svedese (che assegna Fisica e Chimica) e del Karolinska Institutet (che assegna il Nobel per la Medicina) sulla questione. Eppure, il netto 7-0 a favore di scienziati uomini nel 2021 ha riportato in auge un “cappotto”, detto in termini sportivi, che non si vedeva dal 2019, con 11 uomini su 11 premiati, comprendendo anche Letteratura, Pace e Scienze Economiche.

Andando poi a considerare le tre discipline scientifiche singolarmente, la disparità di genere tra i premiati emerge in maniera forse ancora più deflagrante: in Medicina il bilancio tra premi a uomini e a donne è di 213 a 12, in Fisica di 215 a 4 e in Chimica di 180 a 7.


Leggi anche: 40 anni di risonanza stocastica – intervista a Giorgio Parisi

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Enrico Bergianti
Giornalista pubblicista. Scrive di scienza, sport e serie televisive. Adora l'estate e la bicicletta.