NOTIZIE – Mi viene in mente un luogo comune che ho sentito spesso ripetere (principalmente da individui di sesso maschile, anche se non mancano gli esempi femminili). Il concetto è più o meno questo: la sessualità maschile è più fisica, gli uomini avrebbero bisogno di fare sesso con una frequenza maggiore delle donne e più in generale nella scelta del partner sessuale (e forse anche di quello “romantico”) i maschi sarebbero guidati maggiormente “dagli istinti” rispetto alle femmine, che invece agirebbero guidate maggiormente dalla testa e dal cuore. Sono sicura che molti uomini si sentiranno offesi da una simile banalità (e spero mi scuseranno, riporto quanto sentito e non quello che penso), ma bisogna ammettere che queste voci girano. Dopo però succede che si pubblicano ricerche come questa di Steven Gangestad, sulla rivista Evolution and Human Behaviour, e tutto va all’aria.
Non so se per gli uomini sia una buona o una cattiva notizia, ma tant’è: anche le donne sono fortemente guidate dagli ormoni per quanto riguarda l’attrazione sessuale. Per la precisione lo studio di Steven Gangestad (Università del New Mexico, Albuquerque) ha osservato che l’attrazione sessuale delle donne che hanno una relazione stabile verso individui maschili esterni alla coppia varia con il ciclo mestruale e dipende anche da quante caratteristiche “mascoline” possiede il partner ufficiale. Forse a qualcuno a questo punto è venuto un piccolo brivido, ma vorrei rassicurare, studi come questi vanno ad analizzare gli “istinti basilari” e poco hanno a che fare con il libero arbitrio degli individui.
È noto da un gran numero di ricerche precedenti che le donne in periodo fertile (cioè a metà del ciclo mestruale) si sentono particolarmente attratte dagli individui con caratteristiche marcatamente mascoline (viso con la mascella pronunciata e altre caratteristiche prettamente maschili, corpo forte, altezza notevole, ma anche dettagli del comportamento, come la competitività intrasessuale) e altre caratteristiche “attraenti” (un corpo particolarmente simmetrico, indice di un corretto sviluppo fisico e via dicendo).
Gangestad e colleghi hanno testato questo “effetto della fertilità” sul campo (è il primo studio a farlo). Analizzando le preferenze per i visi maschili (per mascolinità, bellezza e intelligenza –venivano comunicati alle partecipanti i risultati di un test di intelligenza ottenuti dagli individui a cui apparteneva il ritratto) hanno trovato che le 66 donne (dai 14 ai 44 anni) stabilmente coinvolte in una relazione con un partner maschile erano mediamente più attratte da individui estranei con un viso marcatamente mascolino che dai partner ufficiali proprio durante l’ovulazione. Questa attrazione però era mediata dalle caratteristiche partner ufficiale: se questo era giudicato dalle stesse donne come molto mascolino, allora l’attrazione verso gli altri era quasi azzerata (e comunque in nessun caso quella per il partner subiva variazioni durante il mese).
Sorprendentemente l’intelligenza del maschio non ha mostrato di guidare in alcun modo le preferenze della donne. Gli autori non sanno spiegarsi il perché, visto che in generale anche gli studi precedenti dimostrano che intelligenza e creatività sono dimensioni che contano molto per le femmine nella scelta del partner sessuale.
Al di là delle chiacchiere da parrucchiere, ci sono conclusioni piuttosto serie che gli autori stessi traggono dai loro dati: al contrario del luogo comune non è vero che gli esseri umani (in questo caso nella loro metà femminile) hanno perso nel corso dell’evoluzione il periodo dell’estro, comune alla maggior parte dei mammiferi (il periodo in cui le femmine sono disposte ad accoppiarsi con un maschio e sono fortemente attratte da individui che rendono massima la fitness genetica della prole). Il vantaggio dell’estro femminile umano è al contrario quello di essere nascosto: questo infatti garantisce alla donna una maggior libertà nel scegliere il padre dei propri figli. Secondo Gangestad l’estro umano nel corso dell’evoluzione ha dovuto fare i conti con gli aspetti della socialità umana: la situazione attuale sarebbe il risultato di un bilancio fra la spinta a massimizzare la probabilità di concepire figli con un corredo genetico massimamente adatto a sopravvivere e l’abitudine di crescere ed educare i figli in coppia.
Un altro fattore, tralasciato da Gangestad e colleghi, potrebbe inoltre concorrere in questo bilancio di spinte evolutive che provocano nell’essere umano una sessualità radicalmente diversa dalla maggior parte degli altri mammiferi: molti infatti ritengono che per gli esseri umani la sessualità (in una variegata accezione che va dai suoi precursori come il semplice contatto fisico, all’attrazione, fino all’atto sessuale vero e proprio) ha anche un’importante funzione sociale, che serve sì a tenere unita la coppia, ma che ne travalica anche i confini e crea una rete di legami in grado di stimolare la coesione del gruppo.