Segnalo alla guardiana delle bufale questa straordinaria svista, oggi in home page del Corriere della Sera. Le famose 39 tartarughe, definite “giganti del mare” nell’articolo che accompagna la galleria di immagini, sono in realtà tartarughe di terra. Si tratta in particolare della specie Geochelone elephantopus, uno dei simboli delle isole Galápagos: infatti il nome stesso delle isole, Galápagos, deriva proprio dal nome spagnolo di questi animali, che, comunque, in acqua non mettono piede.
La tartaruga delle Galápagos è la più grande tartaruga terrestre vivente sul pianeta. Può raggiungere l’eccezionale peso di 270 chilogrammi e la lunghezza di 122 centimetri. Oltre a essere grandi sono anche molto longeve: molte storie raccontano di tartarughe più vecchie di 200 anni. Non sappiamo se questo sia vero, ma siamo sicuri che vivono oltre i 100 anni.
Lo scudo che protegge il corpo (carapace) è una struttura robusta, costituita da piastre ossee ben saldate alle vertebre e alle costole. Osservando bene gli scudi cornei a partire da un’aureola centrale, si vedono dei solchi concentrici: ogni solco rappresenta la crescita di un anno e, contando il numero di solchi, si può quindi risalire all’età della tartaruga.
Sulle Galápagos si sono evoluti diversi tipi di carapace, che variano nella forma e nel disegno a seconda dell’isola. I due principali tipi di carapace appartengono a tartarughe che abitano ambienti molto diversi: il tipo “a sella” vive nelle zone aride ed è più piccolo del secondo, detto “a cupola”. Le tartarughe a sella, come quelle su Pinzón ed Española, hanno il carapace un po’ rialzato sul davanti e sono molto più aggressive tra di loro rispetto a quelle a cupola, perché dove vivono loro il cibo e l’acqua sono limitati. Le tartarughe a cupola sono più simili alle altre tartarughe di terra che si trovano nel resto del mondo, e vivono nelle zone umide ricche di vegetazione, acqua e ombra. Quando camminano nel folto della foresta, il loro carapace chiuso davanti e dietro le protegge da eventuali graffi e ferite.
Le tartarughe delle Galápagos sono animali erbivori. Mangiano qualunque vegetale disponibile sulle isole. Addirittura mangiano anche le foglie dei cactus di cui non temono le spine. Non hanno denti. Le mascelle sono rivestite da una lamina cornea che forma un becco particolarmente tagliente con il quale strappano grossi bocconi che ingoiano interi. Hanno una digestione molto lenta. Il cibo può infatti impiegare fino a 10 giorni prima di essere digerito completamente.
Dopo l’accoppiamento, che per le tartarughe è una faccenda lunga e rumorosa, le femmine costruiscono il nido. Le tartarughe a sella costruiscono quattro o cinque nidi nel corso di un anno e vi depongono in media sei uova. Le tartarughe a cupola invece scavano due o tre nidi ogni anno e vi depongono fino a 20 uova per nido. Il nido viene costruito con estrema lentezza (anche alcuni giorni): con le zampe posteriori la tartaruga scava una buca profonda circa 30 centimetri, dove tra giugno e settembre vi depone le uova, che accuratamente ricopre e spruzza con orina e con un liquido vischioso per sigillare e proteggere il nido. Dopo circa 160-240 giorni di incubazione, tra dicembre e aprile le uova si schiudono e le piccole tartarughe, del peso di circa 80 grammi (2500 volte più leggere della madre), escono dal nido e si nascondono nella vegetazione. Il sesso delle tartarughine dipende dalla temperatura: se fa caldo nascono delle femmine, se fa freddo nascono dei maschi.
I maschi delle tartarughe a cupola, che sono grandi il doppio delle femmine, stanno sugli altipiani mentre le femmine preferiscono migrare verso la costa per deporre le uova, dove la temperatura più calda è più adatta all’incubazione.
Le tartarughe hanno sofferto molto a causa dell’uomo, che le ha cacciate e mangiate per molto tempo. Oltre alle Galápagos c’è un unico posto al mondo dove vivono le tartarughe giganti, l’isola indiana di Aldabra che ospita una comunità dieci volte maggiore che alle Galápagos. Una volta le Galápagos ospitavano circa 200.000 tartarughe suddivise in 14 sottospecie, mentre oggi sono meno di un decimo, e sono estinte su Floreana, Santa Fé, Fernandina e Rábida.
Penso che se fossero effettivamente “liberate nelle acque dell’isola Pinta”, come si dice nell’articolo, affonderebbero come piombi.
Altre informazioni sull’allevamento e la reintroduzione in natura delle tartarughe giganti si possono leggere sul sito del Parco Nazionale delle isole Galápagos.