Neurodiversamanti. La sessualità vissuta dagli autistici
La psicologa Luisa Di Biagio unisce l'esperienza professionale a quella personale raccontando come la sessualità, tema delicato e fondamentale, sia ancora una grande esclusa nella narrazione sull'autismo.
Parlare di autismo in modo inclusivo e rispettoso non è facile e a lungo la narrazione è rimasta un racconto da fuori: autismo raccontato da genitori di bambini e ragazzi autistici, da professionisti della salute neurotipici che lavorano con autistici e così via. Poi, gradualmente, le cose hanno iniziato a cambiare: è sempre più evidente il valore di dare priorità alle testimonianze dei diretti interessati che possono raccontare in prima persona, offrendo punti di vista unici e battendosi per il nothing about us without us, ovvero: niente che ci riguarda andrebbe deciso senza coinvolgerci. Le terapie, i percorsi, le risorse indirizzate all’autismo non dovrebbero mai partire dall’obiettivo di cambiare la persona, rendendola “meno autistica” e più adatta a comportarsi, in società, come ci si aspetta sia corretto, educato, tollerabile e accettabile farlo.
Questi sguardi dall’interno hanno rivoluzionato la comprensione dei disturbi dello spettro autistico in tutte le sue condizioni cognitive e modalità di comunicazione, oltre a spronare – anche se c’è ancora molta strada da fare – una riflessione sul linguaggio che usiamo per parlare di autismo (tanti autistici adulti ad esempio non si ritrovano nel linguaggio person first, che mette la persona prima della diagnosi come se l’autismo fosse qualcosa che si ha, e non che si è) e sull’enorme varietà di persone diversissime tra loro riunita nel termine autistico. Siamo di fronte a uno spettro e, laddove ci sono cura e interesse sinceri, si inizia finalmente a partire dal punto di vista della persona autistica, da ciò che la appassiona e può farla sentire bene, a suo agio, non mancante di qualcosa ma semplicemente diversa.
La sessualità autistica
Uno dei temi forse meno trattati e ancora circondato da imbarazzo ed evitamento, quando non direttamente da stereotipi e rifiuto, è la sessualità autistica. Se pensiamo al generale contesto nostrano, dove quasi la metà degli adolescenti italiani non parla in famiglia di contraccezione, malattie sessualmente trasmissibili o della pubertà (qui un’analisi sugli ultimi dati dell’Istituto Superiore di Sanità) e nelle scuole l’educazione sessuale è spesso assente, non è difficile capire quanto lo scenario sia ancora più complesso se alla sessualità e all’educazione all’affettività si abbinano altri elementi di complessità dell’essere umano come l’autismo, abbracciando tutte le fasce d’età.
È un tema complesso e delicato che avevamo già affrontato rispetto alla figura del lovegiver nella disabilità, ed è in questo macro-contesto che si inserisce il nuovo libro della psicologa Luisa Di Biagio, Neurodiversamanti. La sessualità vissuta dagli autistici (Dissensi Edizioni, 2019, 232 pagine, 14 €). Di Biagio, autistica, unisce l’esperienza professionale a quella personale – sua e di altri adulti – per raccontare come tanti autistici trascorrano l’infanzia e poi crescano senza gli strumenti adatti per gestire e vivere serenamente la sessualità, così come le emozioni e gli affetti. E quanto messo in luce dalla ricerca scientifica, scrive l’autrice, spesso non viene implementato nei percorsi di educazione emotiva e affettiva. Un esempio: il 69% delle persone autistiche non si identifica come strettamente eterosessuale, eppure di questa fluidità è difficile trovare traccia in tali percorsi.
“L’autismo è uno dei modi diversi di essere una persona umana”, scrive Di Biagio, e molte caratteristiche comuni a tanti autistici emergono con forza nella sessualità, intesa come “l’insieme di percezioni, sentimenti e comportamenti necessari a vivere la coscienza della propria integrità mente e corpo, e a vivere e gestire le interazioni e le connessioni con gli altri”.
Sensorialità autistica
A prescindere dai diversi stili cognitivi, un aspetto comune tra gli autistici di ogni età è in genere il sistema sensoriale molto raffinato; gli stimoli possono essere a volte difficili da gestire, percepiti come molto più intensi rispetto alla percezione neurotipica, molto più deboli o del tutto diversi: nei contatti c’è chi accoglie positivamente una forte pressione sulla pelle o il contenimento (pensiamo alla “macchina degli abbracci” di Temple Grandin) ma è a disagio al tocco di una carezza o nell’essere sfiorato. Chi non tollera il contatto in contesti sociali quotidiani ma non ne esclude uno intenso e completo durante un rapporto sessuale, o ancora chi non sopporta l’orgasmo, chi è talmente sopraffatto dalla sensorialità del tocco di un’altra persona, dall’odore altrui o dalla vicinanza stessa da non poter nemmeno immaginare un rapporto e molte altre specificità individuali.
Prima di riflettere, capire ed elaborare tutto questo, crescendo, a un autistico/a serve consapevolezza, conoscenza di sé e delle proprie percezioni, del proprio corpo e di come reagisce gli stimoli. Tutt’altro che scontato essendo gli autistici spesso “sommersi da stimoli che nessuno ci insegna a leggere” al punto che a volte “non sappiamo nemmeno noi cosa ci mette a disagio”, scrive Di Biagio.
Insieme a quella sessuale, l’educazione all’emotività e all’affettività non sono secondarie: a fine 2019 un piccolo studio ha mostrato che le donne autistiche tendono a essere meno interessate al sesso rispetto alle donne neurotipiche e agli uomini autistici, eppure hanno più esperienze rispetto a questi ultimi. Molte, riporta la pubblicazione, dicono di non aver davvero voluto queste esperienze o di provare rimorso. Un elemento che si unisce a tante testimonianze dirette nel mostrare come le donne autistiche siano a rischio di abusi sessuali.
Le stime più accreditate, scrive Di Biagio, valutano attorno al 78% la parte di popolazione che ha subito abusi sessuali tra i soli autistici diagnosticati.
Un sentire non capito e sminuito
Spesso il sentire autistico viene minimizzato fin da bambini, ad esempio quando si sminuisce l’impatto di un odore che nessun altro se non il bambino/a autistico/a sente oppure l’effetto di temperature troppo alte o troppo basse che solo lui o lei sembra percepire come tali. Poi si cresce e i nuovi incubi sono, ancora, quotidiani: un viaggio in metropolitana tempestati da luci, odori e rumori sui quali non si ha controllo, un ambiente di lavoro troppo ricco di stimoli, di distrazioni, di socialità spicciola spesso incomprensibile che stanca già solo per complessità.
Per capire la percezione autistica, nella sfera sessuale come in tutte le altre, servirebbe molto più ascolto della persona. Con l’obiettivo a lungo termine di garantirle una sana percezione del proprio corpo e una buona sessualità, imparando a essere consapevoli di sé e del proprio sentire, e – in base ai bisogni di ciascuno – una progressiva educazione ad aspetti come l’igiene, la conoscenza del proprio corpo, il rispetto dell’altro e i limiti, l’autonomia (quando possibile) nell’appagamento sessuale.
Alle testimonianze dirette di adulti autistici, e alla propria, Di Biagio affianca indicazioni anche molto specifiche su come indirizzare l’educazione sessuale ed emotiva; dal sottolineare come le informazioni date non dovrebbero mai essere implicite al ricordare di chiarire quando le metafore sono tali, fino all’evitare di associare dei comportamenti sessuali a luoghi (oppure oggetti e situazioni) molto specifici, in modo che le conoscenze e competenze acquisite possano essere generalizzate con serenità.
A creare difficoltà nella sfera sessuale è spesso l’imprevedibilità del contatto fisico, delle reazioni e del rapporto stesso, con i suoi elementi fondanti: intimità, odori, suoni, contatto, spesso mancanza di controllo. “È importante ricordare”, scrive l’autrice, “che la reazione di panico nelle amigdale, nel cervello neurodiverso, si innesca per ogni cambiamento non adeguatamente preannunciato, anche se si tratta di ‘sorprese’ belle. Una sorpresa bella può determinare forte angoscia, ansia, panico”.
Tra le testimonianze c’è chi racconta il forte disagio nel passare dal sesso alle coccole, una transizione tra due contesti tanto diversi che avviene troppo rapidamente. O ancora chi non ha mai praticato autoerotismo, chi è asessuato, chi racconta di avere un soglia di vigilanza sempre estremamente elevata, anche nelle situazioni intime, che non consente di rilassarsi davvero e abbandonarsi rispetto all’altra persona ma porta a vivere l’intimità in uno stato di costante allerta mai davvero sereno.
Un punto di partenza
Volendo fare una critica al testo, avrebbe potuto essere più curato nella struttura per aiutare nella comprensione di un tema già di per sé molto complesso. Non riesce invece del tutto a raggiungere l’equilibrio – probabilmente cercato – tra testo divulgativo scientificamente documentato che contestualizza e ordina una raccolta di resoconti personali.
Non sempre è chiaro a quale pubblico sia destinato o quali fasce d’età si stiano affrontando e per linguaggio (termini psicologici accennati o elaborati dopo diverse menzioni) e percorso narrativo rischia di essere a tratti ostico per un genitore che voglia capire meglio il figlio/a o un partner che cerchi una connessione con il proprio compagno/a se non hanno alle spalle una buona quantità di letture e conoscenze sul tema.
Il libro è comunque un buon punto di partenza per chi voglia capire meglio un aspetto della vita autistica spesso dimenticato o erroneamente lasciato da parte non sapendo come gestirlo, raccontato da un’autistica e affrontato con una terminologia diretta e senza giri di parole.
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