CRONACA – Tempo di bilanci per ViroLab, progetto europeo che ha permesso la costituzione di un’immensa banca dati relativa ai pazienti sieropositivi: un laboratorio virtuale per studiare meglio la malattia e trovare le terapie più adatte per ciascun paziente.
Ascolta l’intervista integrale di OggiScienza a Simona Di Giambenedetto .
L’idea è venuta a Peter Sloot, ingegnere, docente di scienze computazionali all’Università di Amsterdam: perché non raccogliere in un’unica “super banca dati” europea tutte le informazioni nazionali relative a pazienti con HIV? Detto, fatto: Sloot si è messo al lavoro con un gruppo di colleghi informatici di Londra e tutti insieme hanno trovato il modo di far comunicare tra loro i database di vari centri clinici e di ricerca sparsi in tutta Europa. Il risultato di questo lavoro, finanziato per oltre 3 milioni di euro dalla Comunità europea, si chiama ViroLab ed è un immenso laboratorio virtuale al quale possono accedere diversi professionisti – informatici, clinici, virologi – con l’obiettivo di studiare meglio l’evoluzione dell’infezione da HIV, e soprattutto di individuare nuove strategie terapeutiche, disegnate quasi su misura su ciascun paziente .
Da qualche mese il progetto ViroLab è ufficialmente terminato, ed è tempo di bilanci. Tutti positivi, come ha raccontato a OggiScienza Simona Di Giambenedetto, ricercatrice presso la Clinica delle malattie infettive dell’Università Cattolica di Roma, tra i collaboratori principali di ViroLab. “A livello locale, il progetto ci ha permesso di informatizzare la raccolta dati dei pazienti”, afferma Di Giambenedetto: un primo risultato concreto già importante, che ha liberato i clinici dai quintali di carta delle cartelle cliniche tradizionali. Ma ancora più interessanti sono i risultati emersi dall’analisi dei dati. Per esempio, ci si è accorti che uno degli aspetti considerati più critici della gestione dei pazienti con infezione da HIV, cioè la resistenza alle terapie, nel tempo si è molto ridimensionato, grazie al miglioramento delle terapie disponibili. E ancora: il panorama complessivo dei dati dice che la malattia non è affatto in diminuzione in Europa, e che ha cambiato distribuzione. A essere più colpiti oggi non sono più tossicodipendenti o omosessuali, ma eterosessuali, di ambo i sessi, di 43-45 anni. “Un segno preciso che la guardia non deve essere abbassata”, commenta la ricercatrice romana.
Miglioramenti in vista anche nella pratica clinica: “Il ViroLab permette di confrontare terapie e di studiare meglio, dal punto di vista genetico e molecolare, i vari ceppi di virus. Caratterizzando per bene ogni paziente e il suo specifico virus e confrontando queste informazioni con quelle presenti nella banca dati riusciamo a individuare le terapie migliori per ciascun paziente”. Il che significa maggiore efficacia con minori effetti collaterali.
Molto positivo, infine, il commento sull’organizzazione del lavoro: ViroLab mette a contatto figure differenti, che portano ciascuna il proprio fondamentale contributo. E come sempre, l’unione fa la forza: oggi il database ospita informazioni relative a quasi 50.000 pazienti di tutta Europa, compresi i paesi dell’Est, spesso ai margini della ricerca internazionale nonostante il carico altissimo di infezione da HIV.
E ora che il progetto, e quindi il finanziamento, è terminato, che succederà al laboratorio virtuale? “Per un paio d’anni la situazione rimarrà tranquilla, grazie al finanziamento europeo a Dynanet, un altro progetto che ne rappresenta la naturale continuazione. Dopo si vedrà: certo, cercheremo tutti di mantenere in vita un database che rappresenta una ricchezza straordinaria”. Di lavoro da fare, comunque, ce n’è ancora molto: gran parte dei dati raccolti sono ancora tutti da analizzare.