SALUTE – Sono nate nel 2005 e si chiamano “Cornell Dots”. Godono di un primato: sono le prime nanoparticelle di materiale inorganico a entrare in una sperimentazione clinica sull’uomo come potrebbe fare un farmaco. Se i dati emersi dalla sperimentazione ne confermeranno sicurezza ed efficacia, potranno diventare un importante strumento nella diagnosi e nella cura del tumore. Infatti, grazie alla loro capacità di emettere luce, sono in grado di rendere meglio visibili le cellule tumorali.
È la prima volta che l’FDA, l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici approva la sperimentazione clinica di un materiale inorganico alla stregua di quanto fa solitamente per i farmaci. Lo studio sarà condotto dai ricercatori del Memorial Sloan Kattering Cancer Center a New York e coinvolgerà cinque pazienti affetti da melanoma. Si tratterà di capire se la nuova tecnologia delle Cornell Dots è sicura ed efficace nell’uomo e di ottenere dati clinici necessari per ulteriori approfondimenti.
Le nano particelle , sotto i riflettori, sono delle sfere di silicio del diametro inferiore agli 8 nanometri. Sono in grado di incapsulare numerosi composti molecolari. La sfera di silicio, essenzialmente vetro, è chimicamente inerte e abbastanza piccola da poter attraversare l’organismo umano e da poter essere eliminata con le urine.
Per far sì che l’organismo non riconosca come corpo estraneo le Cornell Dots queste vengono rivestite con glicole polietilenico. Inoltre, alle sfere vengono attaccate delle molecole organiche in grado di legarsi alle cellule tumorali o a specifiche aree del tumore. Una volta esposte a raggi infrarossi le Cornell Dots risultano più luminose, e quindi meglio visibili, rispetto al composto non incapsulato in sfere. Questa tecnologia consente quindi di evidenziare l’estensione di un tumore e la sua diffusione in organi distanti dal tumore di origine.
Nel gennaio 2009 esperimenti effettuati sui topi avevano dimostrato la sicurezza di queste nano particelle e la possibilità che esse potessero essere eliminate con le urine. Nella sperimentazione clinica nell’uomo, le nano particelle verranno marcate con iodio radioattivo che le rende visibili nelle scansioni fatte con la tecnica della PET (tomografia ad emissioni di positroni), per vedere quante nanoparticelle si attaccano al tumore, dove si spostano e per quanto tempo.
“Le nanosfere, una volta verificata la sicurezza e l’efficacia nell’uomo, potranno diventare un mezzo per veicolare farmaci antitumorali” conclude Michelle Bradbury radiologa al centro di ricerca di New York dove verrà condotta la sperimentazione.