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Quando collaborare conviene

yeast-games-1-enlargedLavorare in squadra non è facile, in ufficio come nell’evoluzione. Eppure non è detto che il furbetto dell’ufficio accanto abbia sempre la meglio. Agire solo per il proprio utile, a volte, può essere svantaggioso; almeno biologicamente parlando. E infatti, uno dei più grandi rompicapi dei biologi è capire come il comportamento collaborativo si concili con la teoria dell’evoluzione. La cooperazione sembrerebbe in contraddizione con i principi evoluzionistici: se solamente il più adatto sopravvive, i geni legati al comportamento dell’individuo che lavora per beneficiare la popolazione in cui vive non sarebbero ereditati e quindi, col tempo, il comportamento cooperativo, scomparirebbe. Ma forse non è così. È quanto mostra una ricerca dell’istituto americano MIT appena pubblicata su Nature che risolve il rompicapo come fosse un gioco. Anzi, con la teoria dei giochi.

Un gruppo di scienziati del MIT ha utilizzato i principi della teoria dei giochi per studiare il comportamento delle cellule microscopiche in una coltura di lievito e ha scoperto così che un individuo che beneficia, anche se solo in piccola parte, della cooperazione può sopravvivere anche quando gli individui vicini non collaborano.

Jeff Gore, un giovane ricercatore del dipartimento di fisica del MIT, tra gli autori del lavoro, spiega: “Può sembrare curioso l’utilizzo del lievito per studiare il comportamento cooperativo ma in realtà questi microorganismi sono particolarmente adatti a questo tipo di studio”. A differenza del genere umano, infatti, il lievito non ha emozioni che interferiscono con le scelte razionali e che influenzano il nostro comportamento.

“Le azioni di queste cellule sono guidate unicamente dalla risposta genetica all’ambiente, così applicare la teoria dei giochi alle interazioni biologiche è più semplice di quanto non lo sia per il genere umano ” continua Gore. La teoria dei giochi, tradizionalmente utilizzata dagli economisti e dagli strateghi militari, usa la matematica per predire il comportamento degli individui in certe situazioni.

Gore e il suo gruppo di ricerca, utilizzando i principi di questa teoria, hanno sviluppato un esperimento che analizza il metabolismo del saccarosio del lievito. Il saccarosio non è la risorsa preferita dal lievito ma viene metabolizzato quando il glucosio non è disponibile. Per farlo i microorganismi che popolano il lievito devono secernere un enzima chiamato invertasi, che rompe il saccarosio in zuccheri più piccoli che il lievito può assorbire. Gran parte di questo zucchero viene diffuso lontano ed è disponibile alle altre cellule di lievito nell’ambiente. In questo scenario, il lievito che secerne l’invertasi, è riconosciuto come cooperatore mentre quello che non lo produce e consuma quello prodotto dagli altri è etichettato come imbroglione. Se tutto questo zucchero semplice fosse diffuso lontano allora potrebbe essere vantaggioso barare mentre i cooperatori rischierebbero la morte. Ma i ricercatori hanno scoperto che il lievito cooperatore ha un accesso privilegiato al saccarosio di circa l’1% e questo beneficio ha un peso maggiore del costo per aiutare gli altri. Grazie a questo meccanismo il lievito cooperatore compete con successo contro il lievito imbroglione. Il lievito coopera perché ne ricava un vantaggio per sé stesso e quando la maggior parte della popolazione ha un comportamento collaborativo diventa svantaggioso imbrogliare. Insomma, i risultati della ricerca questa volta sembrerebbero suggerire una morale: quando per vivere, lavorare, nutrirti hai bisogno degli altri, aiutali, che l’evoluzione ti aiuta.

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