Un linguaggio appreso da bambini e poi dimenticato lascia il suo segno in età adulta
L’impressione che rimane è quella di aver perduto tutto: a chi è capitato di imparare una lingua da bambino per poi non usarla più resta la consapevolezza di non ricordare più neanche una parola di quella lingua. Eppure secondo Jeffrey Bowers, Sven Mattys e Suzanne Gage dell’Università di Bristol la lingua appresa in tenera età pur “invisibile” resta in qualche modo latente.
I tre scienziati hanno reclutato dei volontari di madre lingua inglese che però avevano avuto delle esperienze infantili con la lingua Zulu o Hindi. La scelta è caduta su queste due lingue perché contengono fonemi molto difficili da pronunciare per un nativo inglese. Un fonema è la più piccola unità sonora in una parola, che in una lingua determina la differenza con le altre parole. Per esempio in italiano p e b sono due fonemi distinti, perché esistono almeno due parole in italiano (pelle e belle) che differiscono solo per quei fonemi.
Nella prima parte del test i volontari eseguivano una prova di vocabolario nella lingua dimenticata, per misurare se ne fosse rimasta qualche conoscenza. Successivamente gli scienziati hanno insegnato loro a distinguere fra coppie di fonemi che iniziavano parole Hindi o Zulu.
Anche se i partecipanti non ricordavano neanche una parola nella lingua dimenticata erano in grado di imparare a distinguere i fonemi velocemente e con accuratezza. Secondo gli autori questi risultati pubblicati nella rivista Psychological Science, dimostrano che esporre i bambini a una lingua straniera anche se poi non la useranno più ha un impatto permanente sulla percezione linguistica e può facilitare il riapprendimento della stessa lingua in età adulta.