… allora sì che le applicazioni pratiche diventano infinite. A Trieste un gruppo di ricercatori ha studiato la struttura degli ossidi di superficie e ne ha determinato le proprietà su scala atomica
CRONACA – Apparentemente una piccola ricerca, ma dai possibili risvolti di notevole spessore, nonostante – scusate il gioco di parole – la sottigliezza dello spessore. È quella condotta da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Fisica dell’Università di Trieste e di Elettra Sicrotrone di Trieste, che è appena stata pubblicata sulla prestigiosa rivista americana Physical Review Letters.
Fino ad oggi alcuni “dettagli” degli ossidi erano ancora un mistero e la comunità scientifica internazionale cercava di carpirne i segreti più nascosti perché cosciente delle innumerevoli potenzialità nei campi dell’elettronica, della meccanica, della chimica e della medicina.
Da oggi, però, è tutto più chiaro. Per essere precisi sono state misurate con esattezza, e per la prima volta in assoluto, le posizioni dei singoli atomi all’interfaccia cristallina tra uno strato di ossido di alluminio ed il suo substrato, una lega di nichel ed alluminio. In buona sostanza è proprio l’interfaccia tra i due materiali a svolgere un ruolo decisivo nel definire le proprietà dell’ossido sovrastante, ma determinare la struttura dell’interfaccia – individuare l’esatta posizione degli atomi, decifrare la lunghezza dei legami con gli atomi adiacenti, e così via – è un problema nient’affatto banale. Ecco perché i ricercatori si sono serviti di una tecnica nota nel campo della fisica delle superfici, la diffrazione di fotoelettroni, modellandola a loro uso e consumo, per estenderne l’uso a sistemi così complessi come quelli rappresentati dagli ossidi di superficie.
In natura l’ossido esiste, ma ora i ricercatori sono in grado di riprodurlo, a livello, però, nanometrico, più o meno quello di due strati atomici, ha specificato Alessandro Baraldi, uno dei ricercatori dell’ateneo triestino.
Occhio alle applicazioni concrete di quello che sembra uno studio squisitamente teorico: l’ossido ha notevoli caratteristiche protettive e, se pensiamo all’allumina (ossido di alluminio) che è stato il principale oggetto di studio del team, questa mostra proprietà decisamente interessanti nel campo dell’elettronica. Si tratta di un materiale ceramico isolante utilizzato nei circuiti elettrici; certamente, però, con la progressiva riduzione delle dimensioni dei dispositivi elettronici, poter ottenere degli strati di “nano-allumina” è un’ottima risorsa. L’ossidazione del nitruro di titanio, invece, genera un composto biocompatibile che favorisce la crescita delle ossa, ma non solo; gli ossidi, con le loro caratteristiche protettive, potrebbero anche essere utilizzati come “copertura” di protesi che diventerebbero in questo modo altamente compatibili con il corpo umano, riducendo il rischio di rigetto. E mentre l’ossido di titanio e di alluminio hanno vari impieghi nel campo della catalisi, l’ossidazione ad alta temperatura di una lega di nichel e alluminio è un valido supporto nel campo dell’aeronautica perché l’ossido risultante, particolarmente resistente alle altissime temperature, può essere utilizzato (e di fatto già lo è) a copertura delle turbine degli aerei.