La sezione europea dell’Iucn pubblica oggi le Liste rosse per farfalle, libellule e colettori saproxilici: un’accurata contabilità delle specie in pericolo in Europa.
AMBIENTE – Si dice “a rischio di estinzione” e si pensa immediatamente a grandi creature carismatiche ed esotiche come panda, tigri, o grandi primati africani. Eppure, anche molti insetti rischiano di scomparire, proprio qui e proprio ora. Farfalle e libellule, per esempio, e anche certi coleotteri di cui probabilmente ignoriamo l’esistenza, ma che sono fondamentali per l’equilibrio ecologico dei boschi perché si nutrono del legno in decomposizione di alberi morti (coleotteri saproxilici). A fare il punto della situazione in Europa di questi tre gruppi di animali sono altrettanti studi resi pubblici oggi dalla sezione europea dell’International Union for Conservation of Nature (Iucn) .
Partiamo dalle farfalle, e dai dati. In Europa se ne contano 435 specie, di cui il 9% a rischio di estinzione: le più minacciate sono una farfalla di Madeira (Pieris wollastoni) e una della Macedonia (Pseudochazara cingovskii). Circa un terzo delle specie, comunque, soffre di un evidente declino delle popolazioni. Una condizione che si verifica anche in Italia, come spiega l’entomologa Simona Bonelli dell’Università di Torino: “Noi abbiamo 264 specie di farfalle, e 21 a rischio di estinzione. E’ un’elevata ricchezza in specie, giustificata dalla particolare natura del nostro territorio, che è molto vario. Negli ultimi anni per fortuna non abbiamo perso specie, come è accaduto ad altri paesi europei, ma abbiamo perso molte popolazioni”. Tra le specie più a rischio nel nostro paese Bonelli ne cita due: l’Erebia christi, che vive in pascoli di alta quota, sull’arco alpino, e l’Euphydryas maturna (in foto), che vive solo in alcuni boschi di frassino della provincia di Cuneo.
Le condizioni che mettono a rischio le farfalle son presto dette: perdita e frammentazione di habitat, anche per variazioni nelle pratiche agricole (come l’abbandono dei pascoli), eccessivo sviluppo turistico di alcune zone e cambiamenti climatici.
I cambiamenti climatici sembrano coinvolti anche nel declino delle libellule: estati troppo calde e asciutte tendono a prosciugare i ruscelli e le pozze d’acqua che questi animali hanno bisogno per il loro ciclo vitale. Anche l’intensificazione dello sfruttamento dei corsi d’acqua e il loro inquinamento, tuttavia, non sono esenti da responsabilità. La Lista rossa dell’Iucn Europa dice che delle 137 specie di libellule europee una su sette (il 15%) è in pericolo e in generale una su quattro è andata incontro a un declino numerico.
Analoga la situazione per i coletteri saproxilici: il 14% delle specie ha subito riduzioni di popolazioni e l’11% è a rischio di estinzione. In Italia, per fortuna, la situazione per questi organismi è ancora abbastanza buona. “Ci sono aree, sulle Alpi e sull’Appennino, in cui i coleotteri saproxilici nostrani non hanno subito grosse perdite, perché possono ancora contare sui cosiddetti boschi vetusti, che non conoscono l’intervento dell’uomo”, racconta Paolo Audisio, docente di zoologia all’Università di Roma La Sapienza. “Sono boschi in buona salute, e come tali ospitano una ricca varietà di coleotteri che si nutrono del legname in decomposizione, restituendolo sotto forma di materia organica al terreno”. Secondo l’esperto, tuttavia, questa condizione apparentemente positiva non deve far abbassare la guardia. “E’ importante continuare a salvaguardare aree di una certa estensione in cui i boschi possano svilupparsi senza alcuna ingerenza umana”.