Ascolta l’intervista ad Andreas Putzer, co-curatore della mostra
NOTIZIE – Dopo aver chiacchierato con Andreas Putzer mi è venuta una gran voglia di andare a vedere Ötzi alla mostra che si è aperta il 1 marzo al Museo Archeologico dell’Alto Adige di Bolzano. Si chiama “Life. Science. Fiction. Reality. Ötzi”, e a sentire Putzer, co-curatore dell’esposizione, la reazione emotiva del pubblico (complici probabilmente l’eccezionale stato di conservazione e la ricostruzione straordinariamente realistica dei due artisti olandesi Alfons e Adrie Kennis esposta per la prima volta in questa occasione) è intensa al punto di spingere i visitatori a scrivere al museo (e all’Università di Innsbruck) per raccontare pensieri, emozioni, scoperte. “Le persone si emozionano, si identificano, e sono anche incuriosite dalle circostanze misteriose della morte di Ötzi,” ci spiega Putzer.
Il nome della mostra è piuttosto esaustivo, e rende l’idea di cosa vi si può trovare. “Il nome così complesso,” racconta Putzer, “deriva dalla sua organizzazione. È una mostra complessa, ma abbiamo dato la possibilità ai visitatori di scegliere con quale profondità approcciarla, privilegiando una parte piuttosto che un’altra.”
Dunque se siete dei pigroni o avete poco tempo, potete scegliere anche una sola delle sezioni in cui è organizzata l’esposizione (anticipate dal titolo), ciascuna autoconsistente, altrimenti potete scarpinare tranquillamente per tutti i piani del museo, visto che la mostra lo occupa completamente.
Quel che mi ha colpito parlando con Putzer è la narrazione che si dipana intorno alla figura dell’uomo di Similaun. La stessa storia è raccontata con registri diversi, attraverso punti di vista che si integrano in un racconto unico. Tutto è avventuroso e “umano” in Ötzi, non solo la sua vita e la sua morte, ma anche le circostanze della scoperta e tutti l’immaginario e il calore cresciuto intorno alla sua figura. Per rendere l’idea di questo complesso racconto i curatori della mostra hanno usato le voci dei media, della scienza, dell’arte – la mostra infatti si apre con un’installazione dell’artista Marìlene Oliver che è partita dai dati scientifici per offrire una ricostruzione tridimensionale multimediale della mummia.
Anche la varietà di mezzi espressivi usati è notevole. Si passa dai touch-screen alla “nuda terra”: “C’è addirittura una zona del museo dove abbiamo seminato e fatto crescere cereali e spezie che gli scienziati ritengono si coltivassero già al tempo in queste terre,” spiega Putzer. “In questa sezione i visitatori hanno un’immagine di come doveva apparire questa terra durante l’Età del Rame.”
Interessante anche l’aspetto realmente “interattivo” della mostra. Non solo, nella più moderna tradizione dei “science centre” contemporanei, il visitatore è stimolato a interagire fisicamente con la mostra, toccando con mano, ma finisce per entrare anche nel processo di ricerca scientifica stesso. Sono infatti disponibili campioni originali prelevati dalla mummia, che è possibile osservare analizzare e sui quali si possono trarre conclusioni (che il visitatore è caldamente invitato a condividere con il museo). Sulla morte di Ötzi regna infatti il mistero: la mummia è stata trovata non sepolta, molto probabilmente morta all’improvviso, forse come conseguenza di una ferita inferta da una freccia. Come è morto, per mano di chi, resta ancora da scoprire, e con un assaggio delle più moderne tecniche di medicina forense anche il visitatore può partecipare a risolvere il caso.
Una cosa che ho scoperto solo oggi: la partecipazione locale nei confronti di Ötzi è così grande che c’è addirittura chi sostiene di essere la sua reincarnazione – anche questo si scopre visitando la mostra. “Molte persone si commuovono,” è il commento di Putzer.
A questo punto sono davvero curiosa, e spero di passare presto dalle parti di Bolzano (non preoccupatevi però, la mostra è aperta fino al 15 gennio 2012).