Ascolta l’intervista integrale di OggiScienza a Giancarlo Parenti
CINEMA – Dopo anni di ricerca in laboratorio, è pronta a partire in Italia la sperimentazione di un nuovo approccio terapeutico contro la malattia di Pompe, rara malattia ereditaria che nelle forme più gravi porta i bambini colpiti a morire già nei primi anni di vita.
Intanto, per una curiosa coincidenza, arriva sugli schermi Misure straordinarie (già nelle sale americane e previsto nelle nostre ad aprile) , il film ispirato alla storia di un uomo “qualunque” – John Crowley – che si dedica completamente alla lotta contro la malattia, per cercare di salvare i due figli affetti.
Il film, in realtà, non l’abbiamo ancora visto ma, al di là di eventuali meriti (o demeriti) cinematografici, ci è parso comunque un’ottima occasione per fare il punto della situazione su una malattia rara studiata con profitto anche nel nostro paese. Anche grazie ai finanziamenti Telethon, che da anni sostengono il lavoro di Giancarlo Parenti, coordinatore di un gruppo di ricerca presso il Tigem di Napoli e professore associato del Dipartimento di pediatria dell’Università Federico II di Napoli.
“La prima svolta importante nella terapia della malattia di Pompe si è avuta una decina di anni fa, con la messa a punto della terapia enzimatica sostitutiva”, racconta Parenti. In pratica, si tratta di somministrare ai pazienti l’enzima di cui sono privi, per via di un’alterazione genetica. Dopo i primi entusiasmi, però, si è scoperto che non tutti i pazienti beneficiano allo stesso modo della terapia. In altre parole, che la strada della ricerca non era finita.
Parenti e collaboratori, in particolare, puntano su una nuova classe di farmaci chiamati chaperones, che sembrano aiutare l’enzima sostituitivo o stimolare un’eventuale residua attività di quello originario. “Probabilmente”, spiega il ricercatore, “il futuro della terapia sarà in approcci che utilizzano diverse strategie contemporaneamente. Proprio come l’approccio che stiamo per sperimentare a Napoli”. Anche Crowley ci crede: non a caso, è presidente di Amicus Therapeutics, compagnia biotech che punta tutto proprio sui farmaci chaperones.