Per la prima volta la multinazionale biotech conferma quello che in India i contadini denunciano da tempo: il cotone BT è una fregatura: è vulnerabile agli insetti e comporta un massiccio ricorso agli insetticidi. Ma dietro la “presa di coscienza” potrebbe nascondersi solo un’operazione di marketing
CRONACA – Di fronte ai campi infestati dagli insetti, gli scienziati della Monsanto non hanno potuto negare l’evidenza: il cotone Bt, geneticamente modificato, non è immune all’attacco dei parassiti. I test di controllo eseguiti nel 2009 in diverse coltivazioni della regione indiana dello Gujarat lo hanno confermato: la varietà di cotone transgenico (nel quale è stato inserito il gene del batterio Bacillus thuringensis, da cui il nome Bt, che produce una tossina contro gli insetti) non conferisce alla pianta la resistenza promessa dai parassiti. Peggio: può aumentare la resistenza degli insetti, rendendoli più aggressivi e nocivi.
È emerso, in particolare, che le piantagioni gm sono prese d’assalto dal “verme rosa del cotone”, la larva di una farfalla che devasta il raccolto come la peste. Una vera beffa per i contadini che spendono di più per comprare ogni anno le sementi coperte da brevetto, spesso indebitandosi fino al collo. In molti si sono rovinati la vita. L’impressionante ondata di suicidi registrata negli ultimi dieci anni tra gli agricoltori delle comunità rurali (si calcola che circa 200 mila si siano tolti la vita) è spesso legata all’impossibilità di assolvere i debiti con le banche per aver investito nel prodotto della Monsanto.
Dopo l’“outing” la multinazionale biotech si è affrettata a specificare che il problema sarebbe isolato alla regione dello Gujarat (ma è curioso che gli insetti si accaniscano esclusivamente sulle piantagioni di quella zona). A propria parziale discolpa, la Monsanto afferma anche che il flop sarebbe dovuto all’uso di semi Bt illegali, piantati prima dell’approvazione del prodotto nel 2002, e dagli errori nelle modalità d’uso. Seppur tra mille distinguo, il fatto resta storico: per la prima volta l’azienda ammette l’inefficacia della tossina Bt in una pianta gm in uno dei campi sparsi per il mondo.
A pensare bene, si può leggere tra le righe una timida presa di coscienza da parte della Monsanto di quanto i contadini indiani denunciano a gran voce da tempo e che studi indipendenti hanno confermato. Ovvero: che la varietà Bt non offre i vantaggi pubblicizzati: è più vulnerabile di quella tradizionale, richiede più pesticidi, e non meno, e ha una resa più bassa del 30%. L’azienda si è sempre smarcata dalle critiche e ha puntualmente contestato questi dati accompagnati da aspre polemiche (che hanno avuto il loro peso nel dibattito che ha portato l’India a dire No alla melanzana transgenica). Ora, sembra ricredersi.
Dicevamo, a pensar bene. C’è chi preferisce far peccato e pensar male. La sortita della Monsanto potrebbe infatti nascondere solo un’operazione di marketing. La stessa rivista Science ha preso con le pinze i dati approssimativi sull’aumentata resistenza del “verme rosa del cotone”, considerando poco rigorose le procedure dello studio. Ma se le evidenze scientifiche non erano così schiaccianti, perché esporsi tanto?
Il sospetto è che l’azienda intenda promuovere con forza un nuovo e più costoso prodotto. È infatti rispetto alla varietà Bollgard I, la prima entrata in commercio e che oggi ricopre l’83% delle coltivazioni di cotone indiane, che l’insetto ha sviluppato resistenza. Ma la Monsanto ha precisato che è già disponibile una nuova tecnologia che funziona a meraviglia: si chiama Bollgard II, il cotone Bt di seconda generazione, con due tratti genetici antiparassitari, anziché uno. Et voilà: dopo il problema, la soluzione. Obiettivo dichiarato è convertire l’80% dei coltivatori indiani a usare il nuovo cotone entro la fine del 2010. L’India è il secondo produttore al mondo e uno dei mercati più ghiotti della Monsanto.
Secondo alcuni scienziati, l’alternativa getta solo altro fumo negli occhi: “Il Bollgard II non produce tossine aggiuntive per combattere il verme rosa”, ha detto un esperto del Centro indiano dell’agricoltura sostenibile. “È solo un prodotto nuovo che richiederà alla larva più tempo per sviluppare la resistenza. Inoltre, la tossina Bt è attiva solo per 90 giorni mentre il verme rosa infesta nella tarda stagione”.
Se davvero lo scopo di riconoscere i limiti del cotone Bt era aumentare le vendite di altre sementi, Monsanto potrebbe aver fatto male i suoi calcoli. In India si è alzato un polverone che ha rinfocolato gli attivisti anti-Ogm. Che ora chiedono al governo una moratoria di 10 anni all’utilizzo in campo aperto delle biotecnologie geneticamente modificate.