C’è ancora aria di mistero sulla vicenda Fadalto. Da più di un mese, nella località a Nord di Vittorio Veneto, inquietanti boati provenienti dal sottosuolo turbano il sonno dei cittadini. I sismologi Enrico Priolo e Alessandro Vuan ci aggiornano sulle indagini scientifiche, ipotizzando una causa.
LA VOCE DEL MASTER – Val Lapisina, al confine fra le province di Treviso e Belluno. Siamo a Fadalto, un piccolo paese stretto fra le pendici del col Visentin e le sponde del Lago Morto, lungo il percorso della A27. Qui il 2011 non comincia tranquillo. L’ebrezza dei botti di fine anno lascia ben presto posto a una meno festosa adrenalina. Da circa un mese gli abitanti del paese vivono nell’inquietudine per una serie di boati che sembrano arrivare “da sotto i piedi” e, senza apparente spiegazione, svegliano tutti nella notte. Sono rumori sordi, colpi secchi della durata di appena poco più di un secondo, ma in alcuni casi talmente forti da far vibrare i vetri delle finestre .
I boati si erano già fatti sentire a ottobre e a dicembre, ma a gennaio la situazione precipita, per frequenza ed entità degli eventi: i centralini di carabinieri, protezione civile e vigili del fuoco sono spesso intasati dalle segnalazioni e dalle richieste di rassicurazione. L’incertezza sulle cause del fenomeno innesta il rapido svilupparsi di ipotesi, spesso fantasiose e nella maggior parte dei casi allarmanti. Si parla di infiltrazioni d’acqua che stanno mettendo a dura prova la tenuta del versante montano che incombe su Fadalto, di accumuli d’acqua che ghiacciando frantumano la roccia, di lavori nelle condotte della vicina centrale idroelettrica, di scavi sotterranei, di frane. Si arrivano a chiamare in causa niente meno che Ufo e misteriosi complotti dalla base americana di Aviano. Non manca niente, tranne la spiegazione scientifica del fenomeno.
Per questa chiediamo aiuto ad Alessandro Vuan ed Enrico Priolo, sismologi del Centro di ricerche sismiche dell’Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentali (OGS), un centro che da tempo monitora la zona attraverso una rete di centraline di rilevamento antisismico.
Siamo infatti in un contesto molto poco tranquillo, dal punto di vista geologico. “Tutta la zona dell’Alpago, nella cintura prealpina dove si trova anche Fadalto, è una zona a rischio sismico elevato”, spiegano i ricercatori. “Si trova sopra una faglia, cioè una zona di rottura della crosta terrestre, i cui movimenti possono dare origine a terremoti”. La zona inoltre è soggetta al rischio di frane, data la conformazione geologica dei versanti delle montagne che incombono sulla valle. Le “turbolenze” del passato parlano da sole: nel 1837 e nel 1936 due terremoti di magnitudo 6 della scala Richter (il terremoto che ha sconvolto il Friuli nel ’76 era di magnitudo 6,4) hanno fatto tremare la zona nell’area fra il Cansiglio e il Bellunese. Lo stesso lago di S. Croce, a nord di Fadalto, è nato da uno sbarramento dovuto a una frana. “E sempre in quest’area”, aggiungono gli esperti, “sono stati rilevati nel 1998 e nel 2003 alcuni sciami sismici, ovvero una sequenza di scosse di minor magnitudo (2-3) che si susseguono anche per alcune settimane.
Quello che è certo è che questa “inquietudine” geologica ha richiesto un controllo costante da parte di geologi e sismologi. E nelle ultime settimane la rete di rilevamento sismico dell’OGS ha registrato alcuni eventi che sembrano coincidere con le segnalazioni sonore fatte dagli abitanti del paese. Ma allora: è davvero possibile che i boati siano segni precurosi di una frana o di un sisma?
La prima cosa da fare in casi di questo tipo è studiare bene le registrazioni sismiche, che possono aiutare a capire se ci si trova di fronte a un fenomeno di tipo profondo (come un sisma) oppure superficiale (come una frana), visto che questi due tipi di eventi sono caratterizzati da onde sismiche di tipo differente. Proprio per comprendere meglio il fenomeno, sono state aggiunte ulteriori stazioni a quelle preesistenti arrivando oggi a un totale di sette. Le registrazioni fornite dalle centraline hanno permesso di escludere le cause più allarmanti: non si tratta né di terremoti né di frane importanti.
Le frane, infatti, vengono in genere rilevate dalle centraline sotto forma di onde sismiche dette di Rayleigh o di Love, onde di tipo superficiale, mentre eventi più profondi – i terremoti – sono rilevati sotto forma di onde dette P (primarie o di corpo), quelle che viaggiano a velocità maggiore, e S (secondarie), più lente. A proposito: è proprio la differenza dei tempi di arrivo di questi due tipi di onde alla centralina che permette di stabilire la distanza dal punto di origine dell’evento. Sulle registrazioni di Fadalto erano presenti onde P e onde S, ma non onde di Rayleigh o di Love. Niente frane, dunque, e a scartare questa ipotesi si aggiungono anche i sopralluoghi in elicottero dai quali, precisano Vuan e Priolo, non sono stati riscontrati segni distintivi di possibili eventi franosi, come depositi di materiali o fratture recenti, in genere distinguibili ad esempio per il diverso colore. E anche niente sismi, perché la peculiare composizione ondulatoria riscontrata sulle registrazioni sismiche ha permesso ai ricercatori di localizzare l’evento a una profondità massima di alcune centinaia di metri. Troppo poco perché si possa parlare di terremoto: “Lo strato sismico, ovvero quello dai cui movimenti originerebbe un sisma di importante entità, si trova infatti, in questa zona, a una profondità molto maggiore, di circa 10 km”.
Anche l’ipotesi che i boati si riferiscano a scosse premonitrici di un evento più importante viene allontanata dai ricercatori: “Va precisato che non è affatto detto che un eventuale terremoto sia preceduto da scosse significative. Terremoti di elevata magnitudo possono verificarsi d’improvviso, senza che ci sia alcun segnale premonitore”. Nella zona inoltre, per il momento, non sono stati riscontrati ulteriori segnali che spesso precedono l’evento sismico: fuoriuscite di gas dal sottosuolo, variazione del campo magnetico, alterazione chimica delle acque o semplicemente nervosismo degli animali. Solo qualche osservatore locale sostiene di aver osservato una colonna d’acqua uscire dal lago, accompagnata da fenomeni di luminescenza, ma su questo i ricercatori non hanno nessun riscontro oggettivo.
Se non terremoti o frane, qual è quindi l’origine dei boati? L’ipotesi più plausibile è che si tratti di assestamenti, piccole rotture, dovuti a cambiamenti degli equilibri di forze che esistono fra le rocce ad una certa profondità. Queste variazioni di equilibrio possono essere causate da tensioni o pressioni a cui le rocce sono sottoposte . Queste, raggiunto il punto limite di sopportazione, reagiscono allo stress, modificando la propria posizione e liberando energia. Queste liberazioni di energia provocherebbero boati e piccole scosse, la cui entità sarebbe in ogni caso talmente ridotta da non provocare segni visibili sulle abitazioni.
Già, ma quale potrebbe essere la causa di questi accumuli di tensione? Per gli esperti la parola chiave potrebbe essere “acqua”. Questa infatti, infiltrandosi in maniera massiccia fra i numerosi interstizi, fratture e cavità che caratterizzano l’ambiente calcareo dolomitico della zona, potrebbe generare repentine variazioni di volume e quindi di equilibri, generando appunto tensioni e pressioni. Del resto, come osservano Vuan e Priolo, “dal mese di novembre si sono verificate precipitazioni notevoli, che hanno portato a una elevata ricarica delle falde. Ebbene: cavità carsiche, sifoni naturali, gallerie, condotte forzate con flussi anche intensi d’acqua tra i bacini potrebbero dare origine a fenomeni come i boati”. Questo tipo di fenomeni acustici sono però stati osservati anche in prossimità di miniere, tunnel o scavi profondi, in cui si generano condizioni di vuoto nella roccia che potrebbero risolversi in rotture istantanee. Un’ulteriore ipotesi che verrà indagata è quella che possa esistere una connessione con le condotte della centrale idroelettrica che sorge sulle sponde del Lago Morto, attraverso le quali, ogni secondo, passano centinaia di metri cubi d’acqua.
“Nonostante le cause più allarmanti per il momento siano state escluse, la protezione civile regionale è attivata e sono state fatte delle riunioni operative, anche con la popolazione, per fare il punto della situazione e coordinare le varie competenze” commentano i ricercatori. La preoccupazione della popolazione sembra inoltre un po’ mitigata rispetto al mese scorso: le esplosioni inizialmente venivano avvertite di notte, nel silenzio, creando apprensione. “Al momento ci sono ancora registrazioni di scosse, ma soprattutto di giorno, quando il suono del boato viene raramente avvertito perché coperto dai rumori esterni”.
Al momento il periodo di osservazione strumentale della rete locale è troppo ristretto per stimare se il fenomeno si stia attenuando oppure continui con le stesse modalità riscontrate nel mese di Gennaio. Il “caso” Fadalto, quindi, non è ancora chiuso. Il monitoraggio continua: per mettere davvero la parola fine al mistero dei boati serviranno periodi di osservazioni e analisi più lunghi.