Raccolti a rischio per la carenza di impollinatori: il Regno Unito vara un’iniziativa per comprendere i motivi della crisi
NOTIZIE – L’”allarme api” è stato lanciato in tutto il mondo già qualche anno fa. Oggi il declino degli insetti impollinatori (selvatici e domestici) sembra inarrestabile, ed è accompagnato da un altrettanto inarrestabile declino delle specie floreali selvatiche. Per comprendere i motivi di questa crisi, ma soprattutto capire come fiori e api siano collegati nasce nel Regno Unito la Insect Pollinators Initiative.
Gli scienziati non danno infatti per scontato che la diminuzione della biodiversità delle specie vegetali dipenda dal minor numero di impollinatori (fondamentali per la riproduzione). Potrebbe anche darsi il contrario, e i ricercatori inglesi sono intenzionati a scoprirlo. L’iniziativa prevede nove progetti di ricerca distinti e un finanziamento di circa 12 milioni di euro (dieci milioni di sterline) spalmato su cinque anni.
L’argomento non è interessante solo per la difesa dell’ambiente e della biodiversità. Ha infatti un enorme peso economico. Molte specie agricole dipendono per la loro riproduzione dagli insetti impollinatori che garantiscono la fecondazione trasportando il polline (gamete maschile) sugli ovari (dove è contenuto l’uovo, il gamete femminile) di un altro individuo. Senza l’azione impollinatrice le piante non possono riprodursi.
Gli esperti hanno calcolato che se dovessero sparire tutti gli insetti impollinatori nel solo Regno Unito il danno economico sarebbe di più di 500 milioni di euro ogni anno (circa il 13% prodotto agricolo britannico)
I progetti varati dall’iniziativa intendono indagare la relazione di causa-effetto fra le specie vegetali e gli insetti, e mettere a punto strategie per ribaltare il trend negativo attuale. “Determineremo quali impollinatori, selvatici e domestici, contribuiscono all’impollinazione dei raccolti che dipendono dagli insetti per la riproduzione e indagheremo anche se la scarsità di impollinatori limita la produzione agricola nel Regno Unito,” ha commentato Koos Biesmeijer, un ricercatore dell’Università di Leeds coinvolto nei progetti.