Su PLoS Biology è uscito “Noncanonical compensation of zygotic X transcription in early Drosophila melanogaster development revealed through single-embryo RNA-seq” di Susan Lott e altri genetisti del gruppo di Michael Eisen all’università della California, Berkeley. Anche se dal titolo non sembra, è una ricerca sulla parità sessuale
CRONACA – I lettori, presumo, sanno già che il gamete del papà incontra quello della mamma e che l’esito finale, se femmina, ha due cromosomi X; se maschio un X di provenienza paterna o materna e un Y paterno (foto NASA). Il problema, spiega William Mair nel presentare la ricerca, è che:
Il cromosoma Y è una terra geneticamente desolata che contiene solo qualche gene funzionante, a significare che i maschi rimangono con mezza dose di un cromosoma intero: l’X. Tale squilibrio nel dosaggio dei geni sarebbe dannoso se non fosse per l’evoluzione di complessi meccanismi di compensazione, i quali ridanno una parità sessuale al cromosoma X..
Susan Lott e i suoi colleghi hanno messo a punto nuovi metodi per determinare, nell’embrione di moscerino della frutta, quali geni facevano che cosa nell’X di lui e ne hanno confrontato le produzioni di RNA (i “trascritti” del DNA che consentono al gene di “esprimersi“), e quelle degli X di lei. Hanno potuto così misurare che i due X femminili producono di più, ovviamente, ma che nell’X del futuro moscerino alcuni geni lavorano come disperati fino a raggiungere lo stesso livello di quelli in doppia copia della futura moscerina. Il meccanismo era ignoto: prima scoperta, anche se resta da capire che cosa impedisca una superproduzione femminile. Seconda scoperta: quel meccanismo di compensazione avviene tra il decimo e il quattordicesimo ciclo di divisione della cellula fecondata, ben prima di quanto si pensasse.
Questo succede nelle drosofile, ma gran parte delle specie bisessuate hanno geni omologhi e identici meccanismi di sviluppo embrionale. Conviene ripensare alcune conoscenze date per scontate. Per esempio, prevale l’idea che nella Foemina sapiens uno dei due cromosomi X venga “spento” e garantisca così la “parità sessuale”. Però questa non sempre c’è, come dimostrano certe malattie ereditarie: la sindrome da X fragile è dovuta a una mutazione genetica molto più frequente nelle donne, eppure colpisce di più gli uomini. Non sarà che l’X femminile che si presume spento si riattivi quando l’altro è in difficoltà?