SALUTE – Correva l’anno 2002 e un gruppo di medici della prestigiosa Johns Hopkins University di Baltimora dava alle stampe su Science un articolo, in cui si annunciava la scoperta di devastanti effetti a lungo termine dell’ecstasy sul cervello di cavie da laboratorio. L’anno dopo, gli stessi ricercatori furono costretti a ritirare l’articolo, dopo aver scoperto che la boccetta di MDMA (il nome da laboratorio dell’ecstasy) era stata scambiata con una boccetta di metamfetamine. La novità è che l’ultimo studio comprensivo pubblicato sugli effetti dell’ecstasy nell’uomo ha definitivamente sfatato il mito: l’ecstasy non produce danni a lungo termine nel cervello umano.
La ricerca pubblicata sul giornale Addiction rappresenta lo studio più vasto e rigoroso finora compiuto sull’argomento. Forti di un finanziamento di un milione e ottocentomila dollari da parte del governo americano, i ricercatori dell’Università di Harvard si sono posti come obiettivo proprio quello di verificare l’attendibilità degli studi precedenti e di produrre risultati inattaccabili. “I ricercatori,” scrive John Halpern, il primo autore dell’articolo, “sanno da tempo che gli studi precedenti sull’uso di ecstasy avevano problemi che tutti gli studi successivi hanno tentato di correggere. Quando il National Institute for Drug Abuse decise di finanziare questo progetto, scorgemmo l’opportunità di ideare un esperimento migliore e avanzare la nostra conoscenza di questa droga.”
Il problema a cui si riferisce Halpern è la difficoltà di separare gli effetti specifici dell’ecstasy da quelli di altri comportamenti a rischio, ai quali spesso chi assume questa sostanza si presta. Quello che si pensava essere un danno causato dalla chimica dell’MDMA era invece causato dalla disidratazione, dalla mancanza di sonno o dall’abuso di altre sostanze come alcol o anfetamine. Oppure, come abbiamo visto, da un banale scambio di boccette di laboratorio. Ma come hanno fatto i nostri eroi a trovare il bandolo della matassa?
Una ricerca di questo tipo si basa sul confronto di due gruppi. Nel primo gruppo Halpern mette chi utilizza l’ecstasy. Nel secondo gruppo “di controllo” finiscono invece persone che non hanno mai assunto la sostanza. Il trucco sta tutto nella scelta corretta dei soggetti di controllo. Chi fa uso di ecstasy lo fa all’interno della scena dei “rave party,” e dunque si espone a episodi continui di disidratazione e privazione del sonno, tutti comportamenti che possono causare gravi danni cerebrali. Dunque, i soggetti del gruppo di controllo sono stati selezionati tra persone appartenenti alla stessa scena “rave,” e dunque soggetti alle stesse condizioni ambientali, ma che non facevano consumo di ecstasy.
Secondo accorgimento: tutti i partecipanti sono stati esaminati il giorno del test, per eliminare chi aveva assunto alcol o altre sostanze. Terzo: tra gli amanti dell’ecstasy si sono eliminati tutti quelli che storicamente hanno fatto uso di altre sostanze. Infine, si sono eliminati tutti i soggetti che avevano problemi cognitivi già da prima di prendere l’ecstasy. In questo modo i ricercatori hanno la sicurezza che gli unici danni cerebrali eventualmente osservati siano proprio quelli derivanti dall’uso di ecstasy.
Alla fine, partendo da un pool di millecinquecento candidati, i ricercatori sono rimasti con una cinquantina di persone, su cui hanno svolto il test sotto stretto controllo medico. Con risultato negativo: l’ecstasy non causa danni alle facoltà cognitive!
Si può dunque concludere che l’ecstasy non fa male? “No,” risponde Halpern, “Il consumo di ecstasy è pericoloso: le pillole sono prodotte illegalmente e spesso sono tagliate con sostanze nocive, non ci sono istruzioni per l’uso e non c’è alcuna supervisione medica. In casi rari alcune persone possono subire danni e persino morire di overdose. È importante che le campagne sull’abuso di sostanze siano accurate e speriamo che i nostri risultati portino ad aggiornare i messaggi da parte della sanità pubblica. Anche se non abbiamo trovato alcun rischio grave per le capacità cognitive, questo è molto diverso dal dire che l’uso di ecstasy è privo di pericoli.”