POLITICA – Ecco la dichiarazione di Arturo Falaschi, attualmente professore di Biologia molecolare alla Scuola Normale di Pisa.
“La prima reazione è stata l’indignazione. È vero che questo governo e i governi precedenti si riempiono la bocca con discorsi sull’importanza della ricerca scientifica, ma quando si deve tagliare partono sempre dalla cosa più sacrificata, che è appunto la ricerca scientifica.
Il discorso specifico è complesso e ha bisogno di una maggiore articolazione. Non sono in grado di valutare la maggior parte delle stazioni di ricerca dell’elenco, in particolare tutte quelle che riguardano ambiti alimentari, tecnici, tessili ecc. Alcune di queste dovrebbero, magari, essere effettivamente chiuse. Tuttavia non si riesce a capire il criterio alla base delle scelte: se sono delle stazioni sperimentali vere per l’industria alimentare, per il vetro, per la seta o quant’altro non vedo perché debbano passare sotto le Camere di Commercio che sono enti che nulla hanno a che fare con la ricerca. Dovrebbero piuttosto andare sotto un ente di ricerca o sotto un ministero che si occupa di queste cose. In quanto stazioni sperimentali il loro compito dovrebbe essere di studiare il modo migliore per fare certi processi, e c’è sicuramente della ricerca tecnologia legittima e interessante che si può fare in tutti questi campi. La domanda è: la fanno? Se sì, non devono stare sotto la Camera di Commercio. Se non la fanno, allora vanno chiuse veramente. Ma io, in questi settori, non sono in grado di valutare.
Nella lista sono compresi altri istituti che conosco. Per esempio, la gloriosa Stazione zoologica Anton Dohrn non sarebbe sbagliato portarla sotto un’amministrazione più ampia. Non si capisce però perché la Stazione zoologica debba andare al MIUR mentre altri istituti simili vadano al CNR o vi siano già. La cosa logica, e doveva essere così già da prima, è che anche la Stazione zoologica sia compresa nel CNR.
A certe condizioni però. Come capacità organizzativa e risorse disponibili il CNR è al lumicino, e non ce la fa nemmeno a gestire quello che ha attualmente. Se questo provvedimento serve solo a risparmiare su certe spese amministrative, e non si appaia a un miglioramento delle funzioni del CNR non serve assolutamente a niente, anzi può solo far danno. Non vedrei niente di male che il CNR inglobasse queste istituzioni, anzi penso che sia stato un errore tenere fuori dal CNR la Stazione zoologica o l’INAF, l’INDAM e lo stesso OGS, purché il CNR venga dotato degli strumenti per fare ricerca, per amministrarla bene, e per fare una valutazione seria dell’attività scientifica. Attualmente gli istituti del CNR non hanno neanche un consiglio scientifico che indirizzi, orienti e valuti la qualità delle attività, e non pare che l’ente se ne preoccupi minimamente. Ciò non toglie che ci sia tanta gente, direi almeno il 30-40%, che lavora bene, molto seriamente, e riesce a ottenere buoni risultati, sebbene in condizioni infinitamente più difficili degli altri paesi industrializzati e con disponibilità di fondi nettamente minori.
Il CNR dovrebbe acquistare la serietà per valutare bene la qualità degli Istituti, assicurare loro una consulenza scientifica seria e un monitoraggio il più possibile imparziale, quindi internazionale, dell’attività scientifica che svolgono. E questo incoraggerebbe quelli che lavorano bene. So che l’ente ha iniziato un’attività di valutazione di questo tipo, ma rischierà di essere inutile o dannosa se non si associerà a un rafforzamento dell’organizzazione complessiva dell’attività di ricerca, a un netto incremento del sacrificatissimo bilancio, e una chiara politica di assegnazione delle risorse che premi gli Istituti e i ricercatori meritevoli invece di quelli che hanno un santo in paradiso.
Se poi, come sembra, nella nuova amministrazione — MIUR, CNR, Camere di Commercio — verranno inglobate solo le persone con un contratto a tempo indeterminato, questo sarebbe un grave danno per la ricerca. Non avere un contratto a tempo indeterminato non ha a che fare con la qualità del proprio lavoro: bisognerebbe quindi partire da una valutazione scientifica. Altrimenti non si tratta di una razionalizzazione ma di un taglio dell’attività di ricerca. Invece di incoraggiare la ricerca scientifica, cosa necessaria in un paese come il nostro, questo significherebbe una riduzione. Ormai il grosso delle persone che fanno ricerca è precario, per usare un vecchio termine, e se si tagliano tutti i precari si danneggiano fortissimamente gli enti di ricerca.
Il segnale che viene trasmesso con questa manovra è: se si deve cominciare a colpire si comincia dalla ricerca scientifica senza un’analisi del merito e della qualità. Ed è un segnale molto preoccupante.”