IL PARCO DELLE BUFALE – Allargare il recinto o chiamare Buffalo Bill? Le povere bestie sono stipate come sardine da quando sono arrivate le figlie del rapporto commissionato dall’Onu al Consiglio inter-accademico, una federazione delle accademie mondiali.
Premessa. È successo che questa ha nominato 11 saggi di cui un premio Nobel. Questi hanno consultato 400 scienziati, politici ed esperti variamente deputati al “governo dell’ambiente”. E questi hanno suggerito come migliorare le procedure usate dal Panel intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc) per produrre i suoi rapporti di valutazione ogni cinque anni. Basta fare le nozze con i fichi secchi, scrivono gli accademici e, come può vedere chiunque sappia un po’ d’inglese, raccomandano di
– “ammodernare le strutture”: son passati più di vent’anni da quando è stato creato l’Ipcc, i rapporti sono passati da 300 pagine a più di 1.000, i governi avanzano ogni volta nuove pretese.
– “ridurre il fardello che grava sulla comunità scientifica”, non è possibile spremere oltre i volontari ovvero tutti dal presidente in giù, che nel frattempo continuano a insegnare, fare ricerca e guadagnarsi la pagnotta.
– “assumere personale retribuito” per coordinare le operazioni ed evitare errori (nota 1), accrescere la trasparenza nella selezione degli autori e, per le valutazioni regionali, arruolare anche volontari di altre regioni.
Alla custode sembra che gli accademici abbiano accolto le richieste, pubblicate in appendice, degli scienziati. Prima ancora scrivono:
il processo di valutazione dell’IPCC nel suo insieme è stato un successo e ha servito bene la la società. L’impegno profuso da molte migliaia fra i principali scienziati ed esperti mondiali nel processo di valutazione e comunicazione della natura delle nostre conoscenze sul cambiamento climatico e sulle possibili strategie di adattamento e di mitigazione, è un’impresa di per sé considerevole.
Se la Terra continua a scaldarsi al tasso attuale, la probabilità che essi scompaiano entro il 2035 e forse prima è molto elevata. La sua (sic) superficie si ridurrà probabilmente dai 500.000 km2 attuali a 100.000 km2 nel 2035.