Il papà di Dolly ci riprova: al via un promettente progetto di ricerca a base di staminali embrionali
NOTIZIE – Un progetto da 800.000 sterline (quasi 950.000 euro) per studiare l’atrofia muscolare progressiva con la controversa tecnica degli embrioni ibridi. Il team guidato da Sir Ian Wilmut (sì, proprio lui, quello che ha clonato la pecora Dolly) ha dato via all’ambizioso progetto di ricerca che intende comprendere a fondo i meccanismi biologici della malattia al fine di mettere a punto trattamenti per rallentare (ed eventualmente fermare e porre rimedio ai danni) la malattia.
Nell’atrofia muscolare progressiva i neuroni del cervello e del midollo spinale che controllano la muscolatura progressivamente muoiono. Metà dei pazienti vivono solo fino a 3 anni dall’insorgenza della malattia, anche se esistono casi celebri come il fisico inglese Stephen Hawking che oggi ha 68 anni (la malattia gli è stata diagnosticata a 21). Le persone progressivamente restano paralizzate fino ad aver bisogno di un polmone artificiale per respirare.
Wilmut intende creare delle cellule staminali che portino un gene associato con la malattia, usando la tecnica degli embrioni ibridi: una cellula epidermica del paziente viene fusa con un ovocita animale a formare un embrione in uno stadio precoce. Da questi embrioni possono essere raccolte cellule staminali e fatte cresce fino a diventare cellule nervose predisposte a sviluppare la malattia.
Wilmut ha già eseguito dei test con la tecnica delle staminali pluripotenti indotte (più semplice e meno controversa), in cui delle cellule somatiche adulte vengono riprogramate chimicamente a uno stato staminal-simile. Ora spera di compiere notevoli passi in avanti con la nuova tecnica (più potente e flessibile)
Wilmut spera di poter osservare come le cellule iniziano a morire e come la malattia si diffonde nel sistema nervoso. Sarà anche possibile testare dei farmaci direttamente sulle cellule. “Rallentare la malattia è il nostro primo obiettivo, fermarla il secondo, e il massimo sarebbe riparare e ristabilire le funzioni perse,” ha commentato Siddharthan Chandran, uno dei membri del team dell’Università di Edimburgo.