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CULTURA

“Piuttosto che un attimino” (parte II)

CULTURA - (Ecco la seconda parte dell'intervista a Valeria Della Valle, docente di Linguistica italiana alla “Sapienza”, Università di Roma. Qui trovate la prima) Chi ha il potere di dire che una forma considerata un tempo errore si è trasformata a tal punto da essere corretta? I linguisti non danno indicazioni, non dicono cosa sia corretto e cosa sia invece un errore. Nel nostro lavoro noi crediamo in una grammatica descrittiva e non normativa. Di conseguenza possiamo dire che il nostro compito è quello di osservare come è fatta la lingua in uso, analizzando le caratteristiche esistenti e le differenze tra parlato e lingua scritta, senza dare indicazioni in merito. Quello che ho appena detto è tuttavia vero solo in parte, visto che nei testi di grammatica vi sono regole e norme
CULTURA

“Piuttosto che un attimino” (parte I)

CULTURA - La lentezza non è di questo mondo, ma è di sicuro una caratteristica dei cambiamenti linguistici. Il passaggio da errore a regola grammaticale accettata, non solo avviene gradualmente e in tempi molto lunghi, ma difficilmente lo si nota, a meno che non ci si occupi proprio di linguistica. In un recente studio pubblicato su Language, Hendrik De Smet, ricercatore all’Università di Leuven in Belgio, ha approfondito alcuni passaggi graduali con i quali queste modifiche si rafforzano e prendono piede: si tratta di piccoli cambiamenti conseguenti a ciò che li ha preceduti e che trascinano con loro altre modifiche successive, sempre piccole, fino ad arrivare a differenze notevoli tra la forma di partenza e quella di arrivo. Lo studio, che si occupa della lingua inglese, prende in considerazione alcuni elementi grammaticali chiamati downtoners – i nostri diminutivi – e ne traccia il percorso. All but, per citare un esempio, si univa dapprima solo agli aggettivi, poi ai participi passati, avvicinandosi infine ai verbi, con cui ora si accompagna senza destare il sospetto che si tratti di un errore. Alcuni sostantivi, come fun e key – e in italiano “chiave” ha subìto la stessa simile sorte in termini come “il giocatore chiave”, “il ruolo chiave” e così via – sono diventati aggettivi, arrivando addirittura alla forma superlativa nel caso di funnest

L’origine turca dell’Italiano

CULTURA- Le lingue indo-europee sono tra le più parlate al mondo ma dove e quando abbiano avuto origine rimane ancora argomento dibattuto tra gli esperti. Un nuovo studio, condotto da un team internazionale di ricercatori guidati da Remco Bouckaert dell'Università di Auckland, in Nuova Zelanda, getta nuova luce sulla questione. Le lingue indo-europee sarebbero nate in Turchia, tra gli 8000 e i 9500 anni fa, come descritto sull’ultimo numero di Science. Difficile pensare che la lingua celtica, germanica, italica, balto-slava e indo-iraniana (appartenenti, appunto, tutte al ceppo indo-europeo), oggi così diverse, abbiano un’origine comune. Collocare nello spazio e nel tempo la nascita dell’antenato di questi idiomi non è stato compito facile per i linguisti. L’ipotesi più accreditata finora individuava l’origine delle lingue indo-europee nell’odierna Ucraina, circa 6000 anni fa, ad opera dei Kurgan, un popolo nomade responsabile anche della loro diffusione. Solo una minoranza di linguisti, d’altra parte, riteneva fosse l’Anatolia, in Turchia, la culla della nostra lingua.