ARTE, MUSICA & SPETTACOLI – Cosa ci fa una studiosa di arte islamica ad un congresso di fisici teorici? Valerie Gonzalez lavora all’Istituto per lo studio della civiltà islamica dell’Università dell’Aga Khan a Londra. Sta per pubblicare il libro “Aesthetic Hybridity in Mughal Painting” per Ashgate Publishers, dove svela la forte influenza islamica nei dipinti indiani di Mughal. Valerie ha partecipato al workshop su “Stringhe, supersimmetria e teorie di gauge,” tenutosi a Stony Brook, dove ha raccontato ad un pubblico attento di fisici teorici e matematici l’affascinante storia dello stretto rapporto tra astrazione geometrica e arte sacra nel mondo islamico. Le immagini delle cupole medioevali finemente istoriate richiamano da vicino le “tassellature” geometriche costruite per spiegare alcuni fenomeni di teoria delle stringhe e OS ha intervistato Valerie Gonzalez per sapere se la relazione è del tutto casuale.
OS:È opinione comune che nel mondo islamico sia vietata l’arte figurativa…
VG: Si tratta di un cliché fuorviante. Nel Corano è vietato adorare idoli che rappresentino l’immagine della divinità. Per estensione, non ci sono rappresentazioni figurative di creature viventi associate alla narrazione religiosa nelle moschee o in altri luoghi di culto. Questa dottrina e il rischio di idolatria inerente all’uso di immagini religiose ha generato un sospetto verso le immagini in generale. Alcuni degli Hadith, la collezione dei detti di Maometto che forma la Tradizione (Sunna), vietano qualsiasi immagine, ma gli Hadith non sono mai stati seguiti alla lettera e l’arte figurativa è fiorita per esempio nei libri e nell’oggettistica. Alla fine, questa attitudine ha portato allo sviluppo di modelli di espressione astratta come il disegno geometrico, la decorazione e la calligrafia.
OS: Come si è sviluppata questa tradizione?
VG: A seconda del periodo storico, della natura dei vari regimi politici, delle dinastie e dell’area geografica, la rappresentazione figurativa è stata approcciata in modi diversi. Semplificando, possiamo parlare di due caratteristiche estetiche principali. La prima è che l’arte figurativa non è stata utilizzata molto nel periodo iniziale, mentre al contrario molte tradizioni pre-islamiche sono state mantenute. La seconda caratteristica è che l’arte figurativa fu confinata per lo più alla sfera secolare, ceramiche, libri illustrati e album di immagini. A volte queste immagini rappresentano scene religiose tratte dalla vita del Profeta e anche storie bibliche. In tempi più iconoclasti questo tipo di rappresentazioni potevano essere alterate e rese “astratte.” Per esempio, i volti possono essere rimossi oppure una linea può essere tracciata al livello del collo in un gesto di simbolica decapitazione. Fino ad arrivare alla calligrafia animata.
OS: Cos’è la calligrafia animata?
VG: È un tipo di scrittura in cui le lettere richiamano forme umane o animali. Siccome la morfologia dei caratteri si riferisce al corpo umano, anche se in forma estremamente stilizzata, sono state chiamate “lettere animate.”
OS: Che conseguenze ha portato l’iconoclastia nell’arte islamica?
VG: Le conseguenze sono state: una notevole creatività nell’ambito della geometria, della calligrafia e dell’ornamento; l’invenzione di alternative astratte alla rappresentazione oggettiva, che suggeriscono nella mente dell’osservatore l’associazione con l’immagine sottintesa; lo sviluppo, specialmente in Persia, degli album di pagine illustrate.
OS: Quale la differenza ripetto all’arte cristiana?
VG: La differenza è che nell’arte cristiana il corpo umano è il mezzo per esprimere la narrativa metafisica. Il divino è incarnato in forma umana nel Cristianesimo, mentre l’Islam mantiene una separazione netta tra la sfera mondana e il mondo delle forme e Dio è un’entità assolutamente astratta.
Ci sono anche analogie tra l’arte cristiana e quella islamica, ma sono di natura tecnica. Per esempio, molti motivi architettonici islamici provengono da fonti cristiane. Ma all’interno dell’Islam, l’elemento cristiano perde il suo significato originale e assume una nuova funzione estetica.
OS: In che modo la geometria è stata sfruttata nell’arte islamica?
VG: Nell’Islam la geometria è stata usata in ogni sua possibile applicazione. L’unica restrizione è l’impossibilità tecnica. La geometria è sia il mezzo che il fine della creazione artistica ed è utilizzata sia per evocare associazioni mentali che per spiegare concetti del tutto astratti e matematici come l’infinito.
OS:Nella filosofia medievale islamica è presenta una connessione geometria=ordine=verità=perfezione divina. Come è stata espressa nel linguaggio artistico?
VG: In un testo del decimo secolo, scritto dal circolo neo-platonico Ikhwan al-Safà (Fratelli della Purezza), vengono identificate due dimensioni della geometria: teorica e pratica, conoscenza e techné, quello che il filosofo della scienza Michel Serres chiama “lo spettacolo teorico-concreto della geometria.” Secondo Ikhwan al-Safà, l’arte intesa nella sua ampia accezione medioevale (che include facoltà creative ma anche la manifattura, l’edilizia, l’ingegneria) è conoscenza geometrica. Il lavoro artistico fornisce il mezzo in cui entrambe le caratteristiche teoriche e visuali della geometria operano insieme. La geometria è la fonte dell’attività immaginativa e trasforma forme, spazi e superfici in prodotti che rispecchiano sia bellezza che conoscenza.
La geometria intesa come principio organizzativo ha portata ad una concezione geometrica del mondo che unifica monoteismo e scienze esatte. Come teoria e pratica, la geometria permette di fondere insieme l’ideale astratto matematico con la concreta realtà della materia, usando il primo per misurare e definire la seconda. Un punto di contatto tra fisica e metafisica. All’interno del monoteismo islamico, che proibisce la rappresentazione di Dio in qualsiasi forma, la geometria è l’unico modo lecito di mettere in comunicazione la realtà umana con la trascendenza divina. La geometria è uno dei segni che nel mondo materiale, ayat in arabo, Dio ha donato all’umanità come prova della sua esistenza. In diversi capitoli (surah) del Corano si descrive l’universo gerarchico e perfettamente ordinato, nei due reami di terra e cielo, ciascuno diviso in sette sfere:
Colui che ha creato sette cieli sovrapposti senza che tu veda alcun difetto nella creazione del Compassionevole. Osserva, vedi una qualche fenditura? [Surah 67, “Del Regno”]
Questa citazione del Corano è incisa nella decorazione della Camera degli Ambasciatori nell’Alhambra (14mo secolo) a Granada, in Spagna.
OS: Come viene descritta la divinità in termini geometrici?
A parte il fatto che sono numerati, i cieli islamici hanno un’isotropia perfetta e sono ordinati dal basso verso l’alto. Il trono di Dio domina dal cielo superiore. La perfezione della struttura dell’universo è considerata lo specchio della perfezione divina, come nella metafisica platonica. L’accessibilità della verità geometrica sublima l’inaccessibilità della verità divina. Disegna un cammino che dalla verità fisica terrestre porta verso la verità divina, allo stesso tempo rispettando la necessità di mantenere l’essenza divina assolutamente astratta, senza alcun intermediario tra l’uomo e Dio.
Nel mondo islamico, come in quello dei Greci, il principio della perfezione geometrica ha portato alla creazione di modelli estetici applicati all’architettura e all’arte. Ma mentre per i greci la geometria era un mezzo per realizzare la rappresentazione figurativa sia del mondo degli Dei che di quello umano, per i musulmani la geometria è sia il mezzo che il fine: vera e propria astrazione geometrica. In una maniera simile per certi versi alla teoria delle stringhe, in cui il mondo stesso è descritto in termini di pura geometria.