Uno studio internazionale è riuscito a ricostruire la forma delle onde gravitazionali prodotte durante il primo minuto di vita dell’Universo, Partecipa alla collaborazione internazionale LIGO-VIRGO anche l’Italia con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN).
La ricerca stabilisce che le onde gravitazionali prodotte dal vagito dell’Universo dovrebbero essere confinate nella banda di 100 Hz di frequenza. Questo pone dei contorni più precisi ai modelli cosmologici, compresi quelli delle superstringhe e della nucleosintesi cosmologica, cioè della produzione di elementi chimici durante il big bang. Le onde prodotte durante il primo minuto dell’Universo sono particolarmente importanti per comprendere l’evoluzione del cosmo primordiale.
Le onde gravitazionali sono previste dalla teoria della relatività generale e dovrebbero venire prodotte quando grandi masse vengono accelerate, per esempio nelle esplosioni di supernove, o nelle prime fasi di vita dell’Universo. Una volte prodotte, le onde viaggiano nello spazio alla velocità della luce e non vengono praticamente influenzate dalla materia che incontrano. Sono quindi estremamente difficili da rivelare. E infatti, finora non sono mai state osservate. Per cercare di catturare le onde gravitazionali si usano degli strumenti chiamati interferometri o antenne gravitazionali.
La ricerca che ha rivelato il profilo delle onde gravitazionali del big bang è stata realizzata da una collaborazione internazionale chiamata LIGO-VIRGO, dove LIGO (Laser Interferometer Gravitational-wave Observatory) è una ricerca statunitense portata avanti con tre interferometri posizionati uno dello stato di Washington, uno nella Louisiana e uno in Germania. VIRGO invece è un interferometro che si trova a Cascina, vicino a Pisa, ed è un prodotto franco-italiano.
I risultati sono stati ottenuti utilizzando i dati combinati di tutti e quattro gli interferometri (i tre di LIGO e quello di VIRGO) di due anni di osservazioni, dal 2005 al 2007, e successivamente elaborati.
La ricerca è stata pubblicata nel numero di oggi di Nature.