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Come ti studio la retina col rivelatore di particelle

Usando tecniche della fisica particellare, un gruppo di fisici delle alte energie delle università di Santa Cruz (Stati Uniti), Cracovia e Glasgow ha recentemente fornito dati preziosi sui circuiti neurali della retina. Dopo aver scoperto un nuovo tipo di cellula retinica e studiato come questa risponda ai colori, ora il gruppo esplorerà problemi ancora più complessi, come il comportamento del cervello alla ricezione dei segnali della retina. Al centro del lavoro, l’applicazione delle tecnologie derivate dai rivelatori multistrip ad alta densità, essenziali nella costruzione degli esperimenti dell’LHC del Cern, dove Alan Litke, membro del gruppo, lavora da anni.

CRONACA – Visti da un fisico particellare, gli occhi sono rivelatori d’immagini che possono raccogliere diversi tipi di dati, come luce e buio, colori e moto. In particolare la retina, un sottile tessuto situato nella parte posteriore dell’occhio, funziona come un rivelatore biologico di pixel: rivela la luce e la converte in segnali elettrici, che arrivano quindi al cervello attraverso il nervo ottico. I neurobiologi sanno che in questi processi è coinvolto un gran numero di cellule, ma non è ancora noto con esattezza né quante siano, né cosa facciano o come interagiscano.

Alan Litke, fisico particellare dell’esperimento Atlas (il più grande dei quattro esperimenti in corso al Cern di Ginevra) è alla guida di un team di fisici e ingegneri delle università di Santa Cruz (California), Cracovia e Glasgow, provenienti dalla fisica delle alte energie, che sta dando le prime risposte a questi interrogativi. Insieme a un gruppo di neuroscienziati, il gruppo ha lavorato all’adattamento della tecnologia dei rivelatori di particelle multistrip usati nella fisica delle alte energie, allo studio del funzionamento della retina. La sfida principale sta nel comprendere come la retina elabori e codifichi le informazioni del mondo visivo esterno, che poi invia al cervello.

Il metodo sperimentale usato dal gruppo di Litke consiste nel posizionare un sottile strato di tessuto retinico in una cavità contenente una speciale soluzione acquosa che tiene in vita il tessuto per alcune ore. Delle immagini generate da un computer sono quindi messe a fuoco sui fotorecettori della retina all’interno del tessuto, che rilevano lo stimolo visivo, lo convertono in segnali elettrici, e successivamente lo inviano a una rete di neuroni interconnessi per ulteriori elaborazioni (come mostrato schematicamente in figura). I segnali elettrici provenienti da questa rete neurale sono quindi rilevati da una matrice di minuscoli elettrodi impiantati in un vetrino.

“Le tecniche usate per la messa a punto della strumentazione sono direttamente ispirate a quella usata per costruire un determinato tipo di rivelatori al silicio di Atlas”, spiega Litke. “Questa tecnologia ci ha permesso di scoprire un nuovo tipo di cellule nel 2007. Per lo studio attuale (i cui risultati sono stati pubblicati sull’ultimo numero della rivista Nature), il gruppo ha migliorato ancora l’efficienza della strumentazione. “In collaborazione coi i neurobiologi del Salk Institute di La Jolla, in California, siamo riusciti a descrivere i circuiti neurali alla risoluzione dei singoli neuroni, e il codice usato dalla retina per mandare l’informazione sul colore al cervello”, spiega Litke.

La nuova tecnologia apre la strada a una vasta gamma di possibili applicazioni biomediche, incluso lo sviluppo di migliori protesi retiniche e la cura della maculopatia nei diabetici, una malattia che può arrivare a causare cecità. In alcuni casi, infatti, il malfunzionamento della retina è causato da una fuoriuscita di sangue dei capillari dell’occhio: attualmente, per curare questa malattia si impiega la chirurgia laser. La tecnica che fa uso di matrici a molti elettrodi potrebbe essere usata per migliorare l’efficacia dei laser.

Finora, Litke e i suoi collaboratori si sono concentrati sul funzionamento della retina: ci si attende che ci sia ancora molto da scoprire in questo campo, e che le recenti scoperte siano solo la punta dell’iceberg. “Questi passi iniziali nella comprensione dell’elaborazione dell’informazione visiva da parte della retina non esauriscono le possibili applicazioni della tecnologia con le matrici a molti elettrodi”, conferma Litke. “In futuro, abbiamo intenzione di usare questa tecnologia anche in altri campi, come lo studio di come si sviluppi la precisa ma complessa rete di circuiti neurali della retina, e di cosa faccia il cervello dei dati da essa raccolti”.

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