NOTIZIE – La scienza ha i suoi martiri, e non è piacevole ammetterlo. Milioni di animali vengono usati ogni anno, e molti di loro danno la vita. Fa orrore pensarci. Non stupisce dunque la reazione degli animalisti, che in parte si può condividere. Spesso però mi chiedo, quanti di questi animalisti abbiano coscienza fino in fondo di quante ricadute ci siano tutto intorno a noi che derivano in maniera più o meno diretta dalla sperimentazione animale. Quanti animalisti non prendono l’aspirina quando hanno la febbre o dell’ibuprofene in caso di mal di testa? E non è solo la scienza medica a beneficiare della sperimentazione animale: le neuroscienze, che hanno ricadute nuovamente in medicina ma anche nell’intelligenza artificiale (che può avere le più svariate ricadute in molta della tecnologia, anche spicciola, che utilizziamo ogni giorno), per esempio ne fanno largo uso.
Quello che sto cercando di esprimere (sì, sto camminando sulle uova, questo argomento mi mette sempre una certa tensione addosso, perché lo so si scatenerà il solito putiferio) è che in parte capisco molto bene le motivazioni che spingono la causa animalista a ostacolare a muso duro e in toto la sperimentazione sugli animali. Quello che però mi lascia perplessa è un certo pressapochismo nel capire le implicazioni che questa posizione dura porta con se. È facile sparare a zero sullo scienziato che lavora con gli animali, ma sappiamo fino in fondo a che cosa dovremmo rinunciare se si fermasse di botto tutta la sperimentazione sugli animali? E saremmo in grado di rinunciarvi?
La risposta tipica che mi sento dare quando faccio questa domanda è: “sì ma noi siamo per la moderazione.” Perché gli scienziati no? Non conosco nessuno che ci goda a far sperimentazione sugli animali. Nessuno che li usi come se si trattasse di fazzolettini usa e getta. Credo che anche coloro che lavorano sulla sperimentazione animale auspichino la maggiore moderazione possibile nell’uso degli animali. In questo senso va anche la notizia che il 29 Novembre a Basilea più di 50 scienziati al top nei loro settori (che lavorano tutti in Germania e Svizzera) si sono riuniti per firmare una dichiarazione in cui si impegnano a essere più trasparenti sulle loro ricerche e a dialogare maggiormente con il pubblico, proprio sul tema della sperimentazione animale.
Gli scienziati nella dichiarazione invocano limiti etici e legali sulla sperimentazione animale, per ridurre il più possibile l’uso degli animali e per mantenere al minimo la loro sofferenza. Dall’altro lato si oppongo ad alcuni casi recenti in cui il permesso alla sperimentazione è stato negato perché le ricerche erano troppo lontane da un’applicazione. Gli scienziati firmatari infatti sottolineano che la ricerca di base è quella su cui si fondano tutte le scienze applicate e che bloccare questa significa mettere una grossa ipoteca sul progresso scientifico.
Il modello “di concertazione” è quello già proposto in passato dagli scienziati britannici qualche tempo fa. Circa dieci anni fa il mondo scientifico inglese è stato preso di mira da ripetuti attacchi animalisti (attacchi anche violenti e che hanno messo in pericolo la sicurezza di alcune persone). La risposta nel 2005 è stata una contro campagna di informazione che ha avuto anche l’effetto di “addolcire” la spinta all’introduzione di leggi che avrebbero dato poteri molto forti alla polizia contro i gruppi che molestavano gli scienziati. Il dialogo allora funzionò e attenuò notevolmente i toni della controversia. I britannici si sa, sono dei maghi nella governance scientifica