Si chiama Agata. È una sfera di cristalli che riesce a fare qualcosa finora impossibile: seguire il decadimento radioattivo di nuclei “esotici” mentre sprigionano fotoni di altissima energia. Inaugurato il primo “spicchio” nel polo INFN di Legnaro. Importanti le ricadute per la medicina nucleare.
NOTIZIE – “È come se finora avessimo osservato una scena d’azione attraverso il buco della serratura. Ora finalmente potremo spalancare la porta e goderci lo spettacolo”. Così Daniel Napoli, ricercatore dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN) descrive il salto tecnologico di AGATA (Advanced Gamma Tracking Array), il super rivelatore di raggi gamma di prossima generazione.
Si tratta di una sfera di cristallo cava del diametro di un metro circa, con 180 “occhi” esagonali di germanio purissimo. Con questi sensori speciali, AGATA sarà in grado di tracciare il processo di decadimento radioattivo dei nuclei cosiddetti “esotici”. Nuclei dalla vita brevissima, così instabili da cambiare identità in un baleno, trasformandosi in altri atomi. Nella loro metamorfosi sprigionano radiazione gamma, cioè fotoni di altissima energia. AGATA farà quello che finora non era mai stato possibile: seguire queste reazioni nucleari come una telecamera. (Guarda l’infografica).
Per il momento il super rivelatore è ancora in fase di costruzione. È un progetto internazionale ambizioso al quale lavorano da 15 anni più di 200 scienziati sparsi in 45 istituzioni e 13 paesi differenti. Ma è entrato in funzione il primo “spicchio del pallone”, inaugurato oggi presso i Laboratori nazionali di Legnaro (Padova) dell’INFN. Un prototipo dimostrativo che lascia intuire le straordinarie potenzialità di quello che rappresenta il più grande sviluppo tecnologico nella spettroscopia nucleare degli ultimi 30 anni.
“Questa macchina consente di fare misurazioni dei raggi gamma in maniera completamente nuova”, spiega Napoli, membro della collaborazione italiana di AGATA. “Siamo di fronte a una tecnologia che promette importanti ricadute non solo per la fisica e l’astronomia, ma anche nel campo della medicina nucleare”.
Ma come funziona questo rivelatore, e cosa rivela esattamente? “AGATA studia nuclei atomici molto particolari con valori estremi di protoni e neutroni. Non esistono nuclei del genere sulla Terra, dobbiamo ricrearli in laboratorio. Si formano infatti all’interno delle stelle, in quella fornace da cui scaturisce la materia di cui siamo fatti e sopravvivono pochi milionesimi di secondo prima di decadere in atomi più stabili”, prosegue il ricercatore. “Con AGATA riusciamo a osservare i raggi gamma emessi nel decadimento radioattivo. A differenza degli altri rivelatori, che si limitano a misurare l’energia della radiazione, AGATA riesce a fotografare la direzione e la traiettoria dei raggi, come farebbe una videocamera. Non ci sarà, quindi, più bisogno dei collimatori, che registrano i raggi quando questi, per casualità, entrano nel forellino del rivelatore stesso”.
AGATA aprirà nuove finestre nel campo dell’astrofisica, perché consentirà di scutare nel dettaglio cosa accade esattamente nella fucina delle stelle. Ma in futuro avrà importanti ricadute mediche perché consentirà esami diagnostici, come la PET, più accurati, veloci e meno invasivi. Grazie alle caratteristiche del super rivelatore, infatti, ogni paziente potrà essere sottoposto a una PET con un precisione altissima, cento volte superiore all’attuale, e con una dose di farmaco radioattivo nettamente inferiore: sarà immediato cogliere i raggi gamma. In un sol colpo. Inoltre, AGATA potrà rendere più efficaci i controlli per la ricerca di materiali radioattivi, ad esempio nel traffico delle merci.