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AMBIENTE

Nei mosaici, la storia delle specie marine

AMBIENTE - Pescare una cernia bruna (Epinephelus marginatus) di mezzo metro è il sogno di molti pescatori ricreativi, mentre vedere una cernia bruna di un metro durante un visual census in una riserva marina è il sogno di molti biologi. Ma di certo essere inghiottiti da una cernia bruna mentre si fa snorkeling lungo le coste del Mediterraneo non è il sogno (o meglio, l’incubo) di nessuno, tanto è raro questo pesce. In una lettera pubblicata su Frontiers in Ecology and the Environment, due ricercatori italiani (il primo, Paolo Guidetti, lavora presso l’Università del Salento a Lecce; la seconda, Fiorenza Micheli, lavora presso l’Università di Stanford, Stati Uniti) ci fanno sapere che per quanto nelle riserve marine italiane le cernie brune stiano meglio che nelle aree non protette, in passato questa specie era decisamente più abbondante e raggiungeva dimensioni molto maggiori. Lo studio si basa sull’analisi di più di settanta mosaici romani che si trovano in Tunisia, Inghilterra, Francia, Spagna, Italia, Grecia e Libano, risalenti al periodo tra il primo e il quinto secolo dopo Cristo: raffigurazioni di cernie enormi, così grandi da poter inghiottire un uomo (tranquilli, le cernie non attaccano l’uomo, si tratta probabilmente di una licenza artistica), pescate in abbondanza sotto costa con arpioni e canne. Osservazioni corroborate da alcuni scritti di Plinio il Vecchio (Historia Naturalis) e Ovidio (Halieuticon Liber), che narrano di cernie pescate dalla costa, così tenaci da spezzare le lenze, così grandi da essere descritte come “mostri marini”

La ripresa (ittica) è possibile

AMBIENTE - Finalmente una buona notizia. Se è ormai certo che i grandi stock di pesci commerciali sono oggi in declino e al limite della sussistenza, un recente articolo apparso su Nature qualche giorno fa afferma che non tutto è perduto. Secondo lo studio canadese, infatti, bloccare la pesca massiva può ancora permettere un recupero di ecosistemi sovrasfruttati, anche se non è ancora chiaro se si possa tornare all’ecosistema originario. Si tratta di una novità nel campo della conservazione poiché ad oggi ben poco si sapeva sulla possibilità di ripristino di ambienti compromessi e ciò creava ampi dibattiti e dubbi sulla validità di misure di mitigazione come la chiusura alla pesca di aree già compromesse o la reintroduzione di specie in aree che ne sono ormai prive.