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Guarda come dondola (il Campanile di Val Montanaia)

SPORT - È assolutamente in salute. Il Campanile di Val Montanaia, una guglia naturale alta 300 metri e con una base di 60 metri che si trova nel comprensorio della Val Cimoliana e che è conosciuto da ogni alpinista che si rispetti, nonostante ondeggi lievemente, è stabile. Ci teniamo subito a tranquillizzare tutti gli scalatori. Creato grazie all’erosione dei ghiacciai che ricoprivano la valle fino a 10 mila anni fa, questo gigante fatto di Dolomia Principale interessa molto, però, i geologi e i sismologi dell’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (OGS). Tanto che quattro di loro, in un'iniziativa che sta a metà tra una gita tra amici e una spedizione scientifica, hanno scalato il celebre monolito con strumentazioni alla mano, per vedere se oscilla, esattamente come accade alle strutture artificiali, oppure no. La zona, si sa, è interessata da movimenti sismici e soprattutto dopo il 9 giugno scorso, quando una scossa di M4.3 vicino a Barcis ha allarmato la popolazione locale, si temeva una possibile riattivazione del “Crep de Savath” (una frana incombente su Cimolais) e possibili lesioni al Campanile. Così Livio Sirovich, Massimo Giorgi, Franco Pettenati e Stefano Picotti hanno deciso di prendere il Campanile “di petto” e sono partiti alla volta della parete, armati di corde d'arrampicata e materiale utile allo studio dei movimenti: “Ci siamo chiesti come oscilli questa guglia e quale sia il suo stato di salute rispetto alle vicine zone. Perciò ci siamo attrezzati con due tomografi digitali (misuratori di vibrazioni spontanee di bassa intensità), e ci siamo divisi i compiti – spiega Massimo Giorgi –. Insieme a Pettenati e Picotti abbiamo effettuato la scalata della parete sud, fermandoci in una decina di 'stazioni' di misurazione. Per ogni misura ci sono voluti almeno 20-25 minuti, quindi ci abbiamo impiegato circa sette ore per la scalata. Nel frattempo Sirovich si occupava delle misure alla base e attorno al Campanile”

Spending review, enti a Rischio: lettera dal presidente di OGS

CRONACA - Diffondiamo una lettera ufficiale in cui il direttore dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale (OGS), Cristina Pediccchio, esprime preoccupazione per la Spending Review (il piano di tagli alla spesa pubblica) messa a punto dal Governo Monti in questi giorni. La manovra rischia infatti di far saltare più di un ente di ricerca (vi ricorda qualcosa?). Le voci che circolano sostengono che il finanziamento ordinario delle università sarà ridotto di 200 milioni (ma alle escuole non statali invece verranno erogati appunto 200 milioni). il Cnr, l'Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) e l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) saranno "rioganizzati" mentre direttamente "soppressi" saranno l'Istituto nazionale di ricerca metrologica, la Stazione zoologica Anton Dohrn, l'Istituto italiano di studi germanici, l'Istituto nazionale di alta matematica, l'Istituto nazionale di astrofisica e il Museo storico della fisica e centro di studi e ricerche "Enrico Fermi", e appunto, L'OGS. Il Governo smentisce, però. Attendiamo di avere la bozza della manovra in versione originale per darvi conferma. Intanto ecco il testo del presidente di OGS. riportiamo qui in versione integrale il testo della lettera Spending review e ricerca Tutti i paesi progrediti investono in modo intelligente in ricerca e innovazione e soprattutto in risorse umane dedicate alla “conoscenza”. Sembra che per l’Italia invece la ricerca rappresenti un settore minoritario da “buttare nella spending review” con grande leggerezza e senza alcuna oggettiva motivazione

Sotto al terremoto

CRONACA - L’Emilia Romagna da dieci giorni è colpita duramente dal terremoto. La scossa più grande è avvenuta lo scorso 20 maggio, poi una serie di assestamenti e questa mattina alle nove una nuova scossa notevole (di magnitudo 5.8). Oggi si sono poi susseguite diverse scosse sopra i 5 di magnitudo. Le conseguenze sono pesanti: numerosi crolli, morti e feriti, la vita dei cittadini sconvolta. Che cosa sta succedendo sotto le province di Modena e Ferrara, zone che fino a poco fa erano ritenute a basso rischio sismico? “l’Appennino è in situazione di collisione contro la parte inferiore della Pianura Padana, in pratica la pianura si sta infilando al di sotto dell’Appennino e per la maggior parte le pieghe che sono sepolte nella bassa Pianura Padana, le pieghe legate a questa compressione, si stanno rompendo per far salire delle colline seppellite.” Così ci ha spiegato Laura Peruzza, sismologa dell'OGS di Trieste che si occupa proprio di pericolosità sismica.

Due scosse vicine ma scollegate

CRONACA - Stanotte una scossa nel veronese, alle 0.54, magnitudo 4.2; questa mattina nel parmense, alle 9.06, di magnitudo 5.1. Casualità? Pare sì, come ci spiega Pierluigi Bragato, sismologo del centro di ricerche sismiche dell'OGS. Le due scosse non sarebbero collegate e ciscuna di esse rientrerebbe in una sequenza sismica diversa. Bragato inoltre spiega come mai la scossa di Parma si è sentita anche molto lontano, ma per fortuna i danni sono stati minimi, non più di qualche calcinaccio caduto. Ascoltate l'intervitsta!

Vajont: studiare il passato per migliorare il futuro

NOTIZIE - La sera del 9 ottobre del 1963 circa 300 milioni di metri cubi di terra e roccia si staccarono dal versante settentrionale del monte Toc per franare nel bacino artificiale sottostante creato dalla diga del Vajont. Quello che seguì fu molto simile alle immagini dello tsunami che abbiamo visto nei mesi scorsi in televisione. Si sollevò una massa d'acqua che diede origine a due ondate che travolsero persone e case, distruggendo interi centri abitati. Una tragedia che ha causato 1910 vittime e che è ancora viva nella memoria grazie anche a spettacoli come quello di Marco Paolini. Oggi i ricercatori dell'Università di Padova e dell'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS) di Trieste hanno avviato un progetto congiunto per esamimare l'area della frana e dei dintorni da un punto di vista elastico-acustico, con tecnologie più moderne di quelle usate in passato. Lo scopo è di ottenere un modello 3D in grado di descrivere la caduta e la deformazione del terreno, fornendo indicazioni sulle caratteristiche di elasticità delle rocce e del terreno franato. Le ricadute di questo progetto potranno essere applicate non solo al Friuli Venezia Giulia e al Veneto, regioni direttamente coinvolte, ma anche ad altre zone colpite da dissesto idrogeologico, infatti ci sono aree di grosse masse rocciose instabili su tutto l'arco alpino. Per capire meglio come lavoreranno i ricercatori, abbiamo intervistato Massimo Giorgi, ricercatore del Dipartimento di Geofisica della Litosfera, responsabile scientifico del progetto per l'OGS, che lavorerà al modello assieme al collega Roberto Francese e al gruppo padovano guidato da Rinaldo Genevois.

Da OGS a CNR: un cambiamento che determinerebbe perdita di efficienza e di operatività

La mobilitazione in OGS è completa e coinvolge tutto l'Istituto, dal Presidente al Direttore generale, dal personale scientifico a quello tecnico amministrativo. Tutti sono disorientati dalla manovra finanziaria. Non si capisce come mai gli accorpamenti avvengano nel momento in cui il processo di riordino in atto, che dovrebbe concludersi in agosto, sta ridefinendo le mission e gli statuti di tutti gli enti nazionali di ricerca proprio al fine di razionalizzare le risorse e migliorare l'efficienza e la produttività
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