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Organocatalisi: cos’è e perché è valsa un premio Nobel

Il premio Nobel per la chimica quest'anno è stato assegnato a Benjamin List e David MacMillan “per lo sviluppo dell'organocatalisi asimmetrica”.

Lo scorso 6 ottobre è stato assegnato il premio Nobel per la chimica e quest’anno l’ambito riconoscimento è andato ai due chimici Benjamin List e David MacMillan “per lo sviluppo dell’organocatalisi asimmetrica”. Secondo il comitato che ha valutato l’assegnazione, questo particolare tipo di catalisi è stato importante perché “ha avuto un grande impatto sulla ricerca farmaceutica e ha reso la chimica più verde”, cosa non da poco in un momento in chi la chimica è sempre più lanciata verso la ricerca di alternative green ai processi tradizionali. Da questo punto di vista, l’organocatalisi, sviluppata all’inizio degli anni 2000, si è dimostrata nel tempo efficace e versatile in molti campi, in particolare quello farmaceutico.

La catalisi

In chimica, la catalisi è la modifica della velocità di una reazione attraverso l’inserimento, nella reazione stessa, di una sostanza che non si consuma. Questa sostanza, il catalizzatore, può essere di varia natura e agire sia essendo presente nella stessa fase dei reagenti (ad esempio solido-solido o liquido-liquido) o in fase differente (solido-liquido).

A livello industriale, l’uso di catalizzatori è fondamentale e le reazioni chimiche che ne richiedono l’uso in qualche punto del loro stadio sono molteplici.

Principalmente i catalizzatori usati sono metalli (ferro, platino, argento, rutenio, rodio, palladio) oppure ossidi derivati da metalli (ad esempio l’ossido di alluminio, la silice, l’ossido di zinco o di nichel e altri). Molti dei processi fondamentali dell’industria chimica richiedono catalizzatori metallici: è il caso del processo Ziegler-Natta per la produzione di polimeri plastici, in cui si usano composti del titanio e alluminio, o della sintesi del benzene in cui è utilizzato nichel(IV) acetilacetonato, composti metallici di difficile maneggiabilità e, soprattutto, difficilmente smaltibili. Un altro problema non da poco che i catalizzatori metallici presentano è la loro sensibilità all’ossigeno e all’umidità, motivo per cui richiedono condizioni di assenza di queste due variabili e questo non è sempre di facile attuazione su scala industriale.

Un altra importante categoria di catalizzatori sono i biocatalizzatori, principalmente enzimi, proteine particolari che riescono a velocizzare un gran numero di reazioni biologiche e che presentano un alto grado di specificità ed efficienza. Gli enzimi, infatti, lavorano secondo un modello di chiave-serratura, per cui uno specifico sito di reazione dell’enzima presenta una forma adatta a uno specifico reagente, modificandosi e modellandosi continuamente in base alla presenza o meno del substrato.

Uno dei pregi maggiori degli enzimi è quello di essere in grado di catalizzare reazioni chimiche che siano selettive a livello della simmetria della molecola. In natura, infatti, spesso le molecole si presentano sotto forma di enantiomeri, molecole apparentemente identiche ma in realtà speculari, come una mano destra e una sinistra, e che possono avere funzioni ed effetti anche molto diversi fra loro, addirittura opposti. Riuscire a distinguere fra “molecole destre” e “molecole sinistre” è estremamente importante soprattutto nel campo farmaceutico e gli enzimi in questo riescono molto bene, tanto che la ricerca di sempre nuovi enzimi da poter utilizzare negli anni 90 ha subito letteralmente un’esplosione, soprattutto per andare a sostituire i catalizzatori metallici in molte reazioni asimmetriche.

Tuttavia non è affatto semplice progettare e sintetizzare nuovi enzimi; si tratta, infatti, di molecole molto grandi e complesse che hanno bisogno di essere strutturate con grande precisione per funzionare.

L’organocatalisi

Fino al 2000 i catalizzatori in uso appartenevano prevalentemente a queste due categorie, i metalli e gli enzimi. Tuttavia i problemi pratici e ambientali che comportavano facevano propendere verso la ricerca di nuove vie catalitiche da poter utilizzare soprattutto in ambito industriale.

Benjamin List lavorava proprio a questo scopo su anticorpi che fungevano da catalizzatori durante reazioni chimiche che avvenivano nel sistema immunitario di alcuni batteri attaccati da virus. Osservando questi anticorpi iniziò a focalizzarsi sul funzionamento specifico degli enzimi e si chiese se non fosse possibile riprodurre l’effetto catalitico di queste enormi proteine ricostruendo soltanto la specifica porzione dell’enzima interessata dalla reazione chimica. Questo avrebbe permesso di semplificare il lavoro dovendo passare dalla sintesi di una proteina composta da centinaia di amminoacidi, a molecole notevolmente più piccole. Poteva un singolo amminoacido svolgere la stessa funzione di catalizzatore dell’enzima?

Nei primi anni settanta la prolina, un amminoacido, era stata usata con successo come catalizzatore nella sintesi di alcune molecole di origine naturale, tuttavia quel filone di ricerca non era continuato e dopo trent’anni nessuno aveva più intrapreso quella strada. List ipotizzò che il motivo fosse imputabile al fatto che l’esperimento non avesse funzionato particolarmente bene, ma decise comunque di fare un tentativo.

Utilizzò quindi la prolina come catalizzatore in una reazione semplice ma molto importante per la produzione di molecole organiche e, sorprendentemente rispetto a quanti ci si aspettava, i risultati furono ottimi: non solo la prolina era in grado di catalizzare la reazione, ma era anche in grado di discriminarne la simmetria.

Contemporaneamente agli esperimenti di List, anche David MacMillan, in California, era impegnato a lavorare sul modo migliore per catalizzare reazioni asimmetriche usando metalli. Era però anche consapevole che le reazioni chimiche da lui sviluppate erano poco utilizzabili dall’industria a causa dei metalli, costosi e poco maneggevoli.

Pensando quindi alle caratteristiche chimiche dei metalli, MacMillan sviluppò un metodo di catalisi basato su piccole molecole organiche in grado di formare uno ione imminio, uno ione cioè contenente azoto e che può prendere elettroni da altre molecole.

Usò alcune di queste molecole da lui selezionate come catalizzatori in una reazione che doveva formare anelli di carbonio e in reazioni che comprendevano atomi di azoto, riuscendo a produrre sintesi catalizzate e asimmetriche, usando anche per la prima volta il termine Organocatalisi proprio per indicare che i catalizzartori usati sono molecole organiche.

I vantaggi e le applicazioni

I vantaggi dell’organocatalisi rispetto alla catalisi metallica sono molteplici: inannzitutto piccole molecole organiche come quelle utilizzate da MacMillan o la prolina sono molto semplici da ottenere e maneggiare anche su scala industriale; a differenza dei metalli, non richiedono una atmosfera priva di ossigeno o l’assenza totale di tracce di umidità, andando quindi anche ad abbassare i costi di gestione, soprattutto rispetto a metalli come il platino o il rodio, molto più rari; infine si tratta di molecole organiche con un impatto ambientale molto minore.

Rispetto agli enzimi, il vantaggio è sicuramente la facilità di sintesi e maneggiabilità, che deriva dall’avere dimensioni molto più piccole e dall’essere meno sensibili al deterioramento.

Queste caratteristiche, insieme alla capacità di catalizzare reazioni asimmetriche in modo molto efficace, ha reso l’organocatalisi indispensabile soprattutto nel settore farmaceutico, in cui bisogna costruire molecole molto complesse e con una simmetria molto specifica.

Un esempio classico è la sintesi della vitamina E con uno dei catalizzatori studiati da MacMillan, ma anche la sintesi del’Aliskirene, un farmaco ipertensivo molto diffuso e commercializzato nel 2007 da Novartis come Rasilez.


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Immagine: Wikipedia

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Chiara D'Errico
Chimica organica e biomolecolare, studente del Master in Comunicazione della Scienza alla SISSA di Trieste, divoratrice di libri e cinefila a tempo perso. Non riesco a fare niente senza del té nero bollente.