Da OGS a CNR: un cambiamento che determinerebbe perdita di efficienza e di operatività
Riceviamo questo commento da Paola Del Negro dell’OGS e volentieri pubblichiamo
POLITICA – La mobilitazione in OGS è completa e coinvolge tutto l’Istituto, dal Presidente al Direttore generale, dal personale scientifico a quello tecnico amministrativo. Tutti sono disorientati dalla manovra finanziaria. Non si capisce come mai gli accorpamenti avvengano nel momento in cui il processo di riordino in atto, che dovrebbe concludersi in agosto, sta ridefinendo le mission e gli statuti di tutti gli enti nazionali di ricerca proprio al fine di razionalizzare le risorse e migliorare l’efficienza e la produttività.
In assoluto non siamo contrari alle riforme ma ci preoccupano le modalità di una manovra che non sembra essere guidata dalla strategia di riordino poichè si sovrappone ad essa e la vanifica nei fatti. La struttura del CNR è complessa, mastodontica, e, come è di moda dire, romanocentrica. OGS è caratterizzato da una struttura fluida, il presidente è in sede, è raggiungibile sempre. L’amministrazione centrale è vicina ai dipartimenti e lavora con loro, in sinergia. Il legame storico con il territorio è molto forte sia per quanto concerne la previsione dei terremoti, il rischio sismico, le frane, ma anche per tutte le problematiche legate al mare. E tutto questo senza tralasciare l’internazionalità, l’interesse per le aree polari, i rapporti con la slovenia e la croazia. Far confluire tutto questo in una grande struttura, senza un’organizzazione precisa, una strategia concordata, può diluire il tutto facendo perdere consistenza a queste eccellenze regionali. Ma non si parla di decentramento? Perchè non pensare ad un accorpamente su scale ridotte, ad esempio locali? Ma tutte le strategie possono essere valide se supportate da una discussione, un’idea che non sia meramente economica.
Ma detto questo, quanto si risparmierebbe? OGS è un ente virtuoso, lo stato finanzia prevalentemente il personale di ruolo mentre le altre spese sono supportate dalle commesse. E il costo del personale di ruolo non diminuisce con i trasferimenti da un ente all’altro, non è comprimibile. Di certo ci sarebbe una perdita di efficienza e di operatività che potrebbe compromettere l’aquisizione di commesse esterne e, di conseguenza, anche la possibilità di offrire occupazione a giovani laureati e non. Per la Regione Friuli Venezia Giulia rappresenterebbe poi una considerevole perdita di prestigio.