Galapagos, il cambiamento climatico che (per ora) aiuta la conservazione
Le modifiche climatiche hanno ampliato l'area nella quale i pinguini delle Galapagos si nutrono e si accoppiano, facendo aumentare la loro popolazione
AMBIENTE – I pinguini delle Galapagos (Spheniscus mendiculus) sono considerati i pinguini più rari del pianeta, oltre a essere gli unici dell’emisfero settentrionale. Arrivati al 2000, dopo una serie di fenomeni climatici distruttivi e l’introduzione di cani, gatti e altre specie sulle isole, la loro popolazione era crollata a poche centinaia di individui, garantendo a S. mendiculus un triste ingresso nella Lista Rossa IUCN come specie a rischio di estinzione.
L’aspetto più interessante emerso ora dopo decenni di studi è che, grazie alle modifiche degli alisei e delle correnti oceaniche dovute (anche) al cambiamento climatico, questi uccelli stanno finalmente riuscendo a riprendersi. Il tutto, spiega un articolo da poco pubblicato su Geophysical Research, Letters grazie alla progressiva espansione di una “pozza” d’acqua nella quale i pinguini delle Galapagos si spingono per cercare cibo e accoppiarsi. Espansione che, stando all’avanzare del riscaldamento globale, potrebbe continuare.
La maggioranza di questi pinguini vive nelle isole dell’arcipelago che si trovano più a Ovest, Isabela e Fernandina, dove si nutrono dei pesci che vivono in questa pozza alimentata dalla corrente oceanica chiamata Sottocorrente Equatoriale (che scorre a circa 50 metri sotto la superficie). Quando la corrente raggiunge le due isole, l’acqua risale e in superficie arriva quella più fredda e ricca di nutrienti.
Negli ultimi 30 anni, spiegano i ricercatori (che hanno portato avanti lo studio sui dati a partire dal 1982), questa corrente è andata gradualmente cambiando ed è stata “spinta” sempre più a nord per circa 35 chilometri, permettendo alla pozza di ingrandirsi (con conseguente aumento del phytoplankton e dei pesci che vi si trovano) e ai pinguini delle Galapagos di raddoppiare, superando nel 2014 i mille individui.
Le coste a nord-ovest di tutte queste isole potrebbero negli anni diventare sempre più abitabili proprio grazie a questi cambiamenti progressivi, permettendo anche ad altre specie come iguane e lontre marine di aumentare di numero. Oppure, al contrario, la situazione potrebbe fare retromarcia e le correnti e i venti tornare alle condizioni di un tempo, facendo nuovamente crollare la popolazione di pinguini.
Di questa scoperta, nel frattempo, si può fare un ottimo punto di partenza per implementare le strategie di conservazione di S. mendiculus, per esempio ampliando l’area marina protetta che lo ospita verso Nord. “Il cambiamento climatico comporta molte novità e aumento di stress per gli ecosistemi, ma la biologia a volte ci sorprende”, commenta K. B. Karnauska, primo autore della pubblicazione. “Potrebbero esserci dei luoghi, piccoli ‘avamposti’, dove gli ecosistemi potrebbero addirittura prosperare per via del riscaldamento globale. Per coincidenza”.
“Certo è importante concentrarsi sull’impatto sulla larga scala, quando parliamo di cambiamento climatico”, conclude Michelle L’Heureux, esperta di clima al National Oceanic and Athmospheric Administration’s Climate Prediction Center di College Park, Maryland, non coinvolta nello studio. “Ma in realtà è sulla piccola scala che le conseguenze si sentono e contano, per gli animali e le piante che ne vivono l’impatto”.
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