L’Italia non ha rispettato gli impegni di riduzione delle emissioni di gas serra. Alla fine del 2009, le sanzioni per il mancato rispetto del protocollo superano i 2 miliardi e mezzo di euro. Ci sono ancora due anni per rimediare in extremis
42 euro ogni secondo che passa. Pari a 3,6 milioni di euro al giorno. È il debito che l’Italia sta accumulando per il mancato raggiungimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto. Con la firma del trattato, nel 1997, il nostro paese aveva preso un impegno vincolante: ridurre del 6,5% le emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990 entro il 2008-2012. L’inadempienza del compito comporta sanzioni. E l’Italia è messa malissimo. Giunti a metà del quadriennio della “resa dei conti” e a soli due anni dallo scadere dei termini, le emissioni di anidride carbonica sforano la soglia prefissata. La multa accumulata dal 1 gennaio 2008 a fine dicembre 2009 supera complessivamente i 2 miliardi e mezzo di euro, come calcolato in tempo reale dal contatore del sito di Kyoto Club. La cifra è destinata a crescere ancora, a meno di non imprimere un deciso cambio di marcia.
Chi pagherà questa bolletta astronomica? “In parte le industrie, in parte il governo. Ma non si tratta di sanzioni pecuniarie dirette”, spiega Gianni Silvestrini, presidente di Kyoto Club. “La strategia del protocollo non è orientata alle imposizioni di forza, ma alla responsabilizzazione di stati e imprese, anche in vista degli impegni futuri”, spiega. Il principale sistema ideato per regolamentare i livelli di inquinamento delle industrie è la cosiddetta “borsa della CO2”, un vero e proprio mercato delle emissioni dove le aziende che non hanno rispettato i limiti possono comprare quote di emissioni per mettesi in regola. Il prezzo dell’anidride carbonica immessa in eccesso in atmosfera è caro: 100 euro a tonnellata.
Per anni, l’Italia ha sottovalutato il problema climatico, disinteressandosi degli obblighi che pure aveva assunto sottoscrivendo il protocollo di Kyoto. Nel 1990 venivano sparati in atmosfera 516,9 milioni di tonnellate di carbonio e l’obiettivo da raggiungere era pari a 483,3 milioni di tonnellate. Ma dal 1997 fino al 2004 le emissioni sono aumentate, anziché diminuire, fino a un picco del +11% rispetto al 1990, ovvero il 17% in più rispetto all’obiettivo del protocollo di Kyoto. “Negli ultimi anni assistiamo a un calo delle emissioni”, aggiunge Silvestrini. “Nel 2008, sono state del 6% più alte rispetto al 1990 e nel 2009 si sono contratte ulteriormente fino arrivare alla quota di 20 anni fa. Il fenomeno è il riflesso soprattutto della crisi economica, ma si iniziano ad apprezzare anche i primi risultati delle politiche di efficienza energetica e di incentivazione delle rinnovabili”.
A partire dal 2005 infatti sono state messe in atto una serie di misure finalizzate alla riduzione delle emissioni di gas serra, in particolare di incentivazione del fotovoltaico (l’Italia è il quarto paese al mondo per installazioni d ipannelli solari) e di promozione dell’efficienza energetica negli edifici. Malgrado il calo delle emissioni, quella di Kyoto rimane un’emergenza pesante in termini economici, di immagine e di mancate opportunità. Lo evidenzia anche il Climate Change Performance Index 2009, la classifica stilata annualmente dall’Ong Germanwatch e da Can-Europe che esamina le performance di riduzione dei gas serra dei 57 paesi responsabili del 90% delle emissioni mondiali. Il nostro paese si piazza al 44esimo posto, come lo scorso scorso, retrocessa di tre posizioni rispetto a due anni fa. Nonostante il trend di riduzione, a pesare sul deludente voto finale assegnato dal pool di esperti è stata l’inadeguatezza delle politiche in materia di trasporti, energia e edilizia, i settori che più contribuiscono alle emissioni di gas serra.